Adolfo Sergio Spadoni “Stato e sovranità Epilegomeni politico-giuridici”
Edizioni scientifiche italiane, 2012, pp. 122 euro14,00

 

L’autore del volume è professore aggregato di discipline filosofico-giuridiche nell’Università degli studi di Milano ed è stato docente di diritto aerospaziale nell’Università di Trieste. Fa parte della Commissione dell’Unesco per l’Etica delle Scienze e delle Tecnologie. È membro dell’ECSL (European Commettee for Space Law) e dell’ESA (Agenzia spaziale europea) ed è nell’elenco degli esperti del Global Ethics Observatory, l’Osservatorio dell’Unesco per la bioetica. E’autore di alcuni libri e saggi su riviste specializzate di filosofia del diritto e su riviste internazionali di diritto aerospaziale e delle telecomunicazioni. Il libro è stato dedicato all’amico e maestro Mario Alessandro Cattaneo, insigne giurista , docente ordinario di Filosofia del diritto nelle Università di Sassari, Ferrara, Milano e Padova Treviso e direttore della collana in cui è stato pubblicato il libro. L’autore dichiara che le idee del volume sono maturate all’interno di attività di ricerca che hanno coinvolto anche la  dottoressa  Alessia Sveva Spadoni , cultrice della materia nella cattedra di Istituzioni di Diritto romano con la quale ha esaminato la permanente influenza di Platone nella teoria dello Stato ed il nesso che intercorre tra ideologia e potere.

nella presentazione l’autore chiarisce il suo intendimento di <<fare discorsi sopra>> Stato e potere sovrano e di voler <<provare>> che nel pensiero metafisico – in primis in Platone – è già in nuce il germe del <<comando>> e del <<sovrano>>. Per delimitare il campo di indagine nella storia del pensiero filosofico, Spadoni si attiene ai soli secoli XIX e XX prendendo in considerazione le opere di pensatori quali Nietzche, Heidegger, Schmitt, Adorno, Arendt, Foucault, Derida (solo per citarne alcuni) l’Autore dichiara quanto difficile sia il compito che intende svolgere ed a tal proposto cita a  un interessante saggio  di Peter Sloterdijk, che ha sottolineato << il difficile compito ed il gravame di responsabilità intellettuale che pesa sugli autori di autodatazione di teorie che rispetto ad un maestro si collocano nel dopo>> cioè in periodi successivi, << e che avvertono l’obbligo di partire dal livello che questi maestri hanno definito>>. Prendendo ad esempio Hannah Arendt, che ha riproposto, in chiave decisamente critica nei confronti del pensiero platonico, la questione della filosofia politica, Spadoni rileva come <<pensare dopo Hannah Arendt, ma soprattutto pensare dopo Hannah Arendt con le categorie di Hannah Arendt, comporta lo sforzo di esplorare zone delle cosiddette humanities da lei non esplorate  (come è per noi il caso del diritto e delle questioni della giustizia), senza forzarne le idee o tradirne lo spirito, la paternità dell’opera>>Il filo rosso che percorre l’opera di Spadoni è la zoè, intesa come fondamento della sovranità, nelle sue diverse forme di assoggettamento che si attuano nello Stato democratico o nello Stato totalitario. 

Il libro si suddivide in tre capitoli; il primo capitolo è intitolato “ Influenze della lezione metafisica nello sviluppo dello Stato totalitario”, il secondo “Il moderno e gli universali di ordine e potere” ed il terzo “La politica tra menzogna e verità” Una  ricca ed articolata bibliografia di 65 titoli conclude il volume

Nel volume l’autore sottolinea che tutti gli Stati-nazione democratici, totalitari, liberali o tirannici sono in teoria isomorfi e rappresentano modi di realizzazione del principio della sovranità. Lo Stato-nazione liberaldemocratico o totalitario, che secondo Hegel implica sempre i momenti essenziali della sua esistenza in quanto Stato, ha come sigillo immutabile, al di là delle forme diverse in cui si manifesta, il fondamento della sovranità. La nazione sovrana è niente più che un <<processo di soggettivazione collettiva con cui lo Stato moderno risponde come processo di assoggettamento>> Spadoni sottolinea che sono le diverse modalità delle forme di assoggettamento che si attuano nello Stato democratico o nello Stato totalitario che impediscono la riduzione ad un unico modello e che consentono di dire che nello Stato totalitario chi parla di sovranità del popolo nativo di ce <<inganno><. A differenza della linea culturale proposta a partire da Platone e seguita da vari filosofi tra cui Hegel fino a Carl Schmitt; Hannah Arendt , che ha studiato ed analizzato il fenomeno degli Stati totalitari nel Novecento, ha saputo cogliere, secondo l’Autore, il nocciolo mitico della metafisica: una ostinata integrazione del nuovo nell’arcaico, retrodatandolo nell’origine ogni novità non più ignorabile. L’Autore sottolinea in modo chiaro che la predilezione del pensiero metafisico per l’ontologia delle essenze ed il suo ressentiment per l’accidente non hanno permesso di cogliere ed analizzare l’inquietante novità del totalitarismo, che ha caratterizzato in modo negativo la storia dello scorso secolo, in quanto non tutti i fenomeni sono egualmente essenziali e inessenziali perché, sottolinea acutamente l’Autore del volume; l’accidente non è mai irrilevante.

Nel primo paragrafo del terzo capitolo intitolato “Legge , terrore, ideologia” Spadoni analizza il volume della Arendt sullo sviluppo del Nazismo in Germania, che ha goduto  per molto tempo della fiducia delle masse che, per una ragione o per l’altra, si sentono spinte all’organizzazione politica., pur non essendo tenute insieme da un interesse comune. La distruzione delle libertà democratiche da parte dei movimenti totalitari in Germania ed Unione Sovietica fu possibile per il crollo del sistema classista, l’unica stratificazione sociale e politica degli stati nazionali europei.. Spadoni riporta e commenta l’acuta analisi della Arendt sugli elementi che caratterizzano la formazione della mentalità dell’uomo di massa europeo nata nel clima di sfacelo generale, disinteresse, indifferenza, senso della non rilevanza del proprio io e della sua sacrificabilità, solitudine. La sua principale caratteristica era l’isolamento e la sua mancanza di relazioni sociali. La Arendt evidenzia che i movimenti di massa attrassero gli elementi disorganizzati esigendo <fedeltà incondizionata ed illimitata>, <ciò  già prima della conquista del potere, in base all’affermazione, ideologicamente giustificata, che essi abbracceranno a tempo debito l’intera razza umana>. Spadoni , dopo aver distinto la distanza che intercorre tra lo Stato totalitario ed altre forme di Stato forte, autoritario come il Fascismo italiano sottolinea che il regime totalitario sfugge, secondo la Arendt, all’alternativa tra governo legale e governo illegale, fra potere arbitrario e potere legittimo. Il totalitarismo si presenta come <non arbitrario> in quanto pretende di obbedire strettamente alle leggi superiori della “Natura” (nazionalsocialismo) o della “Storia” intesa come lotta di classe (Comunismo). il totalitarismo  si basa sulla convinzione di potere fare  a meno di qualsiasi consensus juris perché pretende di fare dell’umanità stessa l’incarnazione del diritto. La lettura arendtiana del potere espressa nell’opera “Vita activa” rappresenta una risposta agli interrogativi sulle possibili derive verso un ritorno dei regimi totalitari del secolo scorso attraverso le deformazioni delle democrazie occidentali.Ciò che interessa alla Arendt, come osserva Habermas, è il potere che nasce da una convinzione condivisa come si è più volte manifestato nel corso della storia. In “Vita activa” la Arendt ribadisce che < Il potere non è proprietà di nessuno: esso sorge dagli uomini quando essi agiscono di concerto e svanisce non appena si disperdono > , ossia, come rileva l’Autore, è la capacità umana di mettersi d’accordo, discutendo liberamente.
 

Giuseppe Bardone

Filosofo del diritto   

 

 

 

 

 

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Piazza Scala - dicembre 2013