a cura di “Esodati Gruppo IntesaSanpaolo” – gruppo su face book di 950 aderenti

aggiornamento luglio 2014

 

        PROMEMORIA FSI III       

 

 

Sommario:

1. Premessa

2. La necessità di una ragionevole rivisitazione della rappresentanza degli iscritti in quiescenza e della quota annuale di patrimonio alla gestione quiescenti (contributo di Filippo Iasonna)

3. Problematiche del Fondo Sanitario Integrativo: quota aziendale, natura del Fondo e Gestioni separate, inadeguatezza prestazioni per i pensionati (contributo di Diego Scortegagna) 

4. L’addebito della quota aziendale agli esodati ex accordi 2007/2008 in conseguenza del mancato rispetto dell’impegno assunto dalla Banca negli Accordi e la possibilità una rateizzazione a richiesta (contributo di Graziella Boscarol)

5. Il rifiuto del FSI di applicare le condizioni per gli iscritti  in servizio alla figlia di una dipendente per il sopraggiunto pensionamento del coniuge esodato che l’aveva fiscalmente a carico e la mancata previsione di un periodo transitorio per effettuare la variazione dopo le modifiche peggiorative delle condizioni (contributo di Roberto Portoghesi)

6. L’iscritto in pensione può esercitare la facoltà di recesso solo a partire dal 3° anno successivo all’iscrizione alla gestione quiescenti (contributo di Claudio Santoro)

7. Evidenze ed argomenti sul FSI con l’obiettivo di porre gli iscritti in servizio e i pensionati sullo stesso piano in un ottica di solidarietà (contributo di Antonio de Rosa)

8. Conclusioni e prospettive

 

N.d.R.: clicca sui singoli argomenti per visualizzarne i relativi contenuti

 

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1. Premessa

 

Il presente promemoria vuol essere –senza alcuna pretesa di organicità o completezza- uno strumento per avviare il confronto tra tutti i soggetti che intenderanno portare avanti gli interessi di pensionati ed esodati iscritti al Fondo Sanitario Integrativo del Gruppo IntesaSanpaolo.  Il nostro gruppo su Facebook di oltre 900 aderenti < ESODATI GRUPPO INTESASANPAOLO> si propone di incontrare in primo luogo i Consiglieri e Delegati della Lista Pensionati per il Fondo Sanitario e della Lista Falcri-Unisin, che -dopo i  contatti avuti con Sergio Marini ed Elisa Malvezzi- abbiamo sostenuto   in occasione delle elezioni  per il rinnovo degli Organi elettivi. In presenza di conferme sulle posizioni condivise o condivisibili, intenderemmo concordare una linea di azione comune e di qualche efficacia.

Le Gestioni separate degli  iscritti in servizio e dei pensionati

 

Il disegno delle Fonti Istitutive persegue la  “morte annunciata” della gestione quiescenti attraverso una costante e progressiva penalizzazione (minori prestazioni, maggiore contribuzione, azzeramento della quota differita, addebito del disavanzo, ecc.). I risultati di questa politica ormai in atto da anni sono evidenti a tutti. La scelta del modello adottato ha comportato e comporta inevitabilmente conseguenze negative proprio per coloro che, iscritti da decenni, hanno contribuito in massima parte alla creazione delle cospicue riserve contabili. L’ impostazione da prendere a riferimento per il nuovo FSI doveva invece prevedere (come in altre  Casse Sanitarie) un bilancio consolidato – sia pure con separate evidenze contabili – che coniugasse  le  necessarie ragioni di  equilibrio finanziario con una  “giustizia distributiva” più equa. Si rende pertanto necessaria una profonda rivisitazione della materia,  in difetto  non sarà possibile arrestare l’emorraggìa degli iscritti in quiescenza che  vengono di fatto obbligati a non rinnovare l’adesione.

Competenze, prerogative e responsabilità.

Chi come noi ha provato negli ultimi anni ad interpellare Consiglieri e Delegati è rimasto colpito – oltre che da una quasi generalizzata indisponibilità all’interlocuzione con gli  iscritti-   dal ‘rimpallo’ della paternità delle decisioni assunte, decisioni che appaiono in molti casi vessatorie nei confronti di pensionati ed esodati.  L’impressione dei  ‘non addetti ai lavori’ nel leggere Statuto e normative varie del FSI  è quella di una associazione nella quale le decisioni vengono prese  da una entità sovraordinata  mentre gli Organi Sociali (solo in parte elettivi)  vengono chiamati a cose fatte per dare al tutto una parvenza di legalità e di democraticità. Il tutto in presenza di lodevoli ma episodiche eccezioni costituite dalla verbalizzazione del  dissenso  su specifici punti ad iniziativa di pochissimi esponenti. Inutile dire che il quadro rassegnato appare del tutto inadeguato ad un  ente “ privo di fini di lucro,  che dovrebbe operare nell’ambito dei valori mutualistici e di solidarietà sociale” e è per giunta in buona parte finanziato dalla contribuzione degli aderenti, aderenti che hanno poca o nessuna voce in capitolo nelle decisioni.

Su alcuni di questi aspetti è utile la lettura della recente sentenza del  Trib.di Milano -1° Sez.Civ. in data 27/06/2014 (causa promossa da  SERGIO  MARINI e altri, difesi dall’avv. Michele Iacoviello e avv. Silvia Santilli) che costituisce un importante precedente perché condanna il FSI e la Cassa Sanitaria Intesa a ripristinare in capo alla suddetta Cassa Intesa la titolarità del patrimonio associativo risultante dal bilancio di esercizio chiuso alla data del 31/12/2010, statuisce che i poteri attribuiti alle cd “fonti istitutive”  in materia di previdenza complementare ( come i “Fondi Pensione”) non possono essere riconosciuti  alle imprese e alle organizzazioni sindacali con riferimento alle associazioni non riconosciute  che sono stati costituite per erogare prestazioni sanitarie integrative ai dipendenti e agli ex dipendenti  (associazioni che invece devono operare in  conformità del loro atto costitutivo), conferma infine che gli “accordi” fra il Gruppo Bancario e le Organizzazioni Sindacali non possono  modificare l’atto costitutivo dell’associazione,  disporre del suo patrimonio e  determinarne una  causa di scioglimento.

Si espongono di seguito  alcune riflessioni sotto la forma di contributi personali,  riassumendo nell’allegato n.1  alcune delle previsioni statutarie per avere uno schema semplificato di riferimento su  “chi fa cosa,  nell’allegato n.2 alcuni dati tratti dal Bilancio 2013 appena pubblicato sul sito del FSI, nell’allegato n.3 la recente sentenza del Trib di Milano sopra richiamata.

 

2. La necessità di una ragionevole rivisitazione della rappresentanza degli iscritti in quiescenza e della quota annuale di patrimonio alla gestione quiescenti (contributo di Filippo Iasonna).

 

A) Il numero degli iscritti titolari al FSI è di circa 89.600 colleghi (dei quali 68.400 in servizio e 21.100 in quiescenza,  in percentuale rispettivamente del 76% e del 24%).

L’Assemblea dei Delegati è formata da 38 membri ( 18 di nomina aziendale + 20 elettivi), ma  la rappresentanza degli iscritti in quiescenza  è fissata in soli n.2 componenti.

Il Consiglio di Amministrazione è composto da 19 membri (9 di nomina aziendale + 10 elettivi), ma  la rappresentanza degli iscritti in quiescenza  conta un unico componente.

Una ripartizione corretta delle cariche elettive dovrebbe prevedere – nel rispetto del numero degli aderenti a titolo oneroso- solo  15 delegati espressione  degli iscritti in servizio e quantomeno 5 delegati espressione  degli iscritti in servizio sui  20 complessivamente eleggibili, e  rispettivamente 7 consiglieri per i primi e 3 consiglieri per i secondi su  10 complessivamente eleggibili

Su quale criterio invece si fonda l’attuale sperequata rappresentanza? Sul riconoscimento dell’esistenza di una minoranza etnica piuttosto che a quello di una componente di pari dignità ancorchè numericamente inferiore? La previsione è nello Statuto, la sua modifica dovrebbe essere di competenza dell’Assemblea su proposta opportunamente  avanzata dal CdA, salvo il “placet” delle onnipotenti cd. Fonti Istitutive.

 

B) Il patrimonio del nuovo FSI  del Gruppo è stato inizialmente costituito con l’apporto dei patrimoni delle vecchie Casse. Il criterio adottato per la ripartizione tra la Gestione degli iscritti in servizio e la Gestione degli iscritti in quiescenza è stato quello del numero degli attivi e dei pensionati aderenti.  La ripartizione del patrimonio è stata conseguenza della scelta scellerata di avere due gestioni finanziarie separate e non siamo a conoscenza dei  coefficienti correttivi eventualmente apportati a tale imputazione. Le diversità esistenti tra le varie Casse unificate e tra i loro aderenti  (per consistenza patrimoniale,   storicità contributiva, prestazioni etc.) avrebbero piuttosto suggerito l’azzeramento patrimoniale degli Enti dismessi ed il relativo ‘zainettamento’ a favore degli aderenti per poi far ripartire ex novo il nuovo Fondo con una dotazione iniziale. Ma quanto avvenuto è un dato di fatto e qui viene in considerazione la previsione dell’art.25 comma 5 sul trasferimento annuale alla gestione quiescenti di una quota proporzionale di patrimonio in base al numero degli iscritti in servizio che chiedono di mantenere l’iscrizione al FSI al momento del raggiungimento del diritto a pensione.  Le perplessità su questa previsione sono forti e di duplice ordine: a) la norma comporta indirettamente che, in  caso di mancato  rinnovo da parte del neo-pensionato,  la sua “quota di riserva” rimanga acquisita alla gestione iscritti in servizio; b) la ripartizione teorica della quote è stata probabilmente fatta in base ad un dato puramente numerico (che equiparando tutti gli aderenti penalizza fortemente coloro che hanno alle spalle decenni di contribuzione rispetto a quanti ne hanno ben pochi).

Perché la previsione statutaria è stata formulata in questo modo? Perché invece non attribuire anche la quota di riserva di coloro che non hanno confermato l’iscrizione da neo-pensionati alla gestione quiescenti (visto che lo status giuridico al momento del mancato rinnovo non è più quello del dipendente “in servizio”)? O in subordine perché non attribuire anche detta quota (al netto delle conferme) quantomeno con lo stesso criterio numerico adottato a suo tempo per la ripartizione iniziale del patrimonio? Tralasciamo ogni considerazione sull’opportunità che i  fini solidaristici ne avrebbero suggerito l’attribuzione alla gestione che più “meritava” e maggiormente avrebbe avuto necessità di quegli apporti: quella degli iscritti in quiescenza.

Visto che così non è, si rende necessario un riesame delle conseguenze finanziarie dell’applicazione della norma in questione a mezzo di una simulazione in base a dati ufficiali sui mancati rinnovi degli ultimi anni (suddivisi in tre macrocategorie :in costanza di servizio, in costanza di pensionamento, al momento del passaggio in pensione dopo esodo o fine servizio). E’ molto probabile che tali mancati rinnovi siano quasi totalmente riconducibili  al  pensionamento (a causa dell’eccessiva onerosità della contribuzione in valore assoluto sul minor reddito lordo da esodati/pensionati e dall’incidenza percentualmente abnorme della stessa sul reddito netto, dalla falcidia delle prestazioni erogate, infine dall’atteggiamento punitivo nei confronti degli esodati ex accordi 2007/2008 obbligati dall’illegittimo rifiuto della Banca di pagare la quota  di loro competenza in unica soluzione  proprio nel momento del  “vuoto reddituale”). I dati ufficiali non hanno bisogno di commenti: dal Bilancio 2013 risulta un  tasso di mancata conferma dell’iscrizione all’atto del pensionamento nel 2013 pari al 34,3%) con un tasso di abbandono degli iscritti in esodo (con onere a proprio carico della quota di contribuzione aziendale relativamente all’esercizio non coperto dal Fondo di Solidarietà) pari al 21,6%, con un trend che esplode nel primo quadrimestre del 2014.

Inoltre il  CdA dovrebbe aver diritto statutariamente ad ottenere i dati ufficiali disaggregati  sui  mancati rinnovi degli ultimi anni e la relativa quantificazione monetaria dei trasferimenti inter-sezioni; l’Assemblea dei Delegati dovrebbe avere ampia competenza per deliberare su tutti gli argomenti attinenti la gestione del “Fondo Sanitario” in quanto riservati alla sua competenza dallo Statuto o sottoposti al suo esame dal Consiglio di Amministrazione;  o le cd. Fonti Istitutive hanno forse prerogative anche sul patrimonio versato dagli aderenti?

Viene in considerazione un primo  corollario a quanto sopra:  stante il riversamento  alla gestione iscritti in quiescenza   previsto al comma 4 dell’art. 25 e la previsione dell’equilibrio annuale autonomo delle separate gestioni,  si provi a comparare l’importo dei riversamenti annuali effettuati dal 2011 in poi con gli importi dei trasferimenti annuali delle quote di riserva alla gestione quiescenti (effettuati in ragione dei rinnovi di adesione all’atto del pensionamento) e –soprattutto- con gli importi delle quote ideali di riserva “confermate” in capo alla gestione in servizio in ragione dei mancati rinnovi all’atto del pensionamento.  Il dubbio legittimo che si nutre è che la finalità solidaristica di tali riversamenti annuali risulti  molto affievolita dalla comparazione in parola,  qualora non risulti addirittura “pagata” a spese degli stessi sodàli “beneficiati”.

Viene in considerazione come secondo  corollario a quanto sopra la responsabilità di carattere patrimoniale del Consiglio di Amministrazione e del  Direttore (anche successivamente alla cessazione del mandato) per fatti od atti relativi all'esercizio del mandato medesimo come prevista all’art. 32. Laddove nelle decisioni relative ai criteri di attribuzione delle quote patrimoniali iniziali o di riserva fosse individuabile un arbitrio a danno di una parte degli aderenti ed un indebito arricchimento a favore di un’altra parte si configurerebbe una fattispecie patrimonialmente e forse anche penalmente rilevante.

Non sarebbe quindi più ragionevole prospettare una rivisitazione degli aspetti che si prestano a controversia e/o quantomeno  una inequivocabile presa di distanza da tali decisioni  in ipotesi  censurabili piuttosto che il ricorso ad esposti all’autorità di Vigilanza o ad azioni giudiziarie?

 

 

3. Problematiche del Fondo Sanitario Integrativo: quota aziendale, natura del Fondo e Gestioni separate, inadeguatezza prestazioni per i pensionati (contributo di Diego Scortegagna).

 

CONTRIBUZIONE POSTA A CARICO DEGLI ISCRITTI IN ESODO NEL PERIODO DI VUOTO REDDITUALE DERIVANTE DALLA RIFORMA TREMONTI DEL 2010

 

Il contributo di cui al successivo punto 4. bene illustra la situazione.

Resta la sensazione che l’obiettivo finale della decisione sia quello di indurre molti prossimi pensionati, categoria ancora sgradita ancorchè fortemente penalizzata, sotto il duplice profilo contribuzione/prestazioni, dalle più recenti modifiche regolamentari, ad uscire, rinunciando per sempre alle prestazioni e lasciando così al patrimonio del fondo stesso tutta la contribuzione accumulata in tanti anni di servizio, il più delle volte molto inferiore ai benefici effettivamente goduti.

Aldilà del fatto che non è oggettivamente pensabile che il mercato delle assicurazioni private possa offrire, ad una persona di una certa età, prestazioni analoghe a quelle attuali, e pur fortemente penalizzate, ancora garantite dal fondo, Personalmente ritengo che il recesso sia comunque da evitare proprio per non gettare al vento questi “zainetti” che, nel caso di colleghi in esodo, migreranno alla gestione quiescenti proprio all’atto del pensionamento.

 

NATURA DEL FONDO E LEGITTIMITA’ DELLA SEPARAZIONE DELLE DUE GESTIONI

Con l’adozione delle due gestioni distinte, ci si trova incredibilmente in presenza di una gestione largamente attiva ed una, pure lo ripetiamo in presenza di pesanti penalizzazioni in tema di contribuzione e prestazioni, passiva, bisognosa di continui rifinanziamenti, nonostante i quali le riserve accumulate tendono purtroppo ad estinguersi, sia pur lentamente.

Appare allora appare quasi offensiva la decisione di porre pro quota a carico delle due gestioni, in base all’effettivo utilizzo, il costo della campagna di prevenzione cardiovascolare.

Infatti una una siffatta operazione è destinata ad un’utenza di età relativamente bassa, caratteristica senza dubbio di personale ancora in servizio, mentre ai pensionati può essere più spesso associata la cosiddetta prevenzione secondaria, quella – per intenderci – che riguarda chi ha già sofferto di eventi cardiaci maggiori.

In quest’ambito, ancora una volta, sembrano emergere polemiche non sempre sostanziali tra questa e quella rappresentanza.

Ci sentiamo di dire che la strada intrapresa dal fondo sembra purtroppo senza ritorno, ma se non sarà possibile il ritorno ad una gestione unica, in base ad elementari considerazioni sulla natura prevalentemente solidaristica del fondo sanitario, così com’era concepito ad esempio ai tempi della Casdic Comit, pretendiamo dai nostri rappresentanti almeno compattezza in un’azione tesa a difendere per quanto possibile gli interessi dei pensionati, certo non a scapito degli attivi, ma a frenare gli eccessi di liquidità francamente inutile ad alcuno, se non ad interessi di terzi soggetti o, forse, di parte degli amministratori.

 

INADEGUATEZZA DELLE PRESTAZIONI PENSIONATI IN RAPPORTO A  ONERI SEMPRE MAGGIORI

L’impostazione delle varie casse sanitarie è sempre stata orientata ad offrire una copertura integrativa per assistenza di routine, prevalentemente correlata ad interventi chirurgici o ad alta diagnostica, ma soprattutto per dare concreto sostegno in situazioni di estrema gravità, nelle quali il SSN non prestasse adeguata copertura o fosse necessario ricorrere ad entità – in Italia o all’estero – estranee allo stesso.

Pur tuttavia in determinate regioni, ove il SSN non offriva un servizio accettabile, in alcuni strati sociali e in particolari tipi di patologie o interventi (parto, parto cesareo, chirurgia oculistica) di essa si è molto spesso abusato, gravandola di costi che una più attenta ed equilibrata taratura delle prestazioni avrebbe consentito di risparmiare.

Il fenomeno è molto diffuso a prescindere dall’età o dallo status degli assicurati, e certo in quest’ambito i pensionati non sono certo esenti da colpe. Esso si è peraltro accentuato negli ultimi anni in funzione dell’effetto combinato di due tendenze:

  

SE SIANO LEGITTIME ALCUNE STORTURE DEL SISTEMA

Quelle che precedono sono soltanto alcune delle storture che emergono da segnalazioni ricevute o, più semplicemente, dalla lettura – sempre più sconcertante – delle novità che il fondo ci riserva di anno in anno.

 

Pensiamo per un attimo, magari facendo due conti, al figlio giovane e a carico, oppure convivente non a carico, di una vedova con pensione di reversibilità di un QD4 di livello medio alto e paragonatelo con il coetaneo figlio di un collega in servizio. Si tratta di due giovani adulti con livelli di morbilità probabilmente simili, che sopportano però dei costi enormemente diversi. Ebbene, quand’anche si vogliano fare – sbagliando nel principio – dei meri calcoli di tipo assicurativo/statistico, per giustificare certe prese di posizione, lo si faccia allora a 360° e con cognizione di causa.

 

Invece di difendere con motivazioni discutibili queste ed altre penalizzazioni pesanti ed indiscriminate, si sarebbero potuti prendere in considerazione interventi diversi, e potrebbero esserlo ancora (volendo, anche restando nell’ambito della categoria dei quiescenti) orientati a limitare sprechi ed abusi.

 

A titolo puramente esemplificativo sarebbe interessante capire quale può essere, per un iscritto in servizio, la discriminante nella scelta di usufruire di un intervento chirurgico “medio” in una struttura privata anziché in un ospedale pubblico, se non la necessità di poter ottenere la prestazione con urgenza (quando urgenza ci sia davvero) e quella generica, e vi assicuriamo anche generalizzata, di ottenere un trattamento maggiormente “prestigioso” ed esclusivo, corroborato dalla tranquillità che “tanto paga tutto la banca”. Con il risultato, a sostanziale parità di prestazioni,  di gravare il fondo con pesanti oneri diretti, anziché con quelli rivenienti da una decorosa ed accettabile diaria da ricovero.

 

 

4. L’addebito della quota aziendale agli esodati ex accordi 2007/2008 in conseguenza del mancato rispetto dell’impegno assunto dalla Banca negli Accordi e la possibilità una rateizzazione a richiesta (contributo di Graziella Boscarol).

 

FONDO SANITARIO INTEGRATIVO QUOTA BANCA A CARICO DELL’ISCRITTO Premetto che la mia situazione in esodo prevede un periodo di mancata retribuzione collocata fra due anni solari e a febbraio del 2013, non riscontrando alcuna normativa sull’argomento sul sito del FSI, ho inviato una specifica richiesta personalizzata a mezzo A.R. a tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione e al Direttore invitando tra l’altro a riportare la situazione in parola sul regolamento del sito. Ho ricevuto una risposta solo da quest’ultimo a distanza di ca.un mese, cioè il 5 marzo 2013 con la quale venivo informata che la Banca avrebbe provveduto a corrispondere la quota solo per l’anno in cui mi sarei trovata ad uscire dal Fondo mentre per l’anno successivo entrambe le quote sarebbero state poste a mio carico. Nella stessa data, cioè il 5.3.2013, l’informativa del sito veniva implementata anche con questa informazione. Nei primi mesi dell’anno corrente ricevevo una lettera con cui venivo ulteriormente informata che la quota Banca sarebbe stata a mio carico e confermato l’importo della stessa in € 957,81. Ho inviato una email chiedendo la possibilità di rateizzare detto importo trovandomi nella nota situazione di mancanza di reddito, la prima risposta mi informava che la mia richiesta era stata inoltrata a chi di competenza. A distanza di alcune settimane, non avendo ricevuto ancora alcun riscontro, ho provveduto ad inoltrare un’ulteriore mail al Direttore Mauro Berardinelli e nell’arco temporale di pochi giorni ricevo una telefonata con la quale mi informavano che la mia proposta era stata accettata con una rateizzazione mensile da aprile a settembre 2014. Successivamente mi veniva inoltrata una mail a conferma di quanto sopra.

 

 

5. Il rifiuto del FSI di applicare le condizioni per gli iscritti  in servizio alla figlia di una dipendente per il sopraggiunto pensionamento del coniuge esodato che l’aveva a carico e la mancata previsione di un periodo transitorio per effettuare la variazione dopo le modifiche peggiorative delle condizioni (contributo di Roberto Portoghesi ).

 

Allego la email inerenti la questione dello spostamento della posizione di un famigliare da iscritto a iscritto.

 

- Da: PICCOLOMO EVA Inviato: martedì 11 febbraio 2014 10:48 A: Anagrafe Fondo Sanitario Integrativo Intesasanpaolo Oggetto: Richiesta informazioni per variazione iscrizione familiare Buongiorno, sono una dipendente in servizio di Intesa Sanpaolo iscritta al Fondo. Vi scrivo per una informazione operativa e premetto quanto segue: - Mio marito Roberto Portoghesi è anche lui iscritto al Fondo, attualmente in esodo e nel corso dell’anno 2014 assumerà la qualifica di pensionato passando quindi alla gestione “iscritti in quiescenza”; - Nostra figlia Francesca Portoghesi, che domani diventa maggiorenne e per la quale vi stiamo inoltrando la “Dichiarazione di consenso” per continuare ad usufruire delle prestazioni, è attualmente collegata alla posizione di mio marito; - Con il passaggio di quest’ultimo alla gestione “iscritti in quiescenza”, per le novità contenute nelle “Regole in materia di Assistenza Sanitaria Integrativa” del Fondo pubblicate in Gennaio, la contribuzione dovuta per nostra figlia passerebbe dall’attuale 0,10% della retribuzione allo 0,30%. La mia richiesta è, quindi, di scollegare nostra figlia Francesca dalla posizione di mio marito e di collegarla alla mia posizione, per continuare ad usufruire delle condizioni più favorevoli a cui ho diritto in quanto dipendente in servizio; finora avevamo mantenuto la situazione com’era poiché la contribuzione dovuta era la medesima. Come devo procedere operativamente? Spero di essermi spiegata, ho provato a contattarvi telefonicamente ma senza successo… Grazie, rimango in attesa di un vostro riscontro. Cordiali saluti.

 

- Da: De Luca Federica Per conto di Anagrafe Fondo Sanitario Integrativo Intesasanpaolo Inviato: giovedì 13 febbraio 2014 16.05 A: PICCOLOMO EVA Oggetto: R: Richiesta informazioni per variazione iscrizione familiare Gentile iscritta, la presente per informarla che il contribuito per Sua figlia Francesca è attualmente lo 0.10% (e non lo 0.30%) calcolato sull’ultima Ral del Sig. Roberto Portoghesi; una volta entrato in pensione, in caso di adesione, il contributo per il familiare passera al 0.25% calcolato sull’importo lorda annuale della pensione. Ai sensi dell’Art. 5 comma 7 dello Statuto non è possibile procedere a trasferimenti di posizione. Grazie Cordiali saluti

 

- Da: PICCOLOMO EVA Inviato: lunedì 17 febbraio 2014 17:03 A: Anagrafe Fondo Sanitario Integrativo Intesasanpaolo Cc: SERVIZIOISCRITTI Oggetto: R: Richiesta informazioni per variazione iscrizione familiare Buonasera, ringrazio per la sollecita risposta (e anche per la precisazione sulla contribuzione futura, avevo letto la riga sbagliata), ma ritorno sull’argomento della variazione iscrizione familiare, anche se avevo già preso visione dello Statuto e di quanto previsto dall’Articolo 5 Comma 7. Ricordavo infatti, e ne ho avuto conferma ritrovando la mail del 7 dicembre 2010 che allego, che all’atto del passaggio dalla “Cassa di Assistenza Sanpaolo Imi” al “Fondo” fu dato agli iscritti un congruo lasso di tempo (dal 9 dicembre 2010 al 30 aprile 2011) per effettuare variazioni alla composizione dei beneficiari nucleo familiare; e questo nonostante non ci fossero all’epoca differenze tra la contribuzione dovuta per i familiari dagli iscritti in servizio e quella dovuta dagli iscritti in quiescenza, motivo per cui io e mio marito ritenemmo di lasciare invariata la situazione non potendo prevedere la successiva evoluzione. Ora, invece, pur prevedendo l’Accordo del 19 settembre 2013 un peggioramento delle condizioni riservate agli iscritti in quiescenza (contribuzione dovuta per il familiare che passa dallo 0,10% allo 0,25%) non viene data a chi, come noi, ha due distinte posizioni presso il Fondo la possibilità di effettuare alcuna variazione. Si crea, ne converrete, una situazione alquanto paradossale e ingiusta per cui per mia figlia, che senza ombra di dubbio ha diritto ancora per qualche anno alle condizioni riservate ai familiari dei dipendenti in servizio, ci troveremo a dover pagare una contribuzione maggiore e con prestazioni ridotte. Possibile che non esista alcun sistema per sanare questa che io considero una anomalia? Vi ringrazio fin d’ora per quanto potrete fare e rimango in attesa di un Vostro cortese riscontro.

 

- Da: De Luca Federica Per conto di Anagrafe Fondo Sanitario Integrativo Intesasanpaolo Inviato: mercoledì 19 febbraio 2014 13.42 A: PICCOLOMO EVA Oggetto: R: Richiesta informazioni per variazione iscrizione familiare. Gentile iscritta, si conferma che ai sensi dell’Art. 5 comma 7 non è possibile accogliere la Sua richiesta. Grazie Cordiali saluti

 

 

6. L’iscritto in pensione può esercitare la facoltà di recesso solo a partire dal 3° anno successivo all’iscrizione alla gestione quiescenti (contributo di Claudio Santoro).

 

Che il FSI abbia a cuore la sorte dei suoi iscritti che diventano pensionati è testimoniato anche da un aspetto certamente minore, ma sintomatico.

Al momento della cessazione del servizio (o della fine dell’esodo) l’iscritto ha quattro mesi di tempo per decidere se vuole rimanere nel FSI, ovviamente alle nuove condizioni di quiescente/pensionato, come noto decisamente più onerose per lui e i suoi familiari. Il FSI invia i moduli necessari fra i quali spicca anche la domanda di recesso dall’iscrizione. Si tratta di un lapsus freudiano, di un eccesso di zelo nel rendere il servizio, di un recondito desiderio? Certo è che per il Fondo sarebbe bello che l’iscritto, dopo decenni di versamenti personali e dell’Azienda, in età dove si ha un bisogno limitato di ricorrere a cure mediche o di subire interventi chirurgici, una volta raggiunta la pensione e un’età dove questi bisogni aumentano….... togliesse il disturbo. Lo “zainetto” accumulato a suo nome nel corso degli anni sarebbe un guadagno netto per la Cassa sanitaria.

Ma noi non vogliamo pensar male e, quindi, decidiamo di aderire al Fondo nella nuova veste di pensionati.

Ma se ci venisse un ripensamento o ci accorgessimo che le condizioni in quiescenza sono per noi troppo onerose?

Bene, “la facoltà di recesso potrà essere esercitata unicamente a partire dal 31 dicembre del terzo anno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro”.

Insomma, caro pensionato, stai attento a voler rimanere iscritto, perché qualora cambiassi idea, di recesso se ne parla solo dopo tre anni!

 

 

7. Evidenze ed argomenti sul FSI con l’obiettivo di porre gli iscritti in servizio e i pensionati sullo stesso piano in un ottica di solidarietà (contributo di Antonio de Rosa).

 

Gestioni separate iscritti in servizio e pensionati

E' il fattore fondamentale da cui dipendono tutte le variazioni peggiorative applicate alla sola categoria dei pensionati (diminuzione delle prestazioni, aumento delle contribuzioni, annullamento della quota differita, addebito del disavanzo, ecc.) ed è in palese contrasto con l'art 2 dello statuto e cioè che il FSI agisce "nell'ambito dei valori mutualistici e di solidarietà sociale". Le norme della Cassa Sanitaria Intesa non avevano questa distinzione ed una delle ragioni dell'iniziativa giudiziaria contro lo scioglimento di quest'ultima era proprio la condizione peggiorativa degli iscritti in pensione nel nuovo FSI.

Non è pensabile non considerare il modello organizzativo del FSI finalizzato all'eliminazione della categoria dei pensionati, infatti era più che scontato già nella fase d'impianto del Fondo che la gestione "pensionati" avrebbe chiuso sistematicamente i bilanci in rosso ed i giri contabili dalla gestione "in servizio" a copertura parziale dei disavanzi, ancorché recentemente aumentati, del tutto insufficienti. Fattori che poi hanno successivamente determinato l'aumento spropositato delle contribuzioni del pensionato (moglie e due figli a carico 3,75% della pensione lorda contro l'1% dell'iscritto in servizio) oltre alle diminuzioni delle prestazioni oltretutto con il bilancio complessivo attivo. La conferma dell'annientamento della categoria pensionati la si può trovare nella percentuale dei mancati rinnovi del personale collocato in quiescenza nel 2013 che è 34,3%. Un dato estremamente significativo perché il pensionato, nonostante abbia più necessità delle prestazioni del Fondo Sanitario, in relazione all'onerosità della contribuzione decide di non rinnovare l'iscrizione. Appare comunque doveroso evidenziare, ancorché ovvio, che mentre la percentuale di contribuzione (3% più 0,25% per ogni familiare) è calcolata sul lordo della pensione, l'incidenza ricade poi sul netto in busta con un effetto superiore al 5% ! Pertanto la contribuzione assume un peso decisamente poco sostenibile per il pensionato che, considerato anche il minor importo della pensione rispetto allo stipendio, lo induce ad non rinnovare l'iscrizione al Fondo Sanitario. Peraltro una percentuale così alta di abbandono dovrebbe essere per le OOSS un allarme tale da intervenire immediatamente poiché certamente qualcosa non sta funzionando. L'indifferenza a tale indicatore induce a ritenere che la volontà di escludere i pensionati dal Fondo sia condivisa in modo concreto dalle Sigle sindacali.

La solidarietà quindi è nei fatti solo teoria.

E' necessario ancora evidenziare che la paternità delle due gestioni con le relative conseguenze, và attribuita principalmente alle OO.SS. che hanno curato in modo esclusivo unicamente gli interessi degli iscritti in servizio.

 

Poteri del C.d.A. e rappresentanza degli iscritti

Lo statuto non prevede per il C.d.A. alcun potere sulle scelte economiche per il raggiungimento dell'oggetto sociale del FSI. Situazione unica ed incredibile che non trova eguali in altri Enti/Società/Organizzazione. Il fatto poi che tali poteri sono demandati alle Fonti Istitutive (Azienda e OO.SS.) conferma la quasi assoluta inutilità dell'Organo per la gestione del Fondo. In sintesi è da considerarsi solo di facciata.

Le regole statutarie stabiliscono per gli iscritti in quiescenza un solo Consigliere nel CdA su 19 (9 sono riservati agli iscritti in servizio) e 2 nel Consiglio direttivo su 38 (18 per "in servizio"), i rimanenti sono di nomina aziendale. Considerato che all'attualità il numero degli aderenti in quiescenza sono ca il 25% del totale, percentuale peraltro destinata ad aumentare, appare veramente singolare la presenza quasi nulla dei rappresentanti dei pensionati negli Organi del Fondo è ciò va inquadrato oggettivamente come un ulteriore tassello alla subdola volontà di eliminare la categoria dei pensionati.

 

Riserve

Il patrimonio dell'iscritto che aderisce al FSI in qualità di pensionato viene girato dalla gestione "in servizio" a quella dei "quiescenti" (art. 25 comma 5). Mentre in caso di mancata adesione le relative riserve rimangono alla gestione degli iscritti in servizio.

La logica vorrebbe che il patrimonio del neo pensionato, indipendentemente dalla decisione di quest'ultimo di confermare o meno l'iscrizione, venisse comunque girato alla gestione "quiescenti"

 

Addebito agli esodati della quota Aziendale di 950,00 euro

Tutti i tentativi per evitare l'addebito delle 950,00 euro di competenza aziendale agli esodati sono andati a vuoto o meglio i rappresentanti dei lavoratori (ad esclusione della Falcri) non solo non hanno considerato l'argomento come degno di attenzione ma addirittura hanno sottoscritto un accordo con l'Azienda che ha certificato l'addebito. Addebito che peraltro viene imputato in un unica soluzione salvo alcune eccezioni di rateizzazioni concesse non si sa con quali criteri.

 

Conclusioni

L'obiettivo è variare l'attuale assetto organizzativo, cioè riequilibrare il tutto in funzione della solidarietà ponendo sullo stesso piano chi è in servizio e i pensionati. Per fare ciò occorre modificare lo statuto

Avendo presente che l'art. 16 comma 6 dello statuto stabilisce che l'Assemblea dei Delegati si riunisce "per deliberare a maggioranza assoluta le modifiche dello statuto e a maggioranza qualificata di 3/4 per lo scioglimento del fondo sanitario stesso", sarebbe auspicabile che, chi ha una carica elettiva negli organi societari, trovi la strada per una convocazione dell'Assemblea dei Delegati finalizzata alla modifica dello statuto e ciò indipendentemente dall'esito.

 

Per quanto riguarda i consiglieri Malvezzi e Baroni, essi,nell'ambito della propria attività, a mio parere dovrebbero rendere pubblici gli accordi dell'Azienda con le OOSS sul FSI e qualsiasi altro provvedimento non coerenti con l'art 2 dello statuto e cioè che il FSI agisce "nell'ambito dei valori mutualistici e di solidarietà sociale", dopo aver ovviamente fatto verbalizzare il loro dissenso.

 

La Falcri, unica sigla sindacale (se si esclude Cub SALLCA), che ha mostrato un atteggiamento di apertura verso i pensionati e di cui abbiamo sostenuto i candidati (la Sig. Malvezzi), dovrebbe chiamare in causa le altre OO.SS. in termini formali per un intesa finalizzata a modificare lo statuto.

 

Note sulle modifiche dello statuto

Con riferimento all'accordo del 13/09/2013 con il quale è stato approvato il nuovo statuto e il nuovo regolamento in vigore dal 1/1/2014 rilevo:

-  tale accordo stranamente non risulta tra i documenti messi a disposizione sul sito FSI

- non c'è alcun riferimento al verbale dell'Assemblea dei Delegati che avrebbe dovuto necessariamente approvare il nuovo statuto così come previsto dall'art. 16 comma 6, poiché salvo errori o sviste, parrebbe l'unico Organo legittimato ad apportare modifiche allo stesso (il CdA può modificare lo statuto solo in funzione alle modifiche legislative).

 

 

8. CONCLUSIONI E PROSPETTIVE

 

In linea generale l’atteggiamento del sindacato aziendale nei confronti  degli esodati (una volta risolto il rapporto di lavoro con l’Azienda) è stato improntato a scarso interesse se non a malcelata ostilità, questo in particolare rispetto alle gravi problematiche insorte per gli esodati  ante 2010 in base agli Accordi 2007/2008.

E’ comunque un dato di fatto che il fenomeno degli  esodati continuerà a connotare almeno il decennio in corso, se non ad assurgere a fenomeno strutturale del  quadro economico-sociale per diversi anni a venire.  Alle categorie tradizionali di lavoratore in servizio e pensionato si sono aggiunte svariate migliaia di ex dipendenti che non sono più legati da un rapporto di lavoro ma non ancora pensionati. Uno status che ha alcune caratteristiche in comune con le preesistenti categorie ma anche peculiarità specifiche che finora sono state etichettate come “transitorie” e che come tali si preferiva ritenere che avrebbero trovato una soluzione con il semplice trascorrere del tempo. Tale lettura sindacale è secondo noi assolutamente miope e nasce da una incapacità di valutare le implicazioni del fenomeno,  a meno che non sia stata consapevolmente adottata in base ad altri interessi. 

Sta di fatto che nei prossimi anni il rapporto numerico tra dipendenti in servizio e quiescenti è destinato a subire nell’ambito del  FSI ulteriori modifiche a favore dei secondi: la lettura di questo  trend è incontrovertibile. Il fenomeno della decrescita degli iscritti in servizio e dell’ incremento dei quiescenti trova conferma nei dati rassegnati dal Bilancio al 31/12/2013 ( rispettivamente nell’ordine del -1,61% e del +3,53%), ancorchè severamente  “mitigato” da un altissimo tasso di mancata conferma delle adesioni da parte dei neo-pensionati (34,3%) e dall’imponente tasso di abbandono  degli iscritti in esodo con onere a proprio carico della quota di contribuzione aziendale relativamente all’esercizio non coperto dal Fondo di Solidarietà (21,6%).

Di converso gli esodati – la cui attenzione è stata finora completamente assorbita dal raggiungimento della salvaguardia pensionistica prima e dalla copertura economica del posticipo delle decorrenze poi -  non hanno finora riservato la dovuta attenzione a quanto il FSI sia importante e fondamentale per il loro welfare (probabilmente è secondo solo alla pensione A.G.O. e forse ai Fondi Integrativi Pensionistici). Sfugge ai colleghi oggi in esodo la consapevolezza del fatto che l’esodato sarà nel breve volgere di alcuni mesi o di qualche anno un pensionato e che pertanto dovrebbero  avere tutto l’interesse a mantenere una copertura sanitaria integrativa ed a contrastare in ogni modo possibile la deriva sfascista adottata dalle cd. Fonti Istitutive nei confronti Gestione Quiescenti.

Avuto riguardo a quanto sopra, la linea di azione da adottare in prosieguo non può prescindere da:

- approfondire l’esame della coerenza del FSI alle norme di legge, affermare i  poteri del CdA e dell’Assemblea dei Delegati oggi espropriati dalle cd. Fonti Istitutive, proporre le opportune modifiche allo Statuto;

- ricercare ogni possibile intesa su temi condivisi tra esponenti di varia provenienza all’interno degli Organi Sociali, far verbalizzare sistematicamente il dissenso, pubblicizzare periodicamente e puntualmente i resoconti analitici di quanto viene discusso e deliberato in CdA e Assemblea dei Delegati;

 - ottenere il “diritto di accesso” degli aderenti al Fondo alle delibere in una ottica di piena trasparenza, pubblicare on-line i predetti documenti con indicazione dei votanti (a favore, contrari ed astenuti) per una assunzione di responsabilità oggi difficilmente individuabile visto il frequente “disconoscimento di paternità” delle decisioni più discriminatorie, mettere a disposizione comunicati periodici corredati da analisi e dati disaggregati sull’andamento di contribuzioni e rimborsi, dare diffusione di quanto sopra su più siti sindacali e sulle pagine internet delle Associazioni dei Pensionati e sui  Gruppi degli esodati presenti sui social network;

- contribuire alla consapevolezza nei tanti colleghi in esodo  (equiparati oggi per contribuzione e prestazioni agli iscritti in servizio) che nel volgere di qualche mese o di pochi anni saranno inevitabilmente “iscritti alla Gestione Quiescenti” e che quindi hanno un interesse attuale e diretto al mantenimento del FSI che costituisce un elemento fondamentale del welfare delle loro famiglie;

 - coniugare in definitiva l’informazione puntuale agli iscritti con l’impegno a ricercare ogni possibile convergenza con altre sigle ed associazioni anche su singoli aspetti parziali, coscienti del fatto che la semplice  verbalizzazione del dissenso  è solo un primo passo che per avere una qualche efficacia dovrà ed in futuro essere espressa da più componenti degli Organi Sociali e soprattutto seguita da iniziative coerenti. 

Il primo  punto che meriterebbe l’attenzione di una denuncia circostanziata è forse quello dei  mancati rinnovi delle adesioni, analizzato alla luce di dati pluriennali attendibili e da rendere pubblico  con opportune considerazioni ed una puntuale presa di posizione. Il disinteresse nei confronti di un fenomeno che ha caratteristiche  assolutamente anomale (la riduzione della base sociale e l’ abbandono avviene da parte degli aderenti che per ragioni anagrafiche sono quelli maggiormente sono interessati alle prestazioni) è il sintomo di una gestione inappropriata nel migliore dei casi, nel peggiore di un disegno finalizzato consapevolmente alla espulsione dei quiescenti che esige spiegazioni  e giustificazione della sua legittimità.

Altri punti non sono certo  da meno per interesse ed importanza: il trasferimento annuale della quota di riserva, la rappresentanza negli Organi Sociali dei quiescenti, il livello della contribuzione prevista per i quiescenti (per un pensionato con moglie e due figli a carico risulta una spesa difficilmente sostenibile se consideriamo l’incidenza effettiva sul reddito familiare netto), etc. etc.

 

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ESODATI GRUPPO INTESASANPAOLO – gruppo su Facebook di oltre 900 esodati  -  si rivolge pertanto ai candidati che ha sostenuto nelle recenti elezioni chiedendo loro un concreto impegno perché  venga posto immediatamente un freno all’attuale deriva che porterà inevitabilmente all’azzeramento della gestione quiescenti del FSI nel volgere di un arco temporale assai breve.

Il Gruppo conferma inoltre la propria disponibilità ad impegnarsi  nel pubblicizzare e sostenere chi vorrà raccogliere l’invito al di là di ogni distinzione di sigla ed a sostenere le opportune iniziative a supporto delle azioni che i componenti del CdA e dell’Assemblea dei Delegati vorranno intraprendere  a difesa degli interessi dei esodati e pensionati aderenti al FSI.

Grazie per l’attenzione.

 

 

ESODATI GRUPPO INTESASANPAOLO (Luglio 2014)

 

 

 

 

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Piazza Scala - agosto 2014