Prendo lo spunto dall’interessante intervento di Alberto Belletti su “Libertà” del 13 febbraio titolato “Forse il Papa ha ricordato l’esempio di Clemente XII” per esprimere un mio giudizio di laico sulla sorprendente e inaspettata decisione di Papa Ratzinger di farsi da parte, come ha affermato, per il bene della Chiesa.

Desidero anzitutto correggere un paio di punti dell’articolo di Belletti. L’esempio di Clemente XII non è del tutto calzante con la decisione di Papa Ratzinger perché non diede mai le dimissioni ma, malato e del tutto cieco come del resto affermato nell’intervento, insistette fino all’ultimo nel suo pontificato affidandosi del tutto ad un entourage composto soprattutto da parenti e assistenti. Inoltre, non si trattava del cardinale Prospero Lambertini, bensì di Filippo Orsini. Lambertini fu eletto nel conclave successivo, (un conclave lunghissimo) nel 1740, alla morte di Clemente XII e prese il nome di Benedetto XIV.

A me pare che la decisione di Papa Ratzinger, prevista del resto dal Codice Canonico anche se rarissima, sia assolutamente corretta. Il governo della Chiesa Universale con oltre un miliardo di fedeli sparsi per tutta la terra, e quello di uno stato sovrano con rapporti diplomatici con la maggior parte delle nazioni del mondo – uno stato il cui monarca ha poteri quasi assoluti – hanno un peso che non può più essere sopportato da un ultraottuagenario che si sente ogni giorno di più mancare le forze fisiche e intellettuali e, sebbene ancora lucido, sente ogni giorno di più scivolar via il potere decisionale e pastorale a favore di strutture curiali sempre più indipendenti dalla sua volontà.

Purtroppo, la storia c’insegna che furono numerosi i papi ormai ridotti, in vecchiaia, a dipendere da eminenze grigie, dalla volontà di principi, re, imperatori o dalle loro stesse invadenti parentele.

Non capisco perché il papa non debba avere un limite d’età, come ce l’hanno i cardinali e la decisione di lasciare il pontificato dipenda dalla sola sua volontà. Ho ascoltato una sola voce critica, in questi giorni, di un cardinale che ha affermato, riferendosi anche a Giovanni Paolo II, “non si scende dalla Croce”, affermazione di efficace retorica, ma avulsa dalla realtà.

La Chiesa, come ho scritto in altre occasioni dalla mia modesta scrivania di laico tiepidamente credente, ha urgente bisogno di rinnovamento, di riforma, pena il graduale declino, del resto già in atto almeno nel mondo più evoluto. Ha bisogno di liberarsi dei numerosi orpelli, riti, pompe, burocrazie, che l’opprimono e l’allontanano dal mondo reale, del potere temporale che la distrae dalla vocazione pastorale. Non voglio scandalizzare nessuno ma ritengo che anche i dogmi e il catechismo, venuti da lontano, da altre epoche, da altri contesti, debbano essere rivisti. Avendo vissuto per molti anni in paesi a maggioranza protestante, sono anche convinto che una riforma del genere potrebbe contribuire al ravvicinamento con la maggioranza delle altre denominazioni cristiane, separate ormai da alcuni secoli. Non credo che un nuovo Papa, per quanto progressista e riformatore, possa da solo cambiare la Chiesa. Occorre anzitutto applicare in pieno le decisioni del Concilio Vaticano II e poi affidare le riforme a un nuovo consesso ecumenico che raccolga anche le voci provenienti dal nuovo mondo emergente.

 

 Giacomo Morandi

 

 

                                                                                 

 

 

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