Il capo ha
sempre ragione....
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Dopo quasi trentasette anni di servizio
effettivo di cui ben 30 passati in P.zza
Scala Direzione Centrale (alias la Corte
Imperiale) mi vengono in mente una serie
di storie,storielle alcune allegre altre
un po’ meno.
Lavorare in un ufficio operativo a
contatto diretto e quotidiano con le
nostre filiali è stato faticoso ma anche
esaltante: ci si occupava con un
piccolo manipolo di colleghi di non far
perdere quattrini alla banca ,non si
scaldavano le poltrone o meglio prima
sedie di legno scomode e scricchiolanti
poi quelle ergonomiche che ti facevano
sudare i marroni e quant’altro.
Cominciamo con una piccola storiella:
agosto 1982 una importante azienda
di Torino dopo un periodo di
respirazione
bocca a bocca venne ammessa
alla prima legge Prodi (amministrazione
straordinaria).Occorreva scrivere alla
filiale una lettera “cum cazzibus”
.Molti colleghi erano in ferie .Io no :il mio capo mi chiamò bisogna dare
istruzioni a Torino, mi raccomando la
lettera deve essere chiara ed esaustiva
in modo che non ci possano essere
fraintendimenti.” Ma cosa vogliono
quelli della D.C. e facile scrivere ,noi
siamo in trincea, così si diceva in
filiale ed io lo sapevo bene avendo
passato ben sette anni in periferia.
Mi metto al lavoro con la macchina da
scrivere (i p/c cosa erano? brutte
parole).
Dopo diverse ore di lavoro la lettera è
pronta : si trattava di un Gruppo e
per ogni società si doveva essere molto
analitici. Ben otto pagine!!!!
Mando avanti per la firma,dando un bacio
alla cartelletta blu in segno ben
augurante,come qualcuno faceva con il
pallone prima di tirare un calcio di
rigore.
Passano alcune ore ,poi il telefono
squilla. Sono… può venire da me.
Ecco ci siamo la lettera è tutta da
rifare.
Il capo: Saitta nella lettera c’è un
grossolano errore. La rilegga qui
davanti e lo scopra.
Il caldo del mese di agosto nella stanza
del capo (il condizionatore alla
finestra era guasto) svanì di colpo,la
fronte madida di un sudore strano,
salivazione azzerata, come direbbe Paolo
Villaggio.
Rilessi la lettera ma non trovai neppure
un refuso ( era vietato nel nostro
ufficio usare il "bianchetto” le nostre
lettere devono essere perfette come un
lenzuolo appena stirato parola del capo
).
Alla fine mi arresi.
Il capo mi guardò sorrise e mi disse:
mancano i saluti alla Filiale “cordiali
saluti “. Poiché si è fatto tardi la
frase cordiali saluti la inserisco a
mano.
Porca paletta qualcuno di voi potrà non
crederci ma è un fatto veramente
accaduto che oggi mi fa sorridere,
allora no.
Renzo Saitta
N.B.: la
vignetta è stata realizzata da Greg
Cerra
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