INIZIO ANNI ’60, COMIT SEDE VENEZIA.
IL BISOGNO DI ESSERE BAMBINI ANCHE
QUANDO SI ERA GIA’ PROFESSIONALMENTE
SERI E MATURI…
Prendendo lo spunto dai due
divertenti racconti di Alfredo Izeta,
vorrei anch’io ricordare qualcosa.
Sede Venezia, anni primi 60. Ero
all’ufficio estero con un simpatico
capo ufficio, Emilio Macaluso (che
purtroppo non c’è più), personaggio
che, pur di origine siciliana, era
veneziano più dei veneziani. Ebbene,
ricordo che con lui si lavorava come
“forsennati” senza alcuna fatica,
tanto infatti era piacevole lavorare
insieme con lui ai tempi in cui
(qualcuno se lo ricorderà) si
dovevano mandare all’incasso i
travellers cheque pagati dalla
Filiale alla First National City
Bank of New York, con un
procedimento che, a dir poco, era
da…disturbati mentali (raccolta dei
cheques, timbratura sul recto per
girata, distinta da compilare a
macchina su veline con la carta
“calcante”, lettere per la
copertura, ore straordinarie fino
alle 21 in quanto Filiale Venezia,
città turistica, cambiava T/C dalla
mattina alla sera ecc.ecc). Ricordo,
tanto per far immaginare la mole del
lavoro ai colleghi che non
lavoravano in città turistiche, che
allora avevamo valige piene zeppe di
T/C custodite alla meglio in qualche
malandato caveau che i cassieri ci
consentivano di by-passare con
spirito di collegialità…
In questo clima, il capo ufficio,
Emilio Macaluso, personaggio che non
dimenticherò mai, non mancava di
rendere, a dir poco divertente, le
brevi pause del lavoro destinate o
per l’assunzione di una bibita
fredda d’estate o per un caffè
durante la stagione meno clemente.
Ebbene, lui aveva due pallini fissi,
oltre alle… palle vere. Si divertiva
attraverso alcuni scherzetti di
natura infantile, esattamente come
quelli che si era soliti fare
durante le scuole elementari. A lui,
per citarne uno, piaceva “macchiare”
di inchiostro le chiavi o i tasti
delle gloriose macchine da scrivere
Olivetti in modo che, quando il
collega doveva utilizzare chiavi o
macchine, si imbrattasse le mani di
nero-inchiostro senza capire da dove
proveniva lo sporco… Naturalmente,
poi tutti a ridere…quando il
malcapitato si rendeva conto di
quanto era successo. Poi c’è stato
il progresso anche negli scherzi (si
fa per dire). Infatti, siccome ormai
tutti avevano capito il ludibrio
precedente, il bravo Macaluso,
cambiò la tipologia dello spasso:
cominciò ad imbrattare d’inchiostro
la parte auricolare dei telefoni
neri di allora, pesanti come pietre,
in modo che chi rispondeva si
sporcasse le orecchie di nero… Ma un
giorno le cose non andarono per il
loro verso. Infatti, il Direttore di
allora, Placido Pellizzari, che non
avevamo mai visto non solo nel
nostri ufficio, ma anche nel salone
centrale della storica Comit di
Venezia, ricevette una chiamata da
Londra e questi, forse volendo
dimostrare uno spirito di colleganza
con i suoi sub-alterni, disse : “
Passatemi pure la chiamata giù
all’ufficio estero (dopo essersi
informato sul…nome dell’ ufficio)” .
Gliela passarono e al primo “Hallò”
si sporcò pure lui di nero, non solo
le orecchie ma anche la camicia
bianchissima, senza per fortuna
capire quando era successo
(altrimenti ci avrebbe licenziati
tutti…) e finì la telefonata ancor
prima di incominciarla dicendo che,
siccome la linea era un po’
disturbata, era preferibile che gli
passassero la comunicazione nel suo
ufficio da “Doge” , al piano
direzione… E così fu.
Macaluso, a seguito
dell’imponderabile accaduto, pensò
bene di cambiare scherzo…
circostanza che sarà oggetto di un
mio prossimo racconto, ove,
ovviamente, Alfredo Izeta ne
autorizzi la pubblicazione…
Arnaldo
De Porti - gennaio 2011
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