UN PERSONAGGIO DELLA CHIESA, SCOMPARSO IL 31 MARZO 2004, CHE NON SI POTRA’ MAI DIMENTICARE: MONS. VINCENZO SAVIO, VESCOVO DI BELLUNO-FELTRE

 

Sabato scorso, a Belluno, dopo tre anni di lavoro, di fatiche, di momenti difficili, è stata inaugurata e benedetta una nuova Cappella all’interno dell’Ospedale di Belluno. Una partecipazione inimmaginabile di persone che, con la loro presenza, hanno voluto sottolineare l’importanza di quest’opera che riveste un passaggio esistenziale fra i più misteriosi, fra terra e trascendente.
Essa è stata dedicata a Mons. Vincenzo Savio, Vescovo che ho avuto il privilegio di conoscere ed amare, non solo, ma anche di stare insieme con lui in diverse occasione, in particolare durante la ricorrenza del patrono dei giornalisti, fino a qualche settimana prima della sua morte.
Vorrei ricordare un episodio di fede che ho vissuto con lui, mentre ero insieme con altri Colleghi dell’Assostampa bellunese (di cui a foto).
Quando il male lo stava già annientando, gli dissi: “La trovo in perfetta salute, alludendo non certo alle sue condizioni fisiche, ma al suo straordinario modo di porsi con la fede di fronte alla morte”. Egli mi rispose : “ Sì, mi sento molto bene, di fronte a Dio ed agli uomini”, lasciando trasparire ed iniettando a tutti noi una fede così forte ed assolutamente necessaria per superare qualsiasi scoglio della vita che, in questo difficile percorso terreno, il Padreterno ci assegna.
Rimasi scosso da queste parole di Mons. Savio e, fors’anche pentendomi poi di essere stato così diretto nel parlare, ho provato un senso di sollievo, di tranquillità interiore, nel recepire una lezione di vita che rimarrà sempre impressa nella mia mente.
 

Mons. Vincenzo Savio, Vescovo di Belluno Feltre, insieme con i giornalisti (da sx) Zampieri, Zanfron, Comiotto, Baracceti, De Porti, Bolognani e Bridda durante un saluto presso il Vescovado, qualche settimana prima della sua dolorosa scomparsa.

 


(al centro, Il Vescovo Vincenzo Savio, a sx. Bepi Zanfron, noto in campo internazionale

per le foto sul disastro del Vajont, ed Arnaldo De Porti)

 


La stampa di questi giorni ha scritto, riferendosi alla nuova Cappella voluta dallo scomparso Mons. Vincenzo Savio, Vescovo di Belluno-Feltre:
Una casa per gli ammalati, i credenti, i non credenti per avere un conforto di fronte all’esperienza della malattia e della sofferenza. Casa anche nel nome, perché Domus tua, la nuova cappella dell’ospedale San Martino di Belluno, mostra già nella sua denominazione che le è stata data le sue caratteristiche. La cappella, voluta dal compianto vescovo Vincenzo Savio, è stata inaugurata ieri alla presenza delle autorità civili, militari e religiose della città, ma soprattutto, di tanti cittadini. Gente accorsa a vedere con i loro occhi la Domus. Nell’atrio dell’ospedale, dove si sono tenuti i discorsi ufficiali, la folla, tra cui anche qualche paziente coi familiari e operatori sanitari, era così numerosa che molti hanno ascoltato i saluti dal cortile. «Accanto a un luogo di sofferenza com’è l’ospedale avevamo bisogno di un posto di conforto», ha detto il sindaco Prade. Gli ha fatto eco il direttore sanitario Lucio Di Silvio, che ha ricordato «il vescovo Savio, che ci ha lasciato un’incredibile lezione di come si può affrontare la sofferenza, con dignità e umana rassegnazione», aggiungendo che «la cappella darà un contributo significativo per l’umanizzazione delle cure. Sarà un luogo aperto, di raccoglimento, preghiera e ascolto, di condivisione, che renderà l’ospedale più umano. Una vera Domus ospitalis, casa dell’ospite, in cui dare assistenza e sollievo all’ammalato». Emozionata anche Maria Cristina Zoleo, presidente del comitato che ha promosso la costruzione della cappella e contribuito, con l’organizzazione di numerosi eventi, a raccogliere i fondi necessari: «Questa cappella qualifica la nostra città», ha esordito. «E’ stata eretta come luogo per accogliere tutti, credenti e non, per trovare, nella sofferenza e nella malattia, una tenda sotto cui ripararsi e proteggersi, una nuova speranza». Tanti i ringraziamenti dalla Zoleo, che non ha dimenticato la benevolenza dei bellunesi che han contribuito, con donazioni, a giungere a ieri, all’inaugurazione. A chiudere la cerimonia civile, allietata anche dalla presenza del coro di Salce, è stata chiamata la poetessa dialettale Luigina Tavi, che in un breve componimento dedicato a Savio ha parlato di fede come «bastone cui appoggiarsi e luce che illumina le nostre vite». La folla si è quindi trasferita nella cappella, dove il vescovo Andrich ha impartito la benedizione e tenuto una cerimonia religiosa. Domus Tua è ancora piuttosto spoglia, mancano i banchi per esempio, ma come ha spiegato l’architetto Santi, che l’ha progettata, «si stanno studiando delle soluzioni». Per questo il Comitato continuerà a promuovere eventi di raccolta fondi.


Il Vescovo di Belluno-Feltre, Mons. Giuseppe Andrich, si è espresso con queste parole :

 

“” Dal 2002 ho condiviso con mons. Vincenzo Savio il sogno di togliere dalla posizione periferica la cappella dell’ospedale “S. Martino” di Belluno per collocarla in posizione centrale, nel crocevia della frequentatissima struttura.
Il sogno è stato accolto da persone generose con a capo un Comitato. L’intesa con la direzione generale dell’Unità sanitaria è stata piena e ora giungiamo alla posa della prima pietra.
La costruzione sarà seguita da questo foglio che è d’informazione e di grato riconoscimento verso quanti parteciperanno all’opera di edificazione. La cappella, costruita dalla diocesi, è voluta nell’ospedale “S. Martino” come uno spazio accogliente per coltivare la speranza e cogliere il senso delle misteriose vicende della vita.
La cappella dell’ospedale “San Martino” può diventare “Domus tua” nei confronti di chi vi si imbatte. Questo titolo di testata può anche far riferimento all’origine del vocabolo “cappella”. Nel latino medievale è diminutivo di “cappa” e fu coniato per indicare l’oratorio dei re merovingi dove si conservava la cappa di san Martino di Tours. Una cappella, quella del nostro ospedale, che potrà essere un tetto protettivo come la cappa del grande santo della carità. Gesù, il nostro Salvatore, aveva un mantello; si accostò una donna ammalata: le bastò toccarne un lembo per sentirsi accolta, conosciuta e salvata. Anche solo passando accanto con passo frettoloso alla cappella può nascere la speranza di trovare qui accoglienza familiare, avvolti nel silenzio. Sentirla quindi una “Domus”: casa che può far trovare la nostra cella più segreta. Il discepolo chiese al maestro di insegnargli la sapienza. Il maestro gli rispose: «Va' a sederti e la tua cella t'insegnerà la sapienza». Replicò il discepolo: non ho nessuna cella. Gli disse il maestro: «Invece la cella ce l’hai: guarda dentro di te!».
Nell’intimità dell’anima troviamo le risorse più necessarie per la nostra fragilità e solitudine.
Coltivo il sogno che nelle corsie dell’ospedale, dentro l’inviolabile segreto del cuore, si accenda, nella quiete, il nostro “io” più vero, abitato da una presenza misteriosa: «Dio non è venuto a sopprimere la sofferenza, non è neppure venuto per spiegarla. E' venuto per riempirla della sua presenza» (Paul Claudel).””



Una giornata, quella vissuta sabato 2 ottobre 2010, da rivivere ogni giorno nella sua estensione umana, sanitaria e cristiana. Come ho detto, ringraziandolo personalmente, anche all’attuale Vescovo di Belluno-Feltre, Mons. Giuseppe Andrich.

Arnaldo De Porti - 11 ottobre 2010

 

 

Ecco le foto di alcune fasi della cerimonia

 
Clicca sulle immagini per ingrandirle
 

 

 

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Piazza Scala - ottobre 2010