Piazza Scala

 


Mi capita, di tanto in tanto, che qualcuno mi chieda: “Tu sei sportivo?” La domanda mi lascia per un momento perplesso, cioè mi fa pensare a una risposta che probabilmente non soddisferà il mio interlocutore il quale forse, nel suo intimo, mi darà del bastian contrario.

La mia risposta non può essere che la seguente: “Dipende da che cosa intendi con quella parola. Se ritieni che sia sportivo chi, seduto su una poltroncina di plastica o sul divano di casa propria, segue le evoluzioni di un miliardario che cerca di buttare una sfera di cuoio o di materiale acrilico fra due paletti piantati nel terreno, contrastato in questa sua attività da altri possidenti che cercano di impedirglielo, beh io non sono uno sportivo. Non leggo giornali colorati di rosa, divorati ogni giorno da sportivi come te che non si fanno sfuggire le ghiotte notizie sui trasferimenti da una squadra all’altra con pingui esborsi di denari, o sugli allenatori super pagati perché soggetti a subitanei licenziamenti quando quella sfera non entra abbastanza fra i paletti giusti e, anzi, si ostina a preferire quelli sbagliati. Il discorso vale naturalmente anche per i sedicenti sportivi che assistono con passione, comodamente seduti con un bicchiere di coca cola, a due energumeni che se le danno di santa ragione o a due ragazze carine in gonnellino bianco che si lanciano fra di loro soffici palline che se arrivano sul naso non danno una sensazione piacevole, o a sinuose nuotatrici a rana che solleticano anche pulsioni maschili per nulla sportive.

Dicono: io sono milanista, romanista, interista. Una signora di mezza età una volta mi dichiarò, gonfiando lo scarso petto, di essere “juventina”. Tutti mi chiedono se sono “tifoso” e di quale squadra, qual è il mio ideale più puro, la mia bandiera. A strisce bianconere, rossoblu, nerazzurre, blucerchiate, biancorosse. Bandiere vendute sugli angoli delle stazioni ferroviarie per la gioia degli idealisti dei piedi altrui.

Ci sono poi gli estremisti, i cosiddetti ultras, il cui ideale è paragonato da alcuni a quello degli storici rivoluzionari francesi e russi. Le curve degli stadi sono come nuove Bastiglie, Palazzi d’Inverno e i capi e capetti che le comandano sono i novelli Che Guevara, Lev Trotzki, Ho Ci Min. Si lanciano contro i carabinieri, nemici dello sport, bruciano automobili, simboli dell’antisport e spaccano fastidiose e consumistiche vetrine.

No, mi spiace, non sono tifoso. Guardo volentieri le partite di calcio e le altre competizioni alla televisione, ma se mi spingo a preferire un contendente, di norma sto dalla parte del più debole. Forse anche questo è, in tono minore, qualcosa che vi somiglia. Il tifo l’ho avuto quando avevo due anni e sono sopravvissuto, ma non è stata una bella esperienza. Non ho memoria di un ideale sportivo di qualsivoglia colore. Mi è rimasto impresso solamente il lontano ricordo di una poco ideologica e antisportiva diarrea.

 

Giacomo Morandi

 

 

 

 

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Piazza Scala - agosto 2012