Suona per me
violino zigano
un racconto breve di Giovanni Noera (da
"Emozioni" - DELTA3 Edizioni)
A Marco accadeva spesso, nel
dormiveglia, di rivisitare episodi del suo passato.
Anche in quell'alba. Prima del risveglio come un vecchio
film gli si proposero sequenze di un periodo difficile
della sua vita. Dopo un oblio durato decenni gli si
presentò "lui": l'uomo mal vestito, di età sulla
cinquantina, con i piedi divaricati verso l'esterno come
"Charlot".
Una figura nel complesso
emanante umana simpatia. Lo rivide nitidamente nel suo
album della memoria con il suo violino. Sulla strada
mentre offriva le note di una bellissima canzone ormai
dimenticata, per qualche lira gettata dalle finestre:
"suona suona per me violino zigano". Rivisse certe
vigilie di esami all'Università: famiglia, lavoro,
studio. Una triade difficile da conciliare specie se
della famiglia fanno parte due bambini.
Ogni giorno dopo il lavoro
correva all'Università per il master in economia. Tanto
freddo a sera tarda in attesa dell'ultimo filobus.
Nel dormiveglia gli sembrò
di sentirlo ancora quel freddo. Poi arrivò la sequenza
successiva: la primavera e con essa le prove di esami.
Sapeva che se avesse fallito avrebbe compromesso la
carriera. Si rivide a studiare rubando ore al sonno. Gli
sovvenne una domenica pomeriggio. Che chiarezza di
immagini e di suoni! Mentre moglie e figli erano fuori
per permettergli di studiare, viveva quello stato
d'animo particolare che gli studenti di tutte le epoche
conoscono bene, quando dalla strada gli giunsero le note
di "violino zigano".
Marco ricordò di essersi
affacciato alla finestra e di aver visto per la prima
volta quell'uomo e di avere accettato la sua musica come
un augurio e un conforto. Gli aveva portato anche
fortuna: la prova d'esame aveva avuto un buon esito. Nel
ricordo, affiorato in quell'alba, apparve anche l'ultimo
incontro.
Aveva cambiato casa. Aveva
affrontato ancora un inverno, era tornata la primavera e
con essa il calendario degli esami. Casa diversa ma
situazione più o meno la stessa. Si rivide ancora in una
domenica pomeriggio a studiare quando dalla strada lo
avevano raggiunto le note struggenti di un violino
"Suona suona per me violino zigano". Ricordò come in
quell'occasione avesse ricevuto qualcosa che travalicava
l'augurio per la vicina prova di esame, che anche quella
volta fu superata, per estendersi ad una visione più
ottimistica dell'avvenire. A questo punto si svegliò.
Man mano che prendeva
coscienza della realtà e considerava i tanti anni da
allora trascorsi fu preso da un duplice sentimento. Da
una parte, gratitudine verso il destino che pur fra
alterne vicende non aveva tradito quell'auspicio e
dall'altra da una sorta di rammarico e di autocritica.
Si dolse di non aver sceso le scale per stringere la
mano di quell'uomo, quasi a ricambiare con un poco di
calore umano quel che egli gli aveva dato. Enumerò i
tanti anni trascorsi e pensò che egli non poteva più
essere di questo mondo. Si rammaricò, quasi avesse
dovuto risarcirlo di qualcosa. Il conforto alla mestizia
che si accompagna alla percezione della fuggevolezza
della vita gli venne dal ricordo di una lettura che
aveva fatta: "nessuno è veramente morto finché qualcuno
lo ricorda".