La “Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo,
trasparente e orientato alla crescita” non contiene, e non a caso, la parola
“riforma”. Non si tratta, infatti, di un’organica proposta di
modifica del sistema tributario: non ci sarebbero stati i tempi per
attuare un disegno generale di riforma, ma soprattutto non ci sarebbero
state le condizioni politiche. Da quando esistono le democrazie parlamentari
le proposte in materia tributaria sono quelle che più fortemente
caratterizzano gli schieramenti politici, in particolare sull’asse
centrosinistra/centrodestra, e la “strana” maggioranza che sostiene il
governo Monti non avrebbe potuto trovare un accordo su un impianto di
riforma complessiva. Saranno i programmi politici che i diversi schieramenti
porteranno nel confronto elettorale, e il voto degli elettori, a dare un
mandato politico al prossimo governo per interventi più incisivi sulla
struttura del sistema tributario.
Ciò nonostante la delega che il governo Monti chiede al Parlamento, per operare velocemente nei prossimi (pochi) mesi alcuni interventi di manutenzione straordinaria su importanti elementi del sistema tributario italiano, ha un’importante valenza politica: da un lato, supera definitivamente la vecchia delega presentata da Tremonti; dall’altro lato, delimita alcuni campi di azione in materia di struttura del sistema tributario su cui registrare una convergenza fra le forze politiche, pur mantenendo ciascuna di esse diversi programmi di politica fiscale.
L’instabilità nel tempo delle norme tributarie e la mancata manutenzione di diversi istituti del sistema sono criticati nel Rapporto del Fondo Monetario Internazionale sul sistema fiscale del nostro paese (http://www.imf.org/external/pubs/ft/scr/2012/cr12280.pdf). Gli esperti del Fondo hanno dato un giudizio positivo sulla proposta di delega fiscale appunto perché interviene su elementi di base e su strumenti operativi che devono essere affrontati indipendentemente dall’orientamento di “policy” degli interventi tributari, consentendo così al paese di superare alcune storiche arretratezze al confronto con le esperienze dei sistemi più avanzati e moderni.
C’è poi da ritenere che il proficuo lavoro svolto in commissione finanze, dal relatore nella sua veste istituzionale, da tutti i gruppi parlamentari e soprattutto da quello del PD, che ha visto accolte numerose proposte emendative, abbia ulteriormente migliorato il testo originario. Veniamo ai punti salienti.
Per quanto riguarda i principi generali, il governo ha nove mesi per emanare i decreti di attuazione, che saranno soggetti – in seguito ad una modifica apportata in commissione - ad un parere rafforzato da parte delle competenti commissioni parlamentari.
La riforma degli estimi catastali è attesa da più di venti anni ed è diventata urgentissima alla luce del nuovo peso assunto nel sistema fiscale dalla tassazione immobiliare. I valori catastali fotografano l’Italia della seconda metà degli anni ottanta, prima che avvenissero, soprattutto nelle città, le grandi trasformazioni legate alla terziarizzazione dell’economia e alle trasformazioni urbanistiche dell’ultimo ventennio. L’uniforme aumento percentuale di questi valori introdotto nel decreto “salva Italia” ha accentuato le diffuse iniquità delle vigenti stime catastali, che solo con la riforma potranno essere superate. Sono frequenti, soprattutto nelle aree urbane, casi di immobili accatastati negli ultimi venti anni in zone periferiche o semiperiferiche i quali – a parità di consistenza e di superficie – hanno un valore catastale superiore a quello di immobili collocati in zone centrali o semicentrali.
A differenza di quanto molti temono, i nuovi estimi catastali, che saranno ancorati ai valori medi di mercato dell’ultimo triennio, saranno in molti casi inferiori agli attuali, riducendo così le basi imponibili per le quali vengono presi a riferimento (Imu e trasferimenti). In commissione è stata scritta, su spinta di una proposta PD, in modo ancora più chiaro la clausola di “invarianza di gettito”: prima che le nuove rendite e i nuovi valori entrino in vigore il governo dovrà intervenire per modificare aliquote e detrazioni dell’Imu e delle imposte sui trasferimenti in modo da garantire un gettito costante.
Le future detrazioni per l’Imu saranno collegate alla condizione socioeconomica e all’ampiezza e composizione del nucleo familiare, così come riflesse nell’ISEE: questo impegno, accolto dal governo durante la discussione in commissione, potrà trovare applicazione anche prima del completamento della riforma, in occasione delle nuove norme, ormai vicine, di transizione dall’Imu provvisoria all’Imu definitiva, superando il sistema della detrazione fissa, troppo rigido e poco equo.
Il nuovo catasto sarà basato sulle superfici in metri quadrati e non più sui tradizionali “vani” e il processo estimativo dei valori e delle rendite sarà basato su appropriate funzioni statistiche, e solo laddove siano inesistenti adeguati dati statistici, o nel caso delle destinazioni speciali, su stime dirette di tipo puntuale.
In commissione sono state introdotte norme che prevedono un maggiore coinvolgimento dei comuni nel processo di riforma e la modifica, quando la riforma andrà in vigore, del funzionamento dei fondi perequativi della finanza comunale. E’ stata anche introdotta una riforma delle commissioni censuarie, in merito sia alla loro composizione, sia ad un nuovo ruolo di validazione delle funzioni statistiche utilizzate per calcolare i nuovi estimi, oltre che di definizione pregiudiziale delle controversie.
Lotta all’evasione, riforma delle agevolazioni fiscali e approvvigionamento del Fondo strutturale per la riduzione della pressione fiscale. E’ uno dei punti più qualificanti del provvedimento. Le stime sull’evasione fiscale, che hanno finora avuto un significato meramente statistico, diventeranno un elemento politico-amministrativo del ciclo di programmazione di bilancio, attraverso la misurazione del “tax gap”, la definizione di obiettivi annuali per il suo recupero e la valutazione dei risultati conseguiti.
Al tempo stesso la delega dà avvio al riordino dei sistemi di agevolazione fiscale, finalizzato alla riduzione dell’erosione: è stato approvato in commissione, su proposta PD, un emendamento che salvaguarda dal riordino le detrazioni dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da imprese minori e dei redditi da pensione, oltre a quelle legate a famiglia e salute. Viene così definitivamente scongiurato il rischio, presente nella vecchia delega Tremonti e nei provvedimenti Berlusconi dell’estate 2011, che la riduzione delle agevolazioni si risolva in un aumento della pressione fiscale sui redditi bassi e medio-bassi da lavoro e pensione.
Infine, si prevede un coordinamento fra misurazione dei proventi derivanti dalla lotta all’evasione e dalla riduzione dell’erosione, da un lato, e approvvigionamento, dall’altro lato, del Fondo strutturale per la riduzione della pressione fiscale: si tratta di un buon passo avanti, ottenuto su emendamento del relatore, nella realizzazione dell’obiettivo di destinare alla riduzione della pressione fiscale i proventi della lotta all’evasione, almeno quelli non necessari agli equilibri di bilancio. Il bicchiere mezzo vuoto è che tutto ciò dovrebbe avvenire solo a partire dal 2014, mentre da più parti, e soprattutto dal PD, si chiede di anticipare al 2013 il funzionamento a regime del nuovo sistema.
La delega introduce principi innovativi nel contrasto all’elusione fiscale, e cioè di quei comportamenti che usano strumenti legali per ridurre artatamente il carico fiscale, soprattutto da parte delle imprese di maggiori dimensioni. Le norme anti-elusione esistenti verranno completate e riunificate con il principio generale del “divieto di abuso del diritto”: in parole semplici, operazioni che comportano risparmi fiscali non saranno considerate elusive se sono giustificate da ragioni non fiscali sostanziali, ivi comprese ragioni di tipo organizzativo, strutturale e funzionale delle imprese. Sarà a carico dell'amministrazione finanziaria l'onere di dimostrare il disegno abusivo mentre sarà a carico del contribuente l'onere di allegare l'esistenza delle ragioni extrafiscali. Con ciò si chiarisce un elemento di ambiguità delle vigenti normative che ha generato contenzioso, ma soprattutto incertezza sia per le imprese che per l’amministrazione.
Altri interventi della delega riguardano:
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