Il complesso conventuale di Santa Caterina a Finalborgo

 

    DI ALFREDO IZETA   

 

Già nell' XI-XII secolo erano presenti a Finale Ligure comunità monastiche benedettine di piccole dimensioni: si erano insediate intorno alla chiesa di San Lorenzo a Varigotti ed al primo nucleo della chiesa di Finalpia (a Varigotti esisteva probabilmente anche prima un cenobio di monaci basiliani.
Nel 1206 San Domenico Guzman fondò l'Ordine dei dei Frati Predicatori, che ebbe un notevole sviluppo nei secoli successivi : da Tolosa i frati predicatori si diffusero rapidamente nell'intera Europa. Nel 1277 nell'Italia Settentrionale esistevano già 46 conventi. I Domenicani arrivarono in Liguria sul finire del XIII secolo. Dopo Genova, Nizza ed Albenga, nel 1306 fu iniziata la costruzione della chiesa di San Domenico e dell'annesso convento con due chiostri.
Circa mezzo secolo dopo si insediarono a Finalborgo. Il 18 dicembre 1359 Innocenzo VI, durante il suo pontificato avignonese, concesse la fondazione in Finalborgo della chiesa e del convento di Santa Caterina d'Alessandria:la richiesta era pervenuta al Pontefice dai Frati Predicatori di Genova, da Emanuele ed Aleramo Del Carretto, Marchesi di Savona e Clavesana, da Enrichetto Del Carretto, Marchese di Savona, e da Venezia, da alcuni mesi vedova di Giorgio Del Carretto, Marchese di Savona e Finale. Entro le mura di Finalborgo dovevano esistere spazi edificabili liberi o quasi da costruzioni: la famiglia marchionale destinò al complesso religioso un appezzamento di terreno ai bordi del Borgo, addossato alle mura e svincolato dalle vie principali: la penetrazione dei Domenicani nel Finalese, quasi sicuramente presenti nel territorio almeno da alcuni decenni, aveva avuto un favorevole esito.
I motivi che avevano indotto i Marchesi a permettere l'insediamento erano molteplici:

● la necessità, comune a tutte le famiglie patrizie dell'epoca, di poter disporre di un proprio edificio di culto da destinare anche alle proprie sepolture (non per nulla Santa Caterina verrà chiamata "Superga Del Carretto);
il desiderio di dare al Marchesato un'impronta artistica e culturale in linea con i tempi;
la presenza di un centro tramite il quale esercitare il potere sulla popolazione tramite i Frati Predicatori Domenicani, le cui parole andavano spesso oltre gli argomenti prettamente religiosi;
disporre di un luogo destinato al culto ma anche, nello stesso tempo, ad accogliere eventi di carattere sociale (ricordiamo due giuramenti di fedeltà a Genova).

Quando scoppiò la durissima guerra con Genova del 1447/1449 i Domenicani abbandonarono il convento portando nelle Langhe (nel terziere carrettesco di Novello) le reliquie e gli arredi sacri. Dopo la resa di Finalborgo (8 maggio 1449) Genova ordinò la distruzione del Borgo e di Castel Gavone: le cronache riferiscono che la chiesa venne risparmiata mentre il convento fu danneggiato, anche se non sappiamo in quale misura. Il 20 dicembre 1450 Giovanni I Del Carretto riuscì a riconquistare il Marchesato e quasi subito ordinò la ricostruzione dei monumenti danneggiati. Il convento venne ristrutturato e sul finire del secolo vennero aggiunti i due chiostri colonnati, fra i più belli del Ponente ligure, che vennero probabilmente costruiti ex novo. .
Per quanto concerne il numero di frati "ordinati" presenti nel convento il massimo venne raggiunto nel 1524, con diciotto sacerdoti cui seguì un netto calo.

Dopo la caduta di Napoleone, in Liguria venne restaurato il governo sabaudo. Alcuni decenni dopo i dissensi tra i Regno d'Italia e il Papato si acuirono:  il 13 febbraio 1864 la forza pubblica entrò nel convento e costrinse i pochi residenti ad allontanarsi.
La diaspora del patrimonio artistico (quadri, sculture, arredi sacri), che fu parzialmente spostato in musei e pinacoteche liguri, privò il Finalese di opere d'arte di rara bellezza: per fortuna la maggior parte delle opere fu trasferita nella vicina chiesa di San Biagio ove si può ammirare ancora oggi e testimonia l'opulenza di Santa Caterina. Nello stesso tempo gli edifici  vennero sconvolti da una nuova terribile ristrutturazione che sconvolse gli interni e li adattò alla nuova funzione penitenziaria: Santa Caterina diventò un carcere e tale rimase sino al 1965, quando la proprietà passò al Comune di Finale Ligure.

Per quanto concerne l'attuale utilizzo, i locali conventuali ospitano il Museo Archeologico del Finale e la Biblioteca Civica, mentre l'interno della chiesa è attrezzato a sala conferenze. Periodicamente nel complesso si svolgono esposizioni di opere d'arte (pitture, sculture, oggettistica) e di prodotti gastronomici locali. All'interno della chiesa una cappella conserva ancora una parte degli splendidi affreschi che interessavano l'edificio.

Mentre i due chiostri sono sempre aperti alle visite del pubblico la chiesa è accessibile solo in occasione del suo utilizzo per conferenze e mostre.

 

N.d.R.: Finalborgo, oggi un rione del Comune di Finale Ligure, era la capitale del Marchesato del Carretto; cintato da mura ancora oggi visibili, era sovrastato dalla minacciosa struttura di Castel Gavone, in passato residenza dei Marchesi (che la utilizzavano per difendersi dai continui attacchi di Genova ma anche dalle sommosse dei Finalesi,  che mal sopportavano il dispotismo dei loro Signori) sino all'avvento dell'artiglieria, che, piazzata sulle colline intorno al borgo fortificato, poteva facilmente fare a pezzi le strutture difensive. Chi si reca a Finale Ligure per turismo deve visitare Finalborgo, classificato fra i borghi più belli d'Italia.

Alfredo Izeta - giugno 2010

 

 

Galleria di fotografie


La Chiesa

La Chiesa

La porta degli uomini

La porta delle donne

La cappella di Santa Maria

La cappella di Santa Maria

La Chiesa (interno)

Chiostro

Chiostro

L'ancona di Santa Caterina (in San Biagio)

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Commenti  pervenuti:
● 02/06/2010: Molto interessante e bellissime immagini - da Luigino
● 02/06/2010: Un complesso fantastico quello di Santa Caterina. Ho avuto un transfert verso la spiritualità  di questo tipo visitando qualche giorno fa, qui a Feltre, il Santuario di San Vittore e Corona. Il Parroco, dopo cena finita sulle 23, ci ha aperto questo Santuario, illustrandoci la storia e gli affreschi in esso contenuti. Suonavano le campane di mezzanotte quando, improvvisamente, in un'atmosfera davvero suggestiva, ho avuto un sussulto che mi ha invitato a riflettere sulla vita e sulla morte. Dalla riflessione ho capito che la vita, se vissuta come si conviene, è bellissima e che, proprio per questo, non si deve temere la morte. Non appena possibile, invierò le foto di questa serata all'insegna della spiritualità. Peccato che questi attimi siano fuggenti.
Complimenti, Alfredo, per il pezzo.
Arnaldo

 Liguria, di Vincenzo Cardarelli (da "Poesie", 1936)

 

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