Nella
mia vita di scrittore dilettante e apprezzato quasi solo fra le mura
domestiche, ho sempre, finora, trattato l'argomento con doverosi accenti di
carattere religioso, sia pure, lo confesso, abbastanza tiepidi. Non posso
negare ovviamente che la magìa di questa festa mi ha sempre contagiato, fin
da bambino, quando la mamma ci portava alla messa di mezzanotte e faceva
arrivare Gesù bambino con qualche piccolo dono sul presepio, rappresentato
da dolciumi, mandarini, melograni, caramelle, perchè i giocattoli ce li
aveva già portati Santa Lucia, il 13 dicembre. L'albero di Natale, diceva
mio padre, lo facevano i tedeschi., i "crucchi" delle sue reminiscenze di
Prima Guerra Mondiale.
Noi piacentini eravamo fieri, e lo siamo parzialmente ancora, delle nostre
tradizioni culinarie.
Gesù Bambino chiudeva un occhio, anche se era solo un nascituro ma era già
in grado di farlo, sulla laicità delle nostre tradizioni e sull'agnostica
celebrazione del suo arrivo in questo mondo con le gambe sotto una grande
tavola imbandita.
La famiglia si riuniva, anche allora come adesso, per il gran pranzo
preparato in casa con il lavoro di alcuni giorni da parte di mia madre con
l'aiuto di una delle domestiche di turno. Mio padre, manco a dirlo, non
metteva piede in cucina, nemmeno un'occhiata, ma guai se non trovava poi in
tavola i piatti cucinati a dovere, con le giuste salse, la pasta cotta al
punto giusto, il tacchino ben dorato. Il vino, però, era competenza sua. Lo
ordinava in primavera da una casa vinicola piemontese dell'astigiano:
Barbera, Freisa, Nebbiolo, Moscato, Malvasia. Quando arrivava, in damigiane,
tutta la famiglia era impegnata nell'imbottigliamento, ma la parte più
impegnativa la svolgeva il portinaio.
Il pranzo iniziava con i salumi artigianali che ci procuravamo presso un
oste della provincia che tutti chiamavano "Butein", lui non voleva che lo
chiamassero così, ma era piccolo e tondo. Mio padre, all'inizio, l'aveva
chiamato signor Bottino, traducendo dal dialetto, e lui si era offeso. La
sua reazione fu: "Qui non c'è né Bottino né Butei, cè solo il signor Berté".
Le sue coppe, i suoi salami, le sue pancette erano superlative. A quel tempo
non c'erano, da noi, i salumifici.
I polli, i tacchini, le oche e le anitre erano cortilizie, allevate a
granturco o pastone di farina.
Ciò non impediva, di tanto in tanto, di prendere qualche fregatura da uno
scaltro contadino. Spesso li acquistavamo vivi e il nostro portinaio tirava
loro il collo con maestria, senza farli soffrire, diceva.
Mia madre e la domestica preparavano il giorno prima i tortelli con la coda,
ripieni di ricotta, formaggio, biete, da condire con burro e formaggio
grana, oppure tavole piene di "anolini" specie di ravioli con ripieno di
stracotto, conditi con sugo di carne.
Poi un leggero lesso di pollo o manzo e la pietanza forte, la tacchina
femmina al forno. Arrivavano poi i formaggi, con il gorgonzola al centro, la
frutta, il panettone ovviamente.
Ho descritto un pranzo di prima della guerra, fino al 1940, poi, di anno in
anno, sempre meno.
In quei cinque/sei anni, gli ingredienti descritti si potevano trovare solo
nel costosissimo mercato nero e i pranzi di Natale si ridussero gradatamente
ai ripieghi. Niente ricotta, poco latte, poco pane, carne inavvicinabile,
marmellate finte, formaggio similplastica.
Poi l'abbondanza è gradualmente ritornata, ma non per tutti.
Giacomo Morandi (Rivergaro)
Commenti
- 19 dicembre 2015 - da
Arnaldo De Porti: Caro Giacomo Morandi, leggendo il Tuo articolo. così
sincero, così genuino, ed anche così ben “articolato” nella genuinità degli
ingredienti, siano essi di natura tiepidamente religiosi che
materialmente….degustabili, con aggettivazioni che rendono appieno la realtà
di allora, mi “sforzo” di risponderti subito malgrado l’intervento
di…cataratta avuto da poche ore….. estrapolando qua e là “doverosi seppur
tiepidi accenti di carattere religioso” - “agnostica celebrazione ma con le
gambe ben piazzate sotto un grande tavolo” - “le oche cortilizie….(diverse
dalle tante oche di altre corti che ci sono oggi) aggiungo io, - “le rigide
regole sulle competenze: papà non poteva assolutamente mettere occhio in
cucina mentre egli era esclusivamente deputato all’approvvigionamento dei
vini”…. realtà tutte per poi, durante la guerra, essere gradualmente, ma
necessariamente, ridimensionate dovendo far ricorso agli alimenti del
mercato nero…. ecc.ecc., detto tutto questo, mi hai fatto rivivere la stessa
mia storia, sia pur in un’altra realtà e , almeno da quanto ho recepito fra
le righe, in un contesto diverso quanto ad ubicazione e non solo….
Auguri a Te e Famiglia, Caro Giacomo.
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