un articolo di economia di Arnaldo De Porti
Ho ascoltato, anche intervenendo, quanto ha detto il noto docente
universitario, Prof. Michele Boldrin, in una sala molto gremita,
quella “Degli Stemmi” a Feltre.
Al di là delle interessanti argomentazioni che, secondo una mia
personale impressione, mi sono sembrate quelle di un bravo docente
universitario nel mentre parla ai suoi allievi, mi par di poter
controbattere, se vuoi anche in parte, che oggi come oggi,
l’innovazione non sempre è sinonimo di crescita, ma spesso di
escamotage economici per vendere (la spiegazione da darsi in questa
sede sarebbe lunga e complessa)..
Detto illustre professore, attraverso alcune diapositive nonché
verbalmente, sciorinava dati ormai superati in termini temporali, ma
anche e soprattutto con riferimento allo stato attuale delle cose:
l’ultimo dato recente, che ho visto, salvo errore, era del 2008…
ante crisi attuale
Partendo infatti dall’osservazione oggettiva che, in questo ultimo
mezzo secolo, c’è stato un progresso del tutto incomparabile con i
due secoli trascorsi, io penso - come del resto ho detto forse non
con totale approvazione dell’oratore - che in questi ultimi anni,
chiamati impropriamente era post-moderna, sia difficile solo
immaginare che possa esserci oggettiva innovazione finalizzata alla
crescita economica, del PIL insomma, quando il progresso sembra
essere giunto al top, specie nel mondo dell’informatica, della
telefonia, realtà che hanno in pratica unito il mondo in tempo
reale.
Oggi, rimane poco da innovare, a meno che, non si voglia tentare una
modificazione degli stessi nostri bioritmi naturali. Ovviamente, il
mio è un concetto da valutare in chiave estensiva da traslare in
tutti i contesti della vita sociale e quindi da non vagliare in una
ristretta visione socio-scientifica come, almeno così mi è parso di
capire, è emerso dal tenore dell’intervento del Prof. Boldrin,
persona che stimo molto, anche come mio paesano.
L’innovazione di oggi, posto che ci sia, e ben venga se ci sarà, ha
una qualche difficoltà a materializzarsi in termini reali, e cioè
nella sua vera accezione, in quanto sembra essere mancato l’oggetto
dell’innovare e quindi della crescita, per motivi riconducibili ad
un momento storico in cui abbiamo quasi tutto. Se poi per innovare
si deve intendere modificare l’esistente, allora siamo molto lontani
dalla realtà che, nel caso di specie, si trasforma in una crescita
fasulla-temporanea : innovazione infatti esiste solo quando non c’è
business nella crescita, ma solo progresso.
Riassumendo, il PIL non può crescere modificando qualcosa
dell’esistente e, malgrado la pessima considerazione che ha il Prof.
Boldrin del mercato, pur essendo anch’ io assolutamente convinto,
come il Prof. Boldrin, che non si debba assolutamente accantonare
l’idea dell’innovazione (ci vorrebbe altro !) io penso che, in
questa congiuntura, si dovrebbe guardare ai mercati dell’intero
pianeta, nella consapevolezza assoluta che le merci prodotte
dall’intero sistema economico attualmente esistente, non
basterebbero per far fronte alle oggettive necessità dei paesi
poveri ed in via di sviluppo. Ecco la crescita ! Per i pagamenti ?
Il sistema bancario mondiale !
In questo particolare momento di paralisi economica io non vedo
altra via d’uscita se non quella correlata al mercato, ovviamente,
come detto più volte, dando il benvenuto a qualsiasi tipo di
innovazione. Ma se aspettiamo l’innovazione per crescere, finiremo
invece per regredire ancora di più.
ARNALDO DE PORTI - settembre 2012
Dall’autunno del 2006 sono professore alla Washington University in Saint Louis dove sono anche direttore del dipartimento di Economia. Nato a Padova, vissuto a Mestre tra i 10 ed i 27 anni, mi sono laureato in economia a Ca’ Foscari nel luglio 1982. Nel
settembre del 1983 ho iniziato a frequentare il programma di PhD in economia della University of Rochester, NY, dove ho conseguito il titolo nel 1987. In seguito ho fatto il professore di Economia a University of Chicago (1986-87), UCLA (1987-90), Kellogg GSM, Northwestern University (1990-94), Carlos III de Madrid (1994-99) e University of Minnesota (1999-2006). In Spagna coordino ancora l’attività accademica di FEDEA ed organizzo il Salamanca Social Sciences Festival. Ho anche fatto parte del gruppo che, nel 1986-87, diede inizio al programma di economia del Santa Fe Institute. La mia ricerca si concentra sulla teoria e sulle applicazioni dei modelli dinamici di equilibrio generale, che ho usato e uso per studiare la crescita e i cicli economici, la valutazione dei titoli finanziari, i sistemi di welfare e quello pensionistico in particolare, il progresso tecnologico, il mercato del lavoro, i sistemi di proprietà intellettuale, l’evoluzione della fertilità, il commercio internazionale. Attualmente mi occupo di innovazione, banche e moneta, rivoluzione industriale e globalizzazione. Il miei due libri piu recenti sono: Against Intellectual Monopoly (con David K. Levine, Cambridge UP 2008, Laterza 2012) e Tremonti: Instruzioni per il disuso (con A.Bisin, S.Brusco, A.Moro, G. Zanella, Ancora 2010, 2011). Sono uno dei cinque che, nel 2006, hanno creato il blog noiseFromAmerika. Oltre che su Il Fatto, dove scrivo regolarmente, quando capita scrivo anche altrove, dal WSJ a L’Inkiesta, da El Pais al Washington Post. Se la fortuna non ci abbandona, Marco Ardemagni ed io dovremmo publicare un “esplosivo” testo sull’economia italiana fra la fine del 2012 e l’inizio del 2013.
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