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Sto pensando al 30 ottobre 2006. Alle 15e15 mia madre moriva a causa
della SLA. Dopo 4 anni dall'insorgere della malattia. Dopo 19 mesi
trascorsi con lei il pomeriggio, dalle 16 e 45 fino a quando non si
sentiva sicura di poter riposare. Oggi 30 ottobre 2012 forse grazie
ad una buona notizia, ancora da verificare, la mia vita potrebbe
cambiare ancora. Ho invocato la sua anima perchè desse una sbir...ciatina
e conducesse il mio futuro su strade meno perigliose e più
tranquille. Sono scintoista e ci credo. Ma a parte ciò vedo che
alcuni passi avanti la ricerca li ha compiuti. Ho visto sorgere
comitati di figli e genitori, di parenti e di persone di buona
volontà che stanno cercando di aiutare i loro cari ammalati, come
possono. Certo alcune notizie di fonte governativa gettano ombre sul
futuro dell'assistenza, dovuta a tutti coloro che sono colpiti da
malattie rare e che mantengono lucidità mentale fino a quando il
destino decreterà la loro fine. In questo lasso di tempo sembra che
la Sanità pubblica non abbia un cuore, non solo i mezzi e che coloro
che sono ammalati, i loro fanigliari, vogliano quasi approfittare di
una situazione insostenibile moralmente ed intellettualmente. Ora
che anche mio padre 84enne è ammalato di Altzeimer e giudicato
invalido al 100 per cento, che spero di poter seguire negli ultimi
anni della sua vita, che non sarà lunghissima, non sale dentro di me
un dolore che sconfina nell'inquietudine. Cresce solo il nervosismo
e l'ansia per lui e per tutti coloro che si trovano in uno stato di
abbandono statale, o meglio governativo, quasi fosse colpa loro. Da
anni soffro di dolori ossei che vanno e vengono. La mia invalidità è
al 20 per cento ed oggi vi assicuro ho fatto fatica a lavorare
perchè debbo alzarmi molte volte dalla sedia, spostare piccoli pesi,
gestire pratiche che sitrovano a decine di metri di distanza e che a
lungo andare, offendono le mie gambe. Non mi lamento: cito solo la
questione. Eppure il cuore corre ancora verso i ricordi di quei 19
mesi, incredibilmente i più intensi vissuti con mia madre, ed
affronto le giornate una ad una, come vengono. Con una segreta
speranza personale. Sono le 18e25. Questa mattina, come quasi tutte
le mattine la sveglia è suonata alle 6e30. Ma non penso a questo:
penso a chi non ha orari, a chi in un letto, attende che trscorra la
propria giornata di dolore, a chi deve ricorrere a spese quasi
insostenibili per far assistere i loro cari. Penso che un paese
civile debba far pagare in soldi a chi è ricco, perchè ho sempre
pensato e sostenuto che ci siano due attività che non debbono e non
possono dare utili: il benessere fisico dei cittadini, la sanità
quindi e la cultura. Maurizio Dania |
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Piazza Scala - ottobre 2012