Una recensione di Maurizio Dania
Celso Albelo, Desiree Rancatore, Mariotti e l'orchestra del Comunale di Bologna hanno riscosso un successo che non si può definire clamoroso perchè trionfale, senza se o ma.
Il Giappone ed i giapponesi saranno loro grati per sempre.
Non solo perchè hanno dimostrato di amare quella terra ed il
suo popolo, ma anche perchè dal punto di vista artistico
hanno lasciato una traccia
difficilmente imitabile e raggiungibile.
Basterebbe ascoltare la parte finale del terzo atto per
rendersene conto. Non sono solo le note acutissime che i due
protagonisti emettono con spavalderia, direi senza ritegno,
senza paura, ma è, con l'accompagnamento di Mariotti che
concerta davvero da grande artista del podio, il modo di
interpretare il momento drammatico che si sta vivendo che
colpisce, che soggioga l'ascoltatore. Non è stata una prova
di bravura fine a sè stessa, ma una vera gara di voci del
belcanto, che hanno saputo incastonare le frasi più
impervie, con la dolcezza del timbro, con le indicazioni
dello spartito, non accontentandosi di offrire una
prestazione edonistica, ma scavando i personaggi, dando loro
anima, corpo, sensualità, gioco, scherzo, amore.
Albelo è un tenore all'inizio di una carriera che non posso
definire ancora all'apice; può persino migliorare, magari
non sempre cercando il fa a voce piena, ma ancora di più
rimanendo nell'alveo dei re e re naturali, occupandosi
ancora di più in quest'opera della parte interpretativa che
è già eccellente. La maturità artistica (e vocale), sono a
portata di mano, anzi di corde vocali. Manca un nulla per
essere annoverato tra i grandi cantanti del presente, pronto
ad assumere un ruolo anche per i decenni futuri. Saprà lui
certamente scegliere il repertorio, mutarlo, maturarlo.
Tutti
hanno dato il massimo delle loro possibilità.
Mi scuso se non cito tutti i protagonisti, ma la signora
Rancatore, è un soprano splendido: candida la voce, agile
quando occorre, sale agli acuti ed ai sovracuti con facilità
apparente; senza sforzo sembra. Ha i fiati lunghi, ruba
quando è il caso il fiato, con sapienza, non si lascia
conquistare dalla ricerca dell'effetto per strappare
l'applauso. Le ovazioni, interminabili, giungono a
sottolineare una linea di canto esemplare. Devo dire che se
alcuni anni fa in una serata non particolarmente felice per
lo stesso Florez, ne' La Fille du regiment, a Milano, (non
felice non significa che fu deludente, non fu
straordinaria), il soprano ha compiuto un percorso in
salita, ma per raggiungere oggi la maturità di cui prima
accennavo per Albelo. E' completa, simpatica, straordinaria:
copre le vocali ed il suono anche in zone semi acute con
maestria, appoggia splendidamente, e tutti i suoi acuti sono
svettanti, (per farmi meglio comprendere), pieni. C'è anche
un particolare che non mi pare di poco conto: è felice di
cantare; conosce le malizie, positive, del canto d'agilità,
regala felicità: il pubblico coglie questo dono, questo
regalo e a Tokyo in particolare, gli applausi sono stati
interminabili e ricchi di amore e riconoscenza. Come se ci
fosse uno scambio reciproco di gioielli. Una grande Elvira.
Non mi dilungo e non analizzo la partitura. Non servirebbe.
Il teatro d'opera è teatro, appunto. Ciò che concede a chi
vi si reca o ascolta è quanto si deve riportare. Brava
Desiree, anzi bravissima.
Mariotti poi sarà anche figlio d'arte, ma non è un direttore
d'orchestra raccomandato. Io lo conosco dagli esordi. A
Pesaro e poi a Vienna ed a Barcellona, ma anche a Milano
abbiamo avuto occasione di chiacchierare. Modesto, gentile,
disponibile, ha concertato sostenendo i cantanti, ma senza
stravolgere, anzi, la partitura. Basti ascoltare "Suoni la
tromba intrepido", il suo perfetto accompagnamento,
entusiasmante. Corretto. Non avrei parole migliori da
scrivere. Singolare, ma bello il finale con una acuto degno
dei migliori mai ascoltati.
Tornando alla Rancatore, perchè non citare un coro esemplare
che precede la sua entrata nel primo atto, cantata con un
languore da soprano lirico puro; perchè non sottolineare il
"Son vergin vezzosa", dove tutti meritano un applauso, a
scena aperta, in piedi.
Alla fine, oltre a dover sottolineare il trionfo, debbo
anche dire che i testimoni all'evento erano commossi. Ripeto
tutti hanno dato ciò che avevano, con generosità e credo che
alcuni se non tutti avessero in mente le immagini della
tragedia che ha colpito questo popolo affamato di cultura,
competente, capace di adorare chi se lo merita e di
accogliere in silenzio chi non lo capisce. (In pochi anni
hanno ricostruito Kobe, distrutta da un terremoto
devastante, ce la faranno anche oggi).
Orchestra superlativa.
Maurizio Dania - settembre 2011