Sulle
tracce di Erik il Rosso - All'origine della vita
Appunti di viaggio - nona puntata
Oggi è giorno di trasferimento,
raggiungeremo il ghiacciaio Rasmussen con una navigazione lungo i fiordi,
dovrebbe essere quindi una giornata tranquilla, quasi di riposo, invece già
dal primo mattino strani pensieri si affollano nella mia testa, c’è il
pensiero del carico/scarico bagagli, che sono come sempre quasi da rifare,
del montaggio campo, della lunga traversata. Durano poco queste nuvolette,
poi l’eccitazione comunque di una partenza verso cose nuove prende il
sopravvento e con lena si dà inizio alle operazioni “temute” con in aggiunta
una doverosa ramazzata ai locali che ci hanno ospitato. Dopo tutto questo
lavorio, mentale più che altro, il premio di una sigaretta fumata all’aria
fresca del mattino. Come al solito il villaggio ancora dorme, solo qualcuno
ha già dato inizio alla sua faticosa e maleodorante giornata, già, oggi
sembra essere giorno di raccolta dei “rifiuti organici”, i famosi pozzi
delle acque, fortunatamente non c’è alito di vento a diffondere profumi e
riesco a sentire nelle mie narici solo l’odore forte della mia gauloise.
Colazione, poi attività di gruppo al completo per trasporto carabattole
all’imbarcadero, le barche non ci sono ancora e per fortuna il centro
commerciale è già in attività, al supermercato quindi per fare qualche
scorta di birra (verranno buone sul ghiacciaio) o all’Ufficio postale per un
ennesimo squillo, d’altronde bisogna pur sapere che Pigi è arrivato a New
York e che i morti italiani, accertati a Sharm, sono per ora 4; ma non è
meglio vivere nell’ignoranza staccando tutte le spine?. Arrivano le barche,
e stavolta ci va di lusso, una delle due è addirittura cabinata, al timone
Pablos, un altro grande cacciatore, chissà se anche lui è un cultore della
mano morta, sarebbe importante saperlo, visto che per cavalleria tutte le
donne salgono sulla sua barca chiusa. Cominciamo la nostra navigazione lungo
l’Ikasartivaq, sulla costa scorrono altri campi di escursionisti, molti
hanno con loro i kayak e mi assale un pò di rammarico per non aver potuto
anch’io godere di una vogata in questi grandi silenzi, ci sono pochi
icebergs e pochissimi ghiacciai lungo questo fiordo, è una stretta gola con
pareti che scendono a mare quasi a picco. All’incrocio con il fiordo
Angmagssalik, in uno scenario quasi surreale creato da nuvole molto basse,
incrociamo una piccola nave, emerge quasi dal nulla con un effetto foto che
ci induce a rallentare per poter immortalare questo quadro tutto grigio con
questo puntino tutto rosso. Ora dirigiamo la prua verso destra per imboccare
il fiordo Ikasaq, per poi entrare ancora in un altro fiordo dal nome già
noto, l’Ikateq, ed infine trovare le acque del fiordo Sermiligaq che ci
porta da Rasmussen. La navigazione scorre tranquilla, veloce e senza grandi
sobbalzi, è vero che gli icebergs sono rari, ma in compenso quando se ne
incontra qualcuno è una vera e propria montagna di ghiaccio, sulle sponde
catene di montagne non altissime si susseguono senza soluzioni di continuità
disegnando con le loro cime un istogramma sinuoso. C’è laggiù ora un monte
degno di tal nome, il Sarqakajik, supera certamente i 1000 metri di
altitudine, è una meta nella nostra tappa di trasferimento, ai suoi piedi
infatti un tempo lontano, ma non lontano nella memoria, vi era una
installazione militare americana, un campo base per il rifornimento dei
bombardieri che poi scaricavano il loro micidiale carico di morte sulle
città della Germania. Fino al 1945 qui c’era un grande andirivieni di B52,
ora c’è solo un simbolo macabro di un triste passato dell’uomo, fatto di
bidoni vuoti affastellati, senza esagerazione ce ne sono a migliaia, di
grandi gru abbandonate all’ ingiuria della ruggine, di un molo per
l’attracco delle navi trasporto, ormai solo fantasma; qui sostiamo per fare
il nostro lunch. Che dire, in un luogo dove la natura, pur se aspra e dura,
é vita, troviamo questo scenario che sa di distruzione e morte, spettrale,
che continua a produrre i suoi effetti nefandi, inquinando le preziose falde
man mano che il tempo e l’azione degli elementi distrugge ciò che resta, è
una testimonianza certo, ma anche un monumento dell’umana stupidità. E’ un
momento particolare anche per il nostro compagno di viaggio Silvano, è stato
proprio qui che nel salire sulla barca maldestramente è caduto in acqua,
salvandosi dal congelamento, ma producendosi ammaccature varie che lo hanno
fatto recedere dal suo programma originario della traversata dei ghiacciai,
costringendolo così, vecio tra veci e qualche bambina, ad aggregarsi al
nostro gruppo. Dopo questo ennesimo makpoint (sta per punto maccarello,
almeno per quanto riguarda me) riprendiamo la nostra navigazione, ormai il
tragitto che ci resta da compiere non è più lunghissimo, perciò, nonostante
il freddo aumenti d’intensità, tutti stanno con il naso fuori per cercare di
cogliere con immediatezza la grandiosa immagine frontale del ghiacciaio
Rasmussen, che è lì ora, davanti a noi, e l’aspettativa di maestosità è
quasi superata dalla realtà, lo scenario d’insieme è fantastico, i colori e
il colpo d’occhio eccezionale, siamo stupiti da tanti mirabolanti effetti
speciali. Non ci dirigiamo subito verso Rasmussen, dove è previsto il nostro
attracco, il nostro programma prevede prima una deviazione.....ci inoltriamo
in un braccio laterale piegando a babordo (a sinistra), davanti a noi un
altro ghiacciaio, anzi a guardare meglio sono tre, anzi no, è un unico
grande ghiacciaio, il Karal, che nel tempo, ritirandosi, ha lasciato
scoperte ampie zone di terreno e queste lingue azzurrate che arrivano fino
al mare lungo i due lati del fiordo un tempo formavano un blocco unico con
il fronte. La sua ampiezza originale doveva essere veramente impressionante,
anche ora fa la sua porca figura, ma il fronte è grigio scuro, per trovare
colori e forme dobbiamo rivolgere lo sguardo verso le lingue che,
aggrovigliate e piene di corrugamenti, si riflettono e si fondono con le
acque verdi del mare e l’azzurro del cielo. Dopo questo fuori programma (?)
torniamo verso il Rasmussen e ci inchiniamo alla sua bellezza, siamo ai suoi
piedi, anche in senso fisico, il fronte è proprio davanti al luogo dove
montiamo il campo e possiamo dire che dista un tiro di...fionda. Solita
routine per lo scarico bagagli dopo uno sbarco tutto sommato abbastanza
agevole, poi scelta del sito dove montare le tende dopo approfondito esame
del terreno, marcatura del territorio con deposito dei bagagli, montaggio
tenda madre e cucina, infine può sorgere la night house. In poco meno di
un’ora tutto è montato, possiamo dedicarci ammirati al Rasmussen, che
intanto ha continuato a mandarci i suoi messaggi, non sappiamo se di
benvenuto, con brontolii e cupi boati, colpi di frusta e schioppettii tanto
da farci quasi credere che anche qui fosse in atto dietro quel grande
sipario del fronte una festa patronale con tanto di fuochi di artificio. Che
dire poi degli incredibili voli che ognuno spicca con la sua fantasia, c’è
chi “vede” là nel fronte una casetta con il suo bel comignolo, chi “vede” in
quei pinnacoli una processione di cardinali incappucciati avviarsi in
concistoro (il ricordo delle immagini del conclave è ancora vivo nella
memoria di qualcuno), chi si accontenta di molto meno e “vede” solo la
magnificenza della sua maestosità. E’ francamente non facile trovare, pur
nella ricchezza della lingua italiana, un aggettivo che non sia stato già
usato, ma, qualunque esso sia, anche nel superlativo più assoluto, mai sarà
abusato per descrivere questo ambiente che sarà solo, e sottolineo solo,
nostro per i prossimi giorni. Ai verdi e agli azzurri confusi nel bianco del
ghiacciaio, fanno da contraltare i toni scuri delle montagne che ci fanno da
cornice, la asprezza di un terreno frammisto di rocce e licheni è addolcita
dalla melodia, quasi monotona, nel senso di sempre lo stesso tono,
dell’immancabile ruscello che scorre a ridosso del nostro campo dai fianchi
della montagna. Affascinati da quel richiamo delle chiare, fresche e dolci
acque tutti sentiamo un pò l’esigenza di uno sciacquetto, magari veloce, è
un momento di relax puro con i piedi a mollo e una sigaretta fra le labbra
con un sole splendente che ci riscalda con i suoi raggi. Manca solo una
buona tazza di thé, ma a questo provvede subito Andrea, esigenza questa che
non è dovuta al freddo, si sta benissimo, pur con tutto questo ghiaccio
intorno l’aria è al massimo fresca, si desidera proprio bere un thè a
completamento di un quadro da perfetti viaggiatori inglesi. Con il sole man
mano degradante un altro elemento cromatico viene ad arricchire il quadro, i
riflessi dorati sulle acque formano una galassia di stelline lucenti, mentre
sul ghiacciaio i toni diventano sempre più accesi fino a sfumare in certi
punti verso un blu quasi elettrico. Pur con gli sguardi distratti ora qua
ora là in fondo è sempre lui, Rasmussen, a restare al centro della nostra
attenzione, Sergio poi lo marca molto da vicino in attesa di cogliere una
spaccatura, un crollo, un capovolgimento di uno dei tanti iceberg che si
addensano qui nella cala del fiordo e la conseguente onda, quasi un piccolo
tsunami, che tale moto produce. Dai profumi che si diffondono prendiamo atto
che Andrea ha aperto le cucine, meglio interessarsi da vicino e, se del
caso, dare una mano, c’è in preparazione un risotto con le verdure e, se il
profumo non inganna, si annuncia una cena assai gustosa, perchè poi a
seguire ci saranno quelle già sperimentate trote salmonate dai sapori
deliziosi, sono lì al sole con le loro bocche aperte, già belle così, tanto
da meritare una foto. Al “suonare della campana” la pappa è pronta, ma,
chissà come, sono già tutti pronti e riuniti sotto la tenda madre in attesa
di affondare i cucchiai e le forchette, ciò che prima gli occhi avevano
visto e il naso percepito, ora è sapore pieno per i palati; avanza ben poco,
tutti, maialine e maialoni, hanno dato il loro migliore contributo allo
spazzolamento. Satolli ma sereni, tanto con il cicchetto tour ogni problema
eventuale di digeribilità viene a cadere, i sonni saranno tranquilli. Già,
la palpebra che diventa sempre più pesante ci fa capire che è arrivata l’ora
di andare a nanna, anche se la luce è ancora piena e c’è ancora dietro la
montagna visibile uno spicchio di sole, all’orologio locale sono da poco
passate le 21, ma per il nostro fuso, ancora un pò confuso, è già notte
fonda.
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Piazza Scala News - marzo 2011