Lo "scontincassi" di Sede Milano
Chissà, quel maestoso
palazzo nel cuore di Milano era
ambiente che stimolava giovanili
esuberanze: quando ho iniziato la
mia vita lavorativa in Comit, il 14
luglio del 1961 (la mia personale
presa della Bastiglia..e solo per un
giorno di scarto non andai a
lavorare alla British Petroleum
ovvero BP allora alloggiata nel
grattacielo Galfa vicino alla
Centrale) ricordo ancora benissimo
quel giorno e quei primi mesi.
Per la verità un primo choc l'ebbi
mentre seguivo il Funzionario che mi
era venuto a prelevare al Personale:
dagli ambienti
eleganti (non lussuosi come al piano
superiore, comunque...) attraverso
porte, porticine, corridoi, si
passava in siti sempre meno - come
dire - appetibili finchè, aperta
un'ultima porta sbucammo in un
grande salone, affollato di
scrivanie ingombre di cambiali, su
un lato uno stretto passaggio
fiancheggiato da una serie di
postazioni di calcolatrici molto
simili a quei vecchi registratori di
cassa di inizio '900. Non feci a
tempo ad angosciarmi perchè, fatta
una breve sosta a metà salone presso
una signorina di mezza età per
ritirare una biro blu con la scritta
"Per uffici - Banca Commerciale
Italiana" accompagnata dalla
raccomandazione di custodirla con
cura, usarla solo per lavoro e
presentarla sempre per la
sostituzione del refill, il
Funzionario (si chiamava Marinoni ed
era il Direttore dello Scontincassi)
proseguì la sua marcia attraverso
altri corridoi, alcuni su livello
diverso dato che si scendevano
alcuni gradini (intanto pensavo "ma
riuscirò a ritrovare la strada?").
Finalmente, arriviamo all'Ufficio
che, appresi poi, era articolato in
Insoluti di P.I., Ricavi di dopo
incasso e Insoluti di dopo incasso.
Qui fui preso in carico dal
Capoufficio, un siciliano alto ed
imponente, baffetti, non sorrideva
mai ma, a ben vedere, aveva un che
di vagamente canzonatorio nello
sguardo, mi assegnò agli Insoluti di
dopo incasso, una stanzetta con 4
scrivanie e 3 impiegati (col
sottoscritto). Il reparto era
capeggiato da un energico spezzino
con ben 3 mesi di anzianità.....
.(lascerà la Banca l'anno dopo per
andare a fare il giornalista
sportivo, a Stadio, mi pare).
Mò, non solo quale angelo mi tenne
una mano sulla testa nelle prime
settimane, fatto sta che ebbi tempo
di guardarmi attorno, capire le
gerarchie (il Capufficio, il
Caposezione che poichè era solito
dire al telefono: "...sì, io sono
Piloni..sì, come i Pilastri..." un
bello spirito a un certo punto
cominciò a lasciare indicazioni
telefoniche del tipo: "no, adesso
non c'è, chiami più tardi e chieda
di Pilastri, sì, Pilastri come i
Piloni...) e, soprattutto inquadrare
i due colleghi che occupavano la
stanzetta adiacente alla nostra, uno
sarà stato sulla venticinquina che,
in quell'ambiente era già una bella
età, l'altro decisamente
quarantenne, tutt'e due vecchie
volpi della Banca non
particolarmente divorate dalla
smania di primeggiare per attività
lavorativa. Questo mi salvò da un
ruolo di vittima negli avvenimenti
successivi.
Il quarantenne, milanese a quanto
ricordo, era alto e imponente come
il Capufficio, anzi, se non fosse
stato privo di baffi, alquanto
somigliante.... chissà per quale
diabolica ispirazione, vuoi perchè
eravamo ormai nel pieno delle ferie
e, ovviamente, il Capo stava fruendo
del periodo più appetitoso, vuoi
perchè si susseguivano nuovi arrivi
di neoassunti, questo bel tomo di
meneghino cominciò prima a farsi
crescere i baffi, poi a girare per i
corridoi e spesso si soffermava
sulla soglia della nostra stanzetta
dove, nel frattempo, eravamo
diventati 4 per un nuovo arrivo. Qui
restava per un pò, osservando in
silenzio e con aria truce, finchè
arrivava il suo collega di stanza
che, con tono deferente gli diceva:
"Signor D....c'è la Direzione
Centrale al telefono per Lei..." e
lui "Bè, gli dica di richiamare,
adesso sono occupato, vada..".
La sceneggiata si ripetè per qualche
giorno, naturalmente con le
opportune variazioni, ma c'era
sempre qualche pezzo grosso che lo
cercava al telefono (fece molto
effetto la "chiamata" del C.S.E.
che, Sede di Milano, per noi
giovincelli era una sorta di
divinità... ovviamente, anche a lui
toccò l'invito a richiamare....
"adesso sono occupato").
Chiaramente, i due compari
lavoravano a soggetto, via via si
perfezionavano, spesso il nostro
"capo" (il predetto spezzino) veniva
convocato nella loro stanzetta e,
opportunamente catechizzato,
tornando da noi non mancava di
lanciare occhiate preoccupate
all'ultimo neoassunto, finchè un bel
giorno, con aria serissima gli fa:
"Tu sai ballare ?" "Mah, che balli
?" "Valzer viennese" "Ah, no !" "Bè,
sarà il caso che tu prenda delle
lezioni perchè con l'autunno ci sarà
il gran ballo del Portafoglio Italia
e la figlia del Direttore sa ballare
solo il valzer e quelli che non la
fanno ballare praticamente si
stroncano la carriera..." "Ma io
non so ballare, ma che razza di
idea..." "Vabbè, vedi tu....però poi
lo dici tu al Signor D...che non
vuoi prendere lezioni...".
Il poveretto iniziò a sudare freddo
"hai visto come ti guarda il signor
D...bè, affari tuoi...", e fu
mantenuto in uno stato di agitazione
costante per diversi giorni, solo
quando cominciò ad informarsi su
scuole di ballo milanesi, il signor
D. con aria benigna lo mise al
corrente dello scherzo. Anche perchè,
nel frattempo, nuove e più ficcanti
idee aveva concepito il duo di
Piadena. Cominciarono immaginare
sinossi demenziali sul lavoro del
Portafoglio. Ovviamente il Signor
D. era il pozzo di scienza cui tutti
attingevano: il solito complice lo
interpellava regolarmente quando era
presente qualche neoassunto.
Le domande erano del tipo: "Signor
D. cos'è un effetto su piazza ?" al
che, lui paterno ma severo, "Sei
sempre il solito sfaticato, quante
volte ti ho raccomandato di
studiare?... Allora, ancora una
volta, se tu, con l'effetto in mano,
ti affacci da quella finestra, cosa
vedi ?" "Il giardino e la casa del
Manzoni" "Ecco, benissimo, quindi
non vedi Piazza Scala, vero ? e
allora l'effetto dicesi fuori
piazza... e non me lo far più
ripetere, capito ?" .
Il sollazzo pieno durò per tutte le
ferie del Gran Capo, un paio di
novellini sostennero un brillante
esame presso il signor D. in un
caldo pomeriggio di agosto (niente
aria condizionata all'epoca,
rovescio positivo della medaglia,
alcune gradevoli colleghe
indossavano il grembiule
direttamente sull'intimo...c'era
comunque molto rispetto, lo si creda
o no, ambiente serissimo), esame
condotto su alcune dispense di cui
ricordo frammenti (dicesi trassato
il debitore che manifesti con
chiarezza la sua indefettibile
volontà di non onorare a scadenza
l'effetto).
Piccola digressione, erano gli anni
'60, la Banca assumeva a tutto
spiano e non era troppo esigente in
materia di preparazione specifica
(io venivo dal Classico e del tutto
digiuno di ragioneria, per esempio
e, come me, molti altri).
Col rientro del Capo, quello vero,
iniziò una fase nuova, poco
appariscente: per noi era comunque
motivo di spasso autentico
osservare, senza parere,
l'espressione nervosissima del
Capufficio che nel new look del
signor D. sospettava - del tutto a
ragione va detto - una deplorevole
presa per i fondelli nei suoi
confronti. Ma, d'altro canto, che
poteva fare ? Andare al Personale e
dire che un suo impiegato gli
somigliava e si era fatto crescere i
baffi per accrescere la somiglianza
? Nemmeno a pensarci, ovvio...perciò
si limitava a dardeggiare occhiate
tremende verso il novello Noschese.
Il periodo spensierato finì qualche
mese dopo per un fiasco di vino
rosso. Infatti un gruppetto
(compreso il signor D.) amava
riunirsi in un andito scuro,
delimitato da alcuni armadietti
metallici per gli effetti personali,
per qualche sorsata di vino
direttamente dal fiasco. Senonchè un
esterno alla combriccola, scoperta
la cosa, chiese insistentemente di
partecipare alle bevute in cambio
del suo silenzio. A malincuore,
quindi, il tipo fu ammesso a una
bevuta.....
Dopodichè, la vendetta, il signor D.
chiese: "Ma voi, da quale fiasco
l'avete fatto bere ?" "Quello
nell'armadietto..." "Nooo, ma è
quello dove ci abbiamo p... ma che
siete ammattiti. e se sta male ?"
Questo dialogo avvenne a portata
d'orecchio del collega, fuori della
sua vista e quindi ignorandone -
apparentemente - la presenza.
In breve, poco dopo, l'esterrefatto
responsabile del pronto soccorso
interno (su all'ultimo piano se ben
ricordo) si trovò dinanzi un tipo
che chiedeva un qualcosa per
vomitare, un batti e ribatti, poco
dopo vedemmo passare per il
corridoio una folta delegazione,
C.S.E. della Sede di Milano in
testa, sguardi schifati, immediata
rimozione delle pareti
artificialmente create con gli
armadietti, rimescolamento dei posti
nelle varie stanze e addio a momenti
lieti di qualsiasi genere, rimasero
solo i baffi del signor D., come si
faceva a chiederne la rimozione?
Comunque, è stato un gradevole tuffo
nel passato, si lavorava ma si
sapeva anche ridere senza
cattiveria.
Un abbraccio
Maurizio D'Angelo - novembre 2010
N.B.: la vignetta è opera del
collega Greg Cerra |