Voler ricordare oggi  questo prete ai  milanesi che, per la gran parte, ne ignorano l’esistenza o che, al più, ne hanno sentito parlare come di una figura  leggendaria, sembra quasi un discorso fuori luogo e fuori tempo. Eppure questo prete scomodo, questo guaritore- sciamano, santo- stregone, veggente o ciarlatano (come fu anche definito dalla medicina ufficiale),  è realmente esistito e si chiamò DON GIUSEPPE GERVASINI

Fu circondato da questa fama un po’ ambigua di prete anomalo e irregolare,  ma è altrettanto certo che  nei quarant’anni che visse e operò a Milano (dal 1901 al 1941), in diverse collocazioni, Don Giuseppe diventò un sicuro riferimento per tutti quelli che avevano bisogno di cure dell’anima o del corpo. Davanti alla sua casa sostava una folla in attesa dei suoi consigli, dei suoi medicamenti e anche della sua carità, in quegli anni di grande miseria: egli, infatti, senza possedere nulla, aveva sempre pronto per i poveri una zuppa calda e un pezzo di pane. Tutto quello che riusciva ad ottenere dai benefattori che ricorrevano alle sue cure, lo destinava ai poveri.

Non aveva fatto studi di medicina, ma conosceva l’efficacia delle erbe, aveva un occhio clinico  e sapeva fare la diagnosi infallibile di ogni male, dava la cura e non sbagliava un colpo. Le sue prescrizioni  erano spesso strane, oltre ai decotti di erbe, poteva esserci della frutta marcia, croste di gorgonzola, pula di fieno, spalmature di stallatico e impiastri vari, e, in certi casi, assestava anche dei sonori schiaffoni. Anche questo era un intervento terapeutico: una frustata, uno schiaffo psicologico, più utile a volte di tanti discorsi. Egli sosteneva che le malattie avevano la loro radice nello spirito: “a che cosa serve curare un corpo, se non viene curato e vinto il male dell’anima ?”

Uomo robusto di stazza, aveva un carattere burbero, scontroso, lunatico, a volte era molto rude con chi si recava da lui con poca fiducia e veniva scacciato e investito di parolacce di fuoco (parlava sempre in dialetto e il suo eloquio non era sempre quello di un prete), seguite però da un cenno di benedizione. Anche a causa di queste sue intemperanze,  oltre che delle molte maldicenze e lamentele, fu sospeso dalle funzioni sacerdotali e confinato a RETENATE (un paesino a est di Milano, dal quale gli derivò poi il soprannome di Pret de Ratanà), ma fu in seguito reintegrato, pare per intercessione del Cardinal Schuster che, si dice, fosse uno dei beneficati del prete.

Ritornato a Milano nel 1901 passò di continuo da un incarico all’altro (fu anche cappellano dei conti Greppi, che lo licenziarono dopo che egli si era schierato a favore delle rivendicazioni dei  contadini), finchè nel 1926, un ricco signore, in riconoscenza di una guarigione, gli lasciò in dono una villetta al numero 182 in Via Fratelli Zoia , in zona Baggio, dove visse fino alla sua morte avvenuta nel 1941, all’età di 74 anni, era infatti nato a S. Ambrogio Olona (VA) nel 1867.

Quella casa, per tanti anni, divenne meta di un incessante pellegrinaggio di sofferenti, poveri e ricchi, che davanti a quello scorbutico pretone, trovavano conforto alle loro pene. Fede, o superstizione? Chi lo sa? Fatto si è  che quella casa diventò per tutti la  “CA’ DI MIRACOL”.   

                                       

 Quand al parlava del Pret de Ratanà el mè nonno, el me cuntava semper questa:

                              

 Ona volta  l’haa ciapaa el Gamba de legn (el tram che vegn de Gorgonzoeula)

 Senza bigliett,  perché l’era semper in bolletta, e quand el controllor l’haa mandaa giò

 El Don Giuseppe el g’haa vosaa: “Mì vo a pee, ma el tram el rivarà dopo de mì”

 E poeu el taca a camminà,  intanta che el tram el resta là  inciodaa in sul binari

 E gh’è nanca paletta ch’el riess a fall partì.  Alora i passegger tachen a vosà

 Ueh, manetta,  corr a ciamà indreè el Pret de Ratanà, se no chi vemm pu a caa!          

 El tram l’è ripartì apena vist la soa sottana, pensa se capitava con  la metropolitana!

 

Le spoglie di Don Giuseppe Gervasini, detto el  Pret de Ratanà, si trovano al Monumentale e la sua  tomba, con busto bronzeo, è ancora oggetto della devozione di numerosissimi fedeli. 

 

Aprile 2006                                                                       

                                                                                                                              Giorgio Cozzi

 

 

 

 

 

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