Sulle tracce di Erik il Rosso - All'origine della vita
Appunti di viaggio - quarta puntata
Che giornata al risveglio, che
aria fresca e pulita, che cielo azzurro, non c’è neanche una nuvola, che
sole splendente lassù, già in alto! Entra in scena con tutto il suo profumo
una “vecchia” protagonista di questi viaggi, è lei, Antonietta ‘a machinetta
po’ cafè, perchè rinunciare infatti ai sani piaceri della vita, quando un
prezioso quanto piccolo oggetto può farti iniziare meravigliosamente una
giornata? Dopo il nettare, abluzioni veloci e un pò miciarole (nel senso di
gatto) presso le chiare e fresche (anche troppo) acque del ruscello, a monte
per i denti e a valle per sciacquare Antonietta, poi la colazione ufficiale
per chi ha bisogno di zuccheri al mattino, riordino delle tende e sacchi al
pelo al sole e all’aria, non è proprio un’attività frenetica, ma tutti si
danno da fare o per prepararsi il lunch box, cioè i paninazzi per il pic nic,
o le macchine fotografiche e gli zaini per l’escursione della giornata che
prevede.....la ascesa di un colle, creando per un attimo l’illusione tutta
linguistica di una discesa (in napoletano scesa vuol dire discesa, ma solo i
dotti conoscono il valore dell’alfa privativo). In marcia per i soliti
sentieri, ma come si fa a definirli tali!, su un terreno infame, anche se
senza passaggi esasperati, ora molle ora pietroso ora nevoso (e qui anch’io
ho un buon passo) ora ghiacciato (sarà questo il famoso permafrost ?), ma si
attraversano luoghi incantevoli, come quella cala, che non avrebbe
demeritato una sua collocazione in Sardegna, dove andava a sciogliersi un
piccolo ghiacciaio, creando mille rivoli e costringendoci a guadi non
proprio semplici e non sempre asciutti. L’immagine di quella macchia di
colore , un cespuglio di campanule dai colori vivacissimi, quasi una macchia
di vino su una grande tovaglia verde, i rivoli diffusi delle acque prodotte
dal ghiacciaio, gli icebergs, che fanno da sfondo su questo schermo
immaginario dove si proietta un grande film del più grande circuito
multimediale, non possono non colpire la immaginazione, se le foto verranno
alla grande potrebbe essere un poster favoloso. Il nostro cammino riprende
per raggiungere il punto più alto del fiordo, là dove il nostro sguardo
potrà vagare a 360° gradi su Petersen, Sermiliq e il grande mare aperto, e
se già qui le immagini sono meravigliose...., nella notte poi altri icebergs,
altri grandi e piccoli pezzi di ghiaccio sono entrati nel fiordo quasi che
il “pittore” abbia voluto aggiungere altri elementi ed altri colori agli
innumerevoli che già si rincorrevano nel suo quadro infinito. E da lassù
come sarà?, di certo sarà...dura salire, eppur bisogna andare, Andrea ha
trovato il punto di attacco per riprendere la salita, certo ognuno mantiene
il suo passo, per cui ultimo ad arrivare fu Gambacorta, e chi è costui, un
nuovo compagno di viaggio?, grazie per la Vostra comprensione e il Vostro
riserbo. In questa seconda parte della “passeggiata” le salite diventano, se
possibile, ancora più erte, alcuni passaggi sono proprio per capre, il
gruppo terronico (targato Napoli-Foggia) arranca, il povero Gambacorta
sembra sempre più la vecchia vaporiera del trenino del Far West, ma, seppur
lento, inesorabilmente arriva sempre, pure lui. La vetta, più che
avvicinarsi, sembra ad ogni svolta allontanarsi, sorge quasi il dubbio che
le vette siano più di una, dubbio troppo angoscioso per Gambacorta, che
sfruttando una decisione democraticamente unilaterale della “sinistra
radicale” del gruppo (Grazia) che riesce ad avere anche la condivisione
della “sinistra ufficiale” (Emilia), decide che dopo 3 ore di cammino può
bastare una vista panoramica a 180° gradi. Scissione,come usuale d’altronde
nell’ambito delle varie anime della sinistra, il gruppo si divide in chi va
avanti (la sinistra riformista) e chi resta in un contesto molto piacevole
ai piedi di un nevaio, è un posto assai gradevole che invita a consumare
subito lo spuntino, abbiamo anche le acque di un ruscello che scende dal
nevaio per approvvigionarci di acqua fresca o per sciacquarci la bocca dopo
aver bevuto un per me orrido caffé americano. Ora, stante la bellezza del
posto, possiamo dedicarci al puro sciallo, crogiolandoci al caldo raggio del
sole, con gli occhi rivolti al grande fiume di ghiaccio, che da quassù
sembra un caleidoscopio dalle infinite sfaccettature, ma con le orecchie
tese pronte a cogliere un cupo segnale di rottura, quasi un tuono che poi si
perde nella piatta superficie del mare. e poter così correre a godersi la
lastra di ghiaccio che si stacca, creando cerchi che si rincorrono
sull’acqua. Attratto dalle melodie immutabili del ruscello e dalle sue
fresche acque, mi dedico un rigenerante pediluvio, certo non avevo tenuto in
debito conto che sono acque gelide proveniente da un nevaio, ma, superato
piano piano il primo impatto è una sensazione unica, estremamente gradevole.
Rigenerato, mi dedico ad immortalare questi luoghi meravigliosi sfruttando
il mio “cannone” da 300 mm, foto che saranno un ricordo prezioso di una
bella giornata con i suoi aspetti negativi (la lunga marcia) e quelli
positivi (gli scenari e la sensazione interna di vera serenità). Dalle vette
tornano i coraggiosi, quelli che andarono, quelli del 360° è più bello del
180° gradi (ma ragioniamoci un po’ su!), ci raggiungono e fanno una sosta,
breve però, perché subito ci coinvolgono in questa loro ricerca del moto
perpetuo, è già ora di cominciare la discesa, costringendoci, nostro
malgrado, a lasciare questo piccolo nostro angolo di paradiso, nonostante le
dure rocce sotto il cu… Ancora una lunga, per me lunghissima, e ininterrotta
marcia tra quelle pietraie e quei nevai, fino a quando non ritroviamo la
valletta della macchia di vino con i suoi guadi bagnati, ormai non siamo più
tanto lontani dal campo… almeno pare. E invece ci sono ancora tanti altri
nevai e tante altre pietraie a rendere difficoltoso il cammino, mi viene da
pensare che ho finalmente acquisito una grande capacità in me, cancellare
con facilità le cose che mi creano problemi, avevo infatti completamente
rimosso questa parte del cammino, eppure alla fine stancamente tornammo a
vedere le…tende. Subito abluzioni rinfrescanti nelle acque del ruscello, c’è
anche qualche temerario che si tuffa in mare e pensare che qui i tempi di
resistenza nelle gelide acque possono non superare i 5 minuti, che
incoscienti!, c’è pure chi si accontenta di abluzioni con una comunque
fresca frizione di acqua virginiana, anche per smorzare i fastidi di un
persistente prurito, provocato dai troppi mosquitos e da qualche zanzara.
Ripuliti, ognuno si sceglie il suo posto in prima fila, non c’è attività al
campo, se non nella cucina, tutti si siedono ad ammirare lo spettacolo che
la natura ci offre. C’è chi fissa con immagini e chi con parole queste
emozioni, queste sensazioni, e se non fosse per il profumino, che comincia a
diffondersi per il campo, sembrerebbe quasi un mondo virtuale, dove un
colore ti fa gridare “guarda”, dove una forma ti scatena la fantasia, dove
un rombo tonante ti fa accelerare i battiti del cuore. La temperatura cala,
fa quasi freddo e tutti ci si ritrova nella grande tenda, esigenza di calore
umano, in attesa di una smerdolik (buona) bella calda e del piatto forte di
stasera che prevede …. stufato di balena con patate, pure stufate, con
cipolle, non resta una briciola e al giro dei cicchetti, con la scusa che
stasera abbiamo mangiato pesante e che fa freddo, il gruppo degli sbevazzoni
tira il collo a più di qualche bottiglia. Stanchezza, alcool, freddo e la
palpebra cala, nonostante il sole sia ancora alto sull’innlandis, il tepore
del sacco a pelo ci fa cadere subito in un sano sonno, profondo e
ristoratore.
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Piazza Scala News - settembre 2010