Cosenza, 1 settembre 2011
Comunicazione N.154_2011
Web-site: www.asspenscarical.altervista.org
Presentiamo un articolo di Franco Salza, Presidente Onorario di Fapcredito

 

 

A partire dalla fine degli anni ’70 tutti i più avanzati sistemi di welfare dell’Unione europea hanno riformato il mix di politiche su cui erano stati edificati i sistemi nazionali di protezione sociale dopo il 1945. La crescita della competizione globale, la ristrutturazione industriale, l’austerity di bilancio, il cambiamento delle relazioni familiari e l’invecchiamento demografico hanno messo in discussione i sistemi di welfare dell’età dell’oro, un tempo stabili e sovrani. Recentemente, inoltre, le questioni nazionali relative al lavoro e al welfare si sono sempre più intrecciate con i processi di integrazione politica ed economica dell’Europa. A questo proposito si può affermare che nell’Unione europea ha avuto inizio un’era di sistemi di welfare a sovranità limitata. Tutte queste forze unite insieme hanno generato una spinta al cambiamento politico e alla trasformazione del sistema che supera di gran lunga la nozione comune di «ridimensionamento» del welfare. La «nuova» struttura del welfare suggerisce la necessità di passare da una nozione di protezione
sociale la cui prospettiva è dominata dallo «scontro tra politica e mercato» a una nozione di investimento sociale basata sulla prospettiva dell’«incontro tra politica e mercato».
A partire dagli anni ’90 la maggioranza degli Stati membri dell’Unione europea ha coraggiosamente intrapreso una riforma globale del sistema. In molti Stati membri della UE la portata reale della riorganizzazione del welfare si riduce a nulla più che una revisione del sistema. Tuttavia, negare che i sistemi di welfare europei siano sclerotici non significa affermare che siano in buona salute. Quando vi sono milioni di cittadini privi di lavoro e livelli costantemente alti di disoccupazione giovanile, soprattutto negli Stati membri più grandi, non è certamente il caso di rallegrarsi. Il welfare state fu concepito come risposta ai rischi dell’economia industriale nella cornice dello Stato-nazione.
In breve, il welfare state va considerato come un sistema imperfetto «in evoluzione», i cui obiettivi, propositi, funzioni e istituzioni cambiano nel tempo, seppure con lentezza. Per pianificare e costruire un developmental welfare state, occorre adottare un approccio che tenga conto del corso di vita, distinguendo diverse fasce di popolazione – bambini, adulti in giovane età, persone in età di lavoro, pensionati e persone che necessitano di assistenza. La prima domanda che l’approccio si pone è: quale combinazione di servizi, di sostegno al reddito e di misure di attivazione va messa in campo per ottenere una migliore protezione sociale e una maggiore partecipazione per ciascuno di questi gruppi.
La riforma del welfare non è un processo semplice. Le misure correttive sono difficili ma vengono definite e implementate sul terreno della competizione politica. Inoltre la riforma del welfare è un processo politico fortemente riflessivo e ad alta intensità di conoscenza.
Ne consegue, in questa prospettiva, che il welfare state va inteso come un sistema «evolutivo», i cui obiettivi, propositi, funzioni e istituzioni cambiano nel tempo, anche se in modo lento e imperfetto.
In termini di innovazione istituzionale, il Consiglio europeo di Lisbona ha riconosciuto formalmente il Metodo aperto di coordinamento come nuova forma di governance europea, basata su linee guida comuni da trasporre nelle politiche nazionali, associata con monitoraggi periodici, valutazioni e revisioni reciproche organizzate come processi di apprendimento e accompagnate da indicatori utilizzati come strumenti per mettere a confronto le migliori pratiche.
Il compito dei sistemi di politica sociale e occupazionale dovrebbe essere innanzi tutto quello di sostenere lo sviluppo di ogni persona con misure proporzionate alle capacità e alle necessità di ciascuno, consentendo in tal modo a tutti gli individui di esprimere pienamente le loro potenzialità. In secondo luogo una sfida chiave per tutte le economie politiche europee è quella di progettare un sistema di welfare che non solo affronti in
maniera adeguata i «nuovi» e i «vecchi» rischi sociali, ma soprattutto sia capace di collegare pienamente tale sforzo con l’economia dinamica. La strada per migliorare la protezione sociale negli anni a venire risiede soprattutto nello sviluppo radicale dei servizi, tra i quali vanno annoverati l’istruzione, la sanità, la cura e lo sviluppo dell’infanzia, l’assistenza agli anziani, la politica della casa, i trasporti e i servizi all’impiego. Se l’Europa vuole essere competitiva nella nuova società basata sulla conoscenza vi è la necessità urgente di investire in capitale umano per l’intero corso di vita. Due tendenze ci spingono a modificare la nostra concezione del pensionamento:
a) lo stato di salute di ogni generazione successiva di anziani è migliore di quella precedente, se si considera che nella situazione attuale un uomo di 65 anni può aspettarsi di vivere in salute per altri 10 anni;
b) il divario tra vecchiaia e istruzione si sta riducendo rapidamente, tanto che in futuro gli anziani saranno molto più in grado di adattarsi alle nuove condizioni del mercato del lavoro rispetto a oggi, con l’aiuto della riqualificazione e dell’apprendimento lungo tutto il corso della vita.
La sfida consiste nel come distribuire le spese addizionali che accompagnano inevitabilmente l’invecchiamento della popolazione. Di importanza cruciale resta la garanzia di una pensione minima, finanziata dalla fiscalità generale e legata all’andamento dell’inflazione, per la prossima generazione di lavoratori flessibili. Sarà difficile ottenere pensioni sostenibili senza innalzare i tassi di occupazione dei lavoratori anziani e senza innalzare almeno a 67 anni l’età di pensionamento. Posticipare il pensionamento è una misura tanto equa quanto efficace. Il pensionamento flessibile e l’introduzione di incentivi per posticipare il pensionamento potranno alleviare notevolmente l’onere delle pensioni.
Il futuro del welfare state europeo non è predeterminato. Nel tentativo di rimediare alle disfunzioni delle politiche avviate nell’età dell’oro, i responsabili politici nazionali e dell’Ue sembrano impegnati a combinare tra loro elementi che provengono da diversi regimi di welfare. I processi di coordinamento aperto, con la loro attenzione alle «nuove» piuttosto che alle «vecchie» categorie di rischio sociale – in particolare l’invecchiamento attivo e il rinvio del pensionamento, l’impiego part-time, l’apprendimento lungo l’intero corso di vita, il congedo parentale, le pari opportunità, la flexicurity (equilibrio tra flessibilità e sicurezza), la riconciliazione tra lavoro e vita familiare e l’esclusione sociale –, hanno già assunto un ruolo chiave nella ricalibratura in corso del welfare state. In conclusione, la riforma della politica sociale continua a essere un’impresa da affrontare a livello nazionale: le riforme devono essere approvate dai governi eletti e dai partiti politici nazionali, preferibilmente con il sostegno degli interessi organizzati, e realizzate per mezzo di strutture amministrative nazionali.
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Anziani & società
Gli italiani tagliano le spese, con un potere d’acquisto in picchiata da anni. L’inflazione ha infatti eroso qualsiasi vantaggio guadagnato e non consente di mettere da parte molti soldi. Così abbiamo toccato il record negativo di risparmio dal 1999. A tenere sono soprattutto gli investimenti fissi, quelli per la casa ad esempio, spesso sostenuti dal pensionato di famiglia che corre in aiuto di un nipote disoccupato o un figlio precario.
Pensioni: nel 2050 un quinto degli assegni saranno inferiori alla pensione sociale, con importi sotto i 450 euro. Tra i più colpiti i lavoratori autonomi, le donne e i lavoratori precari. Già oggi oltre la metà degli italiani teme di non disporre in vecchiaia di un reddito sufficiente a garantire un livello dignitoso di vita. Il 71,9% delle pensioni in Italia non supera i 1.000 euro. Una pensione su due è sotto i 500 euro. A parità di imponibile, l’importo di una pensione italiana, al netto delle tasse, è inferiore del 15% rispetto a Francia, Spagna e Germania.
Redditi: calano i redditi delle famiglie, che nel 2010 hanno subito un calo di potere d’acquisto di quasi due punti percentuali. A soffrire di più sono lavoratori dipendenti e pensionati, gli unici che hanno visto aumentare le imposte pagate, soprattutto nei capoluoghi di provincia. Alla fascia 60-64 anni, poi, va anche il record negativo di incremento del reddito. Ad incidere nel bilancio domestico soprattutto i carichi familiari; e
spesso figli o non autosufficienti in casa costringono le donne ad abbandonare il lavoro.
Spesa sociale: viene finanziata per il 62% da risorse proprie dei Comuni che nel 2008 hanno destinato a interventi e servizi oltre 6,5 miliardi di euro La presenza massiccia di donne straniere ha mutato radicalmente il sistema dell’assistenza, creando una sorta di welfare parallelo e spesso sommerso. Si tratta in gran parte di donne provenienti dall’est Europa, che svolgono un lavoro prezioso per le famiglie che favorisce la permanenza dell’anziano in casa propria.
Alzheimer: In Italia 800mila malati, ogni anno 100mila nuovi casi. Il 50% non arriva alle unità di assistenza
La malattia colpisce soprattutto dopo i 65 anni e la diagnosi precoce per ora resta l’unica terapia percorribile per rallentare il decorso della patologia. La nuova rete di Uva servirà a rendere uniforme sul territorio le terapie farmacologiche e venire incontro alle famiglie, le principali protagoniste nella gestione del malato.
Sanità: mediamente, tra la prenotazione e l’erogazione dell’accertamento diagnostico passano cinquanta giorni. Ma i tempi di attesa variano molto a seconda della modalità di richiesta: telefonando direttamente all’ospedale o all’ambulatorio i giorni si riducono a 40 giorni, contro i 50 di chi ha prenotato allo sportello e addirittura i 76 di chi ha ottenuto la prenotazione chiamando il Cup (Centro Unico Prenotazioni).
Consumi: Carrello della spesa stravolto dai rincari dei prezzi. La dieta mediterranea in preda all’anarchia con pane e pasta quasi scomparsi dalla tavola, così come carne, pesce, frutta, vino ed olio d’oliva. Caccia alle offerte e ai supermercati più convenienti che consentono di risparmiare fino a dieci euro a settimana, ma anche boom di prodotti di qualità inferiore o da discount. E a preoccupare adesso sono anche i danni per la salute del menù low cost.



Ho cercato con questa mia esposizione sottolineare il divario esistente tra la formulazione di una teoria economica e la realtà vissuta. Manca, a mio giudizio, un coerente esame dei problemi, da non vedere sotto aspetti di corrente politica, ma piuttosto di effettiva presa di coscienza degli stessi, quindi con un effettivo proposito di superamento nell’interesse di tutta la collettività al di sopra ed al di fuori di qualsivoglia rivalità o pensiero politico. Forse sarò un sognatore, ma non mi pare una cosa tanto difficile da realizzare.

Franco Salza
 

 

 

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