politica: un articolo di Giacomo Morandi   

 

Vorrei dire la mia sull’argomento dibattuto diffusamente in questi giorni, cioè su una nuova legge elettorale che accantoni definitivamente il famigerato Porcellum, prodotto, si ricorderà, con un colpo di maggioranza fra PDL e Lega in una baita alpina alcuni anni fa.

Prima di affrontare il mio ragionamento, desidero però ricordare che una legge elettorale è molto importante in un assetto democratico perché può influenzare fortemente o addirittura falsare il risultato del voto e la volontà degli elettori. Non solo non dovrebbe essere deliberata a maggioranza ma addirittura dovrebbe essere inserita, a mio parere, nella Costituzione stessa, per impedirne la modifica ad ogni cambio di vento a vantaggio di questo o quello schieramento.

Un’altra considerazione vorrei fare: in un periodo di revisione della spesa e di risparmi: si dovrebbe votare un solo giorno, come si fa dappertutto, e non due, e il numero dei seggi elettorali dovrebbe essere ridotto drasticamente, come quello degli addetti. Forse non ci siamo accorti che nella maggior parte degli altri paesi i risultati, nell’era dell’eletronica, si conoscono la sera stessa della giornata elettorale.

Una buona legge elettorale dovrebbe assicurare il più possibile l’aderenza alla volontà degli elettori da un lato, ma dall’altro lato dovrebbe anche assicurare la governabilità del paese. Le due esigenze non sempre sono del pienamente compatibili.

Per oltre mezzo secolo la legge elettorale, salvo un abortito tentativo di introdurre un premio di maggioranza negli anni ’50, si è basata su un sistema sostanzialmente proporzionale, dove i seggi erano assegnati ai partiti in base ai voti ottenuti, con la possibilità di esprimere preferenze ai singoli canditati in lista. Apparentemente questo sistema è da considerare fra i più genuinamente democratici, ma ha sempre prodotto instabilità di governo, a causa della frammentazione del voto.

Anche il sistema delle preferenze si è rivelato, specialmente in certe regioni del sud, manipolabile dalle organizzazioni criminali o dai gruppi di potere, tanto che negli anni fra ’80 e ’90 del secolo scorso furono limitate ad una sola per evitare i giochini preconfezionati.

Nei paesi anglosassoni e in molti altri paesi nel mondo si vota, in collegi uninominali, per le persone, per i candidati come persone fisiche e non per i partiti, anche se poi i candidati hanno una base partitica o sono appoggiati da coalizioni. Tale sistema rafforza i rappresentanti del popolo, eletti direttamente, nominativamente, nei confronti dei partiti di appartenenza, li rende più indipendenti dagli ordini delle segreterie, ma ha anch’esso un difetto: un candidato può essere eletto con una maggioranza semplice anche solo del 30-35%, magari contro il 65-70% dei contrari, ma esiste un semplice modo per ovviare a tale inconveniente: il doppio turno che obbliga gli elettori a un ripensamento e li induce a scegliere fra i due candidati primi arrivati. Un altro possibile difetto di tale sistema è che spesso non assicura una rappresentanza in parlamento, il cosiddetto diritto di tribuna, alle formazioni minori, ma anche questo lato negativo può essere corretto in vari modi.

Il sistema uninominale, oltretutto, induce i partiti a candidare persone di buon livello e non soltanto dei peones “yes men” e consente agli elettori di scegliere fra le persone e non delegarne la scelta alle segreterie dei partiti.

Nel momento in cui scrivo queste righe, mi pare che siano in corso manovre e manovrette per tenere in piedi parzialmente il Porcellum, con un 25% di liste bloccate e, per il resto, con quelle  preferenze che hanno dato cattiva prova e sono state sostanzialmente bocciate dagli elettori in un referendum abrogativo.

Il Porcellum, ormai criticato anche aspramente da tutti, va assolutamente abrogato e qualsiasi legge elettorale, francese, tedesca, spagnola, britannica, sarebbe comunque preferibile.

 

Giacomo Morandi - agosto 2012

 

 

 

 

 

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