Ho già commentato in un paio di occasioni, da semplice cittadino interessato alla cosa pubblica, le riforme costituzionali e la legge elettorale, prima della definitiva approvazione di quest'ultima e in pieno dibattito, o addirittura scontro, sul destino del Senato.

Su quest'ultima riforma, nel frattempo approdata ad una prima votazione, non avrei molto da obiettare, dopo che è stato raggiunto un compromesso sull'elezione dei suoi membri previa designazione da parte degli elettori nelle elezioni locali. Ammetto che la soluzione adottata puzza un po' di ripiego, ma fa salva, tutto sommato, la volontà del corpo elettorale e la rappresentanza delle autonomie. Probabilmente un'elezione diretta, anche se si tratta di un organo di controllo la cui funzione è legata alle autonomie e quindi agli enti locali, sarebbe stata preferibile o meno tortuosa. Tuttavia, lo scopo di semplificare e sveltire la produzione delle leggi e quello di ridurre in qualche modo il costo della politica sono in buona parte raggiunti, dopo tanto dibattito.

Della legge elettorale ho già detto e sono d'accordo con chi, come Pasquino, Bersani, Zagrebelski e altri, auspica un parziale ripensamento, anche alla luce di quanto si sta approvando con la riforma del Senato che accrescerà i poteri dell'esecutivo.  Due, a mio parere, sono i punti cruciali: il numero troppo elevato dei capi lista di competenza delle segreterie dei partiti (che peraltro dovrebbero essere scelti con le primarie regolamentate per legge e non nominati dall'alto) e la facoltà di presentarli addirittura in dieci circoscrizioni, rendendo quasi certa l'elezione di un numero troppo alto di "nominati", cioè di debitori legati alle dirigenze del loro partito, vanificando praticamente il dettato costituzionale "senza vincolo di mandato"

Non sarei invece favorevole al premio di maggioranza alla coalizione anzichè al partito vincitore. Il paese ha bisogno di stabilità di governo e le coalizioni, per quanto espressione delle diversità del corpo elettorale, non l'assicurano e non vanno incentivate, come dimostra la storia italiana degli ultimi settant'anni.  Un esempio di stabilità è venuto lunedì scorso dalle elezioni canadesi, dove vige il sistema uninominale di collegio, e dove i liberali di Justin Trudeau, primo partito,  hanno conquistato la maggioranza assoluta dei seggi con meno del 40% dei voti. L'introduzione di un secondo turno con ballottaggio rafforzerebbe la stabilità restituendo agli elettori la scelta definitiva. Non è infatti del tutto corretto quanto afferma Pasquino che un partito potrebbe ottenere il premio di maggioranza con il 25% dei voti. Al ballottaggio, gli elettori sarebbero obbligati a scegliere fra i due partiti maggiori, uno dei quali otterrebbe più del 50% dei voti. Gli astenuti, come sempre, avrebbero semplicemente torto.

Mi permetto ora due parole sui principali provvedimenti contenuti nella proposta di legge cosiddetta di stabilità. Nel complesso mi pare che l'indirizzo generale sia da condividere, come del resto risulta anche dai commenti e dai giudizi espressi da tutti gli esponenti della comunità internazionale, dai mercati, dalle agenzie di rating e dagli orientamenti, se non più ottimistici, almeno un po' più fiduciosi, delle forze produttive e dell'opinione pubblica più responsabile.

E' indubbio, come affermano alcune opposizioni, che si tratta sostanzialmente di una manovra "a debito", quasi del tutto priva di strumenti di attacco al debito pubblico e al deficit, ma si è scelto di derogare, per il momento e in presenza di qualche segnale di ripresa ma di perdurante disoccupazione, da un deciso risanamento delle finanze. Decisione pericolosa, lo ammetto, data l'enormità del nostro debito, ma obbligata nella contingenza attuale..

Su due provvedimenti non sarei d'accordo: 1°- l'eliminazione delle tasse locali sulla prima casa. E' vero che la casa è un bene primario, il più amato, oggetto spesso di sacrifici e risparmi di una vita, ma è pur sempre un bene. Un bene che non produce reddito diretto, ma ne ha uno virtuale, la rendita catastale. Si tassano stipendi, pensioni e tutti i tipi di risparmio patrimoniale,  i consumi, anche quelli di prima necessità, di tutti, anche di coloro che la casa non ce l'hanno o hanno investito i loro risparmi in altro modo. Del resto, sembra che la proposta di legge mantenga la tassazione sulle case affittate anche se prime case per chi le abita. 2° - l'aumento a €3000 dai €1000 del limite di denaro contante ammesso per le transazioni commerciali. Nonostante le dichiarazioni contrarie di Padoan e Renzi si tratta di un favore all'evasione fiscale, il cui contrasto, lo si è visto, è estremamente difficile di per se. Ed è proprio l'evasione minuta la più diffusa capillarmente e la più difficile da contrastare e non vale il discorso che in alcuni altri paesi il limite non c'è o è pari a quello ora proposto in Italia. Sappiamo che l'Italia è al primo posto, fra i paesi sviluppati e in particolare nell'Eurogruppo,  per l'evasione e che ciò si traduce in un carico fiscale maggiore per chi fa, o è costretto a fare, il proprio dovere di contribuente. Siamo anche il paese che usa ed abusa maggiormente del contante rendendo non tracciabile la transazione e, dulcis in fundo, siamo il paese con il maggior debito pubblico che non accenna a diminuire. Penso male se sospetto che l'aumento del limite d'uso del contante abbia fini elettorali e accarezzi il pelo a certi settori della popolazione?  Non sarebbe ora che la gente si abituasse di più, come avviene dappertutto, all'uso di bancomat, carte di credito, assegni, bonifici?  Non siamo un popolo di analfabeti.

                                                                                              Giacomo Morandi - Rivergaro (PC)

 

14 novembre 2015 - un commento di Arnaldo De Porti: Desidero rispondere subito, ed a caldo, all’illustre collega Giacomo Morandi il quale, maestro come sempre in questa materia, cerca di giustificare, ma solo in parte – nell’interesse della collettività e del bene comune insomma – una situazione che, a mio avviso, non mostra nemmeno  lontanamente una parvenza di identità politica proiettata verso un obiettivo. Navigare a vista, come si dice in termini marinari, non è che piaccia a qualcuno…
La legge elettorale fa “schifino”, l’evasione fiscale fa ribrezzo, nessuno sa soppesare in quale percentuale naviga l’evasione minuta che viene praticata 24 ore su 24, un senato che ha le sue pecche, la cui “eliminazione” (che tale non è) sposta i costi da un contesto istituzionale all’altro, un capo del governo che è maggioranza e contemporaneamente opposizione di se stesso e che, ove dovesse perdere Roma alle prossime amministrative, dovrà prendere atto della sua fine senza meravigliarsi di Marino, un debito pubblico che (notizia di ieri) è cresciuto di altri 7 miliardi e che neanche una crescita del PIL a due cifre può pianificarlo se non in due generazioni, ecc.ecc.,) tutto ciò mi fa venire in mente un detto dei nostri genitori quando facevamo i capricci a tavola adducendo che non ci piaceva quanto ci veniva servito:: “ MANGIA QUESTA MINESTRA OPPURE SALTA DALLA FINESTRA…”. Ecco questo è l’unico motivo per il quale accetto questo primo ministro.
P.S. Una proposta per eliminare l’evasione minuta ? Perché non studiare uno strumento che, eliminando il contante, possa sostituire una specie di bancomat attraverso il quale, da ogni obbligata transazione, venga trattenuta-dirottata automaticamente una percentuale per il fisco, magari indicando un codice che si riferisca al tipo di transazione ? Obbligando ovviamente tutti ad avere una sorta di bancomat ? Ovviamente tutto da inventare. E da studiare nelle sue varie articolazioni, tenendo conto delle varie problematiche che non consentono di utilizzare in toto detto strumento. A mali estremi, estremi rimedi. Del resto, l’Italia è questa…

 

 

 

 

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Piazza Scala - novembre 2015