“SPIGOLATURE” (alle spalle il Centro storico di Feltre ove ora abito)


Una bottiglia di clinto….

Erano gli anni 80, o giù di lì, quando un giorno un nostro serio e laborioso commesso, promosso per meriti impiegato verso la fine della professione, l’amico Settimo, deceduto purtroppo da alcuni anni, mi chiese se potevo portargli da Feltre una bottiglia di vino “clinto”, vino ormai diventato raro e, mi pare, anche bandito dalla legge vigente in quanto supera il grado di acidità consentito. Ricordo che in quel periodo ero andato a sostituire il direttore dell’Agenzia di Piazzale Donatori di Sangue di Mestre, in ferie, e non guastava, in quell’occasione, un po’ di… captatio benevolentiae in chiave umoristica presso i Colleghi.
Premesso anzitutto che, ancor oggi, non ho mai capito il perché questo vino non possa essere più commercializzato e che l’UE addirittura ne abbia obbligato il taglio del vigneti, se è ben vero che i nostri vecchi se ne servivano “ad abundantiam” di questo nettare, che - secondo loro, ma forse anche secondo la scienza farmaceutica - aveva ed ha delle proprietà più efficaci del chinino per sconfiggere la malaria, ebbene, un lunedì mattina, tornando da Feltre per recarmi in banca a Mestre, allora Agenzia di Venezia, portai in banca un paio di bottiglie che Settimo Pesce nascose subito con cura in cassa (qualcuno voleva addirittura metterle in caveau, per… sicurezza, subito però sconsigliato perché anche questo “nettare” aveva bisogno di aria).
Ebbene, quasi subito, ovviamente scegliendo un momento di chiusura della banca per i clienti, fu deciso di stappare una bottiglia. Cosa che riuscì con successo dopo una qualche fatica in quanto in cassa non c’erano altro che timbri, colle varie, spaghi, ma… nessun cavatappi, tanto che la bottiglia dovette essere oggetto di varie “sbattute” fino a trasformarsi in una sorta di… spumante ottenuto con le migliori metodiche “champenoise”.
Ebbene, appena tolto il tappo, il vino uscì come fosse spinto da un..compressore, allagando parte della cassa, ma soprattutto soldi e cambiali. Ma solo di queste ultime voglio parlare in quanto, come noi del mestiere sappiamo, erano tutte riposte per scadenza negli scadenzari allora di legno. Perché, solo di queste ?
Perché il vino le inzuppò a tal punto da non poter leggere neanche le scadenze se non con la lente di ingrandimento, oltre a colorarle tutte di “clinto”, con un odore che, francamente, mi par di avere ancor ora sotto il naso e che rimase per mesi anche in “cassa”.
Conclusione. Per qualche settimana, l’odore del vino rimase in cassa, tanto che, alle impiegate, soprattutto al mattino, esso arrecava qualche problema all’olfatto. Ma questo problema si risolse in pochi giorni, vuoi per… l’assuefazione al naso, vuoi perché “fronteggiato” dai detersivi che le donne delle pulizie mettevano ogni giorno, prima dell’apertura della banca; ma ciò che non si risolse presto è stato determinato dalla necessità, per rispetto di quell’etica dovuta ad un… sacrario dell’alta finanza, che non abbiamo potuto, anzi voluto, spiegare a chi veniva a pagare le cambiali perchè questi titoli fossero colorati e odoranti di…. vino.
E, visto che siamo in tema di cambiali, va detto che olfatti e colori hanno avuto come… scadenza 90 gg. circa: mi pare da Natale a Pasqua.
La prossima volta cercherò di essere più serio.

Arnaldo De Porti

Commenti:
20 novembre 2011: da Fernando Mazzotta:
Negli anni '60 Nordano Marchioni da Copparo (FE), poi verso fine carriera anche Direttore di Venezia, di passaggio a Taranto "in istruzione" si innamorò del Primitivo di Manduria (vino rosso di 18°). Dopo tre o quattro anni ci siamo nuovamente incontrati a Modena entrambi "in istruzione" e memore di quella prelibatezza mi chiese di procurargliene una paio di boccioni. Cosa che puntualmente feci alla prima occasione. Il buon Nordano un venerdì sera d'inverno, rientrando in auto a Ferrara da Modena, per evitare un tamponamento causa nebbia, fu costretto ad una brusca frenata inchiodando il mezzo. Boccioni partiti, auto allagata e... cambiata.... nel giro di qualche giorno. Ciò nonostante, il vino (un vero nettare) lo ha voluto ancora, ma quella volta ebbe cura di ben zavorrarlo fino a destinazione.
16 maggio 2013: Caro Fernando ho letto con molto ritardo il tuo ricordo sul vino rosso di Manduria. Da parte mia la commozione è stata molto forte nel pensare a te ed a quanto ci ha unito in quegli anni non solo per il legame con "mamma Comit". Gli anni passano ed il lavoro nella azienda agricola di famiglia ( dove si è insediato a titolo pieno mio figlio ventisettenne ) assorbono le mie giornate. La salute tiene ed è questa la cosa più importante. Desidero avere tue notizie. Grazie ancora di cuore per il graditissimo pensiero.
Nordano

 

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Piazza Scala - novembre  2011