Piazza Scala

 

 

La ricorrenza della strage di Marzabotto e la recente sentenza di un tribunale tedesco che ha prosciolto alcuni ottuagenari già appartenenti ai reparti delle SS responsabili della strage di Sant’Anna di Stazzema, con la motivazione del tempo trascorso e della conseguente difficoltà a provare la responsabilità attiva nella partecipazione a quel barbaro evento, mi hanno fatto riflettere sulla poca propensione da parte dei popoli a riconoscere le proprie magagne.

I nazisti e i comunisti staliniani possono indubbiamente vantare un triste record nella storia del XX secolo e in quella di tutta l’umanità, ma molti popoli, anche appartenenti al cosiddetto mondo civile, hanno crimini o pesanti complicità da farsi perdonare, e non pare che se ne siano fatti una sufficiente ragione, anzi, spesso tendono a dimenticarli se non addirittura a giustificarli.

Gli americani in Vietnam e in Corea, in una guerra da loro stessi definita “sporca”, dove hanno bruciato villaggi, ucciso molti abitanti compresi donne e bambini perché sospettati di collaborazione con i nemici, i cinesi nei confronti degli oppositori e di recalcitranti popolazioni contadine, i cambogiani con Pol Pot, gli spagnoli delle due parti durante e dopo la sanguinosa guerra civile, i francesi in Algeria con la folle idea di conservarsi una colonia assoggettando la maggioranza della popolazione, i turchi nei confronti dei curdi e degli armeni, i sudafricani bianchi nei confronti della maggioranza nera, i serbi a Srebrenica e in Bosnia.  Noi italiani non dovremmo dimenticare le stragi di Graziani in Etiopia, con i massacri di civili e addirittura di seminaristi e preti copti, e in Libra, le fucilazioni di massa e la distruzione di interi paesi per rappresaglia nella ex Jugoslavia, le varie pulizie etniche delle due parti in Istria.

Non stupisce quindi la ritrosia delle corti tedesche a condannare i responsabili dei crimini anche perché la stessa opinione pubblica ha sempre preferito ignorare i fatti se non a giustificarli con la fatalità della guerra. E’ ovvio che, a distanza di quasi settant’anni, processi e condanne siano quasi impossibili, ma il fatto grave è che i crimini stessi non abbiano trovato in tutti questi anni  colpevoli in carne e ossa a tutti i livelli.  Le condanne per crimini di guerra da parte degli americani nei confronti dei loro militari responsabili si possono contare sulle dita di una mano. Lo stesso dicasi dei francesi e  si sa ben poco da parte dei russi e dei cinesi. La Turchia s’indigna e minaccia ritorsioni se qualcuno osa ricordare gli eccidi degli armeni e dei curdi.  Dopo molti anni e forti resistenze la Corte Internazionale dell’Aia è riuscita a farsi consegnare Milosevic e  Mladic, ma solo perché il governo serbo non ha avuto la forza di resistere alle pressioni internazionali.

Raramente i colpevoli sono stati perseguiti e puniti. Il tribunale di Norimberga ha condannato alcuni capi nazisti, ma gli aguzzini dei campi di sterminio e i loro complici erano stati decine di migliaia. In Italia pochissimi militari tedeschi, sui quali si è riusciti a mettere le mani, sono stati processati e condannati. Così dicasi dei collaborazionisti fascisti  beneficiari dell’amnistia Togliatti/De Gasperi e successivamente della poca voglia dei governi di allora di scoperchiare pentole che riguardavano personaggi utili alla politica (vedi l’occultamento di indagini e inchieste accuratamente archiviate nel famoso “armadio della vergogna” scoperto decenni dopo).

 Nessuno, dei militari italiani e dei gerarchi responsabili di crimini di guerra, è stato estradato verso i paesi dove avevano operato i loro misfatti, nonostante le pressanti richieste di quei governi negli anni successivi alla II guerra mondiale e le promesse fatte dagli alleati durante la guerra. La divisione del mondo in due blocchi, le necessità derivanti dalla guerra fredda e in seguito i pragmatismi diplomatici e certi revisionismi a senso unico hanno favorito colpi di spugna che a loro volta hanno determinato l’oblio delle coscienze, specialmente nelle nuove generazioni.

 

Giacomo Morandi - ottobre 2012

 

                                                                                              

 

 

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Piazza Scala - ottobre 2012