Sulle tracce di Erik il Rosso - All'origine della vita

Appunti di viaggio - quarta puntata

 

   Testo e fotografie di Filippo Furia   
 

 

 

Che giornata al risveglio, che aria fresca e pulita, che cielo azzurro, non c’è neanche una nuvola, che sole splendente lassù, già in alto! Entra in scena con tutto il suo profumo una “vecchia” protagonista di questi viaggi, è lei, Antonietta ‘a machinetta po’ cafè, perchè rinunciare infatti ai sani piaceri della vita, quando un prezioso quanto piccolo oggetto può farti iniziare meravigliosamente una giornata? Dopo il nettare, abluzioni veloci e un pò miciarole (nel senso di gatto) presso le chiare e fresche (anche troppo) acque del ruscello, a monte per i denti e a valle per sciacquare Antonietta, poi la colazione ufficiale per chi ha bisogno di zuccheri al mattino, riordino delle tende e sacchi al pelo al sole e all’aria, non è proprio un’attività frenetica, ma tutti si danno da fare o per prepararsi il lunch box, cioè i paninazzi per il pic nic, o le macchine fotografiche e gli zaini per l’escursione della giornata che prevede.....la ascesa di un colle, creando per un attimo l’illusione tutta linguistica di una discesa (in napoletano scesa vuol dire discesa, ma solo i dotti conoscono il valore dell’alfa privativo). In marcia per i soliti sentieri, ma come si fa a definirli tali!, su un terreno infame, anche se senza passaggi esasperati, ora molle ora pietroso ora nevoso (e qui anch’io ho un buon passo) ora ghiacciato (sarà questo il famoso permafrost ?), ma si attraversano luoghi incantevoli, come quella cala, che non avrebbe demeritato una sua collocazione in Sardegna, dove andava a sciogliersi un piccolo ghiacciaio, creando mille rivoli e costringendoci a guadi non proprio semplici e non sempre asciutti. L’immagine di quella macchia di colore , un cespuglio di campanule dai colori vivacissimi, quasi una macchia di vino su una grande tovaglia verde, i rivoli diffusi delle acque prodotte dal ghiacciaio, gli icebergs, che fanno da sfondo su questo schermo immaginario dove si proietta un grande film del più grande circuito multimediale, non possono non colpire la immaginazione, se le foto verranno alla grande potrebbe essere un poster favoloso. Il nostro cammino riprende per raggiungere il punto più alto del fiordo, là dove il nostro sguardo potrà vagare a 360° gradi su Petersen, Sermiliq e il grande mare aperto, e se già qui le immagini sono meravigliose...., nella notte poi altri icebergs, altri grandi e piccoli pezzi di ghiaccio sono entrati nel fiordo quasi che il “pittore” abbia voluto aggiungere altri elementi ed altri colori agli innumerevoli che già si rincorrevano nel suo quadro infinito. E da lassù come sarà?, di certo sarà...dura salire, eppur bisogna andare, Andrea ha trovato il punto di attacco per riprendere la salita, certo ognuno mantiene il suo passo, per cui ultimo ad arrivare fu Gambacorta, e chi è costui, un nuovo compagno di viaggio?, grazie per la Vostra comprensione e il Vostro riserbo. In questa seconda parte della “passeggiata” le salite diventano, se possibile, ancora più erte, alcuni passaggi sono proprio per capre, il gruppo terronico (targato Napoli-Foggia) arranca, il povero Gambacorta sembra sempre più la vecchia vaporiera del trenino del Far West, ma, seppur lento, inesorabilmente arriva sempre, pure lui. La vetta, più che avvicinarsi, sembra ad ogni svolta allontanarsi, sorge quasi il dubbio che le vette siano più di una, dubbio troppo angoscioso per Gambacorta, che sfruttando una decisione democraticamente unilaterale della “sinistra radicale” del gruppo (Grazia) che riesce ad avere anche la condivisione della “sinistra ufficiale” (Emilia), decide che dopo 3 ore di cammino può bastare una vista panoramica a 180° gradi. Scissione,come usuale d’altronde nell’ambito delle varie anime della sinistra, il gruppo si divide in chi va avanti (la sinistra riformista) e chi resta in un contesto molto piacevole ai piedi di un nevaio, è un posto assai gradevole che invita a consumare subito lo spuntino, abbiamo anche le acque di un ruscello che scende dal nevaio per approvvigionarci di acqua fresca o per sciacquarci la bocca dopo aver bevuto un per me orrido caffé americano. Ora, stante la bellezza del posto, possiamo dedicarci al puro sciallo, crogiolandoci al caldo raggio del sole, con gli occhi rivolti al grande fiume di ghiaccio, che da quassù sembra un caleidoscopio dalle infinite sfaccettature, ma con le orecchie tese pronte a cogliere un cupo segnale di rottura, quasi un tuono che poi si perde nella piatta superficie del mare. e poter così correre a godersi la lastra di ghiaccio che si stacca, creando cerchi che si rincorrono sull’acqua. Attratto dalle melodie immutabili del ruscello e dalle sue fresche acque, mi dedico un rigenerante pediluvio, certo non avevo tenuto in debito conto che sono acque gelide proveniente da un nevaio, ma, superato piano piano il primo impatto è una sensazione unica, estremamente gradevole. Rigenerato, mi dedico ad immortalare questi luoghi meravigliosi sfruttando il mio “cannone” da 300 mm, foto che saranno un ricordo prezioso di una bella giornata con i suoi aspetti negativi (la lunga marcia) e quelli positivi (gli scenari e la sensazione interna di vera serenità). Dalle vette tornano i coraggiosi, quelli che andarono, quelli del 360° è più bello del 180° gradi (ma ragioniamoci un po’ su!), ci raggiungono e fanno una sosta, breve però, perché subito ci coinvolgono in questa loro ricerca del moto perpetuo, è già ora di cominciare la discesa, costringendoci, nostro malgrado, a lasciare questo piccolo nostro angolo di paradiso, nonostante le dure rocce sotto il cu… Ancora una lunga, per me lunghissima, e ininterrotta marcia tra quelle pietraie e quei nevai, fino a quando non ritroviamo la valletta della macchia di vino con i suoi guadi bagnati, ormai non siamo più tanto lontani dal campo… almeno pare. E invece ci sono ancora tanti altri nevai e tante altre pietraie a rendere difficoltoso il cammino, mi viene da pensare che ho finalmente acquisito una grande capacità in me, cancellare con facilità le cose che mi creano problemi, avevo infatti completamente rimosso questa parte del cammino, eppure alla fine stancamente tornammo a vedere le…tende. Subito abluzioni rinfrescanti nelle acque del ruscello, c’è anche qualche temerario che si tuffa in mare e pensare che qui i tempi di resistenza nelle gelide acque possono non superare i 5 minuti, che incoscienti!, c’è pure chi si accontenta di abluzioni con una comunque fresca frizione di acqua virginiana, anche per smorzare i fastidi di un persistente prurito, provocato dai troppi mosquitos e da qualche zanzara. Ripuliti, ognuno si sceglie il suo posto in prima fila, non c’è attività al campo, se non nella cucina, tutti si siedono ad ammirare lo spettacolo che la natura ci offre. C’è chi fissa con immagini e chi con parole queste emozioni, queste sensazioni, e se non fosse per il profumino, che comincia a diffondersi per il campo, sembrerebbe quasi un mondo virtuale, dove un colore ti fa gridare “guarda”, dove una forma ti scatena la fantasia, dove un rombo tonante ti fa accelerare i battiti del cuore. La temperatura cala, fa quasi freddo e tutti ci si ritrova nella grande tenda, esigenza di calore umano, in attesa di una smerdolik (buona) bella calda e del piatto forte di stasera che prevede …. stufato di balena con patate, pure stufate, con cipolle, non resta una briciola e al giro dei cicchetti, con la scusa che stasera abbiamo mangiato pesante e che fa freddo, il gruppo degli sbevazzoni tira il collo a più di qualche bottiglia. Stanchezza, alcool, freddo e la palpebra cala, nonostante il sole sia ancora alto sull’innlandis, il tepore del sacco a pelo ci fa cadere subito in un sano sonno, profondo e ristoratore.


 

 

Continua

 

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Piazza Scala News - settembre 2010