La carissima Amica ALBA VAGLIASINDI, come accennato nel numero scorso, si era dedicata alla stesura del suo contributo per il numero di febbraio, facendo anche le ore piccole - dato il tema proposto - al fine di arrivare in tempo per la pubblicazione del mese. Un ritardo postale non lo ha consentito, per cui il suo scritto appare solo adesso, restando comunque di grande attualità ed interesse la descrizione dell’avvenimento più importante che a Catania polarizza annualmente, e per tre giorni, la passione del popolo catanese.
Alba tratta l’argomento con grande devozione ed affetto verso la Martire, facendo partecipi i lettori delle emozioni e dei sentimenti che in quei giorni sono vissuti dai “divoti”.
Questo è anche testimoniato dal “Tesoro di Sant’Agata” costituito dai preziosi reliquari e dai sontuosi doni votivi con cui i fedeli hanno, lungo i secoli, testimoniato la loro speciale devozione alla Santa, come pure la loro gratitudine per tutti i benefici ricevuti.
Il principale reliquario è quello a busto qui a fianco, come sempre appare, coperto dei gioielli collocati sulla magnifica custodia dei venerati resti e, nell’altra colonna, come apparve invece nel 1915, dopo la temporanea rimozione dei gioielli,  voluta dall’allora Arcivescovo di Catania., Giuseppe Francica Nava, allo scopo di poter ammirare l’eccellente opera di sbalzo (“argento sbalzato, cesellato, smaltato, oro, pietre, gemme - colore degli smalti: blu, verde, rancione”) realizzata nel 1376 dall’artista senese Giovanni di Bartolo. Opera iniziata con il Vescovo di Catania Marziale, ed ultimata con il suo successore, Elia. (Ndr: foto e notizie tratte dal volume “Il tesoro di sant’Agata”, generosamente donato dal caro FRANCO COMPAGNINI).
Carmelo Profeta
da Duemila e più - 14 marzo 2011

 

Cittadini
Viva Sant'Ajta!

Per i catanesi la festa di Sant'Agata è un po' come uno spartiacque, una linea di demarcazione sulla cui base si indicano fatti ed eventi dell'intero anno. "Ci vediamo prima di Sant'Agata", "Vi aspetto per Sant'Agata!!", "Alla prossima Sant'Agata!".

Sant'Agata è sempre presente nella loro vita, segno di un amore viscerale e carnale nei tre giorni che la città La tiene stretta nel suo abbraccio e sempre, comunque, in ogni giorno dell'anno, chiusa nel Suo sacello dorato in Cattedrale, nascosta allo sguardo ma non al cuore dei Suoi Cittadini che ancora continuano ad invocarla come in quella lontana notte del 1963 quando il terribile terremoto mise in ginocchio la città o quell'altra volta che il Suo Velo portato in processione miracolosamente fermò, si dice, il fiume di lava che veniva giù inarrestabile.

Agata fa parte della loro vita, a Lei si rivolgono con disarmante fede, per Lei indossano il sacco bianco, tirano il cordone,  portano sulle spalle il pesante cero acceso,  piangono e pregano, a squarciagola Le gridano il loro amore, La invocano con parole dolcissime che solo chi appartiene a questa terra sa riconoscere. Lei è per loro "Sant'Ajtuzza" o semplicemente "A Santuzza", la loro piccola Agata, la loro piccola Santa. Ed era davvero piccola Agata, poco più che una bambina, quando il 5 Febbraio del 251, dopo aver subito atroci supplizi, andò incontro alla morte. Quinziano, proconsole romano in Sicilia, volle così punirLa per non aver ceduto alle sue brame e non aver abiurato la Sua fede.

Chi non ha mai visto la festa non può sapere cosa sia. E chi viene da lontano a vederla ne resta preso oltre ogni aspettativa e parte promettendo di tornare, magari assicurandosi fin d'ora per l'anno dopo un affaccio su Via Etnea per la processione del cinque.

Ma la maggior parte, un'immensa marea di folla, stanno in strada, così stretti da non potersi muovere, a chiudere nel loro abbraccio la Santa, a incrociare almeno per un attimo il Suo sguardo, a mandarLe un bacio, ad affìdarLe un segreto desiderio. Il cuore palpitante della festa è nei giorni 3/4/5 Febbraio. Da parecchi anni a questa parte......... anche il 6!

Dopo un anno di attesa i cittadini si riprendono la loro Santa e La portano in solenne processione per le vie della Città; il busto preziosamente ingioiellato e il sacro reliquiario stanno sul fercolo (‘a vara) stracolmo di ceri accesi e ornato di garofani, rosa il 4, in ricordo del martirio, bianchi il 5, a significarne la virginale purezza. A perdita d'occhio il cordone tirato dalla moltitudine dei "divoti" nel caratteristico sacco bianco, in ricordo, forse, di quella lontana notte del 1126 quando le reliquie della Santa, trafugate molti secoli prima, fecero ritorno in patria da Costantinopoli.

Era notte fonda ma alla notizia che la nave era giunta in porto, i catanesi, ancora in camicia da notte, lasciarono a precipizio le loro case correndo a riabbracciare Agata.

Indossare "u saccu" è per un cittadino un onore e un impegno di vita ma anche, spesso, il segno tangibile di una solenne promessa fatta ad Agata, di un voto che passa da padre in figlio, di generazione in generazione.

Ho visto questa festa tante e tante volte, la ricordo da quand'ero bambina; per lungo tempo dimenticata, infine ritrovata, ha accompagnato la mia vita e in essa mi riconosco.

Ogni volta la vivo con la stessa infantile commozione, come se fosse la prima volta e l'ultima.
Ogni anno apro la mia casa agli amici più vecchi e più cari; ci si ritrova, si riprende il filo dei comuni ricordi, tra olivette e malvasia si allacciano vecchi e nuovi discorsi.

Eleganti, tutte luci, ori e preziosi intarsi, sfilano portate a spalla le undici "candelore" pesantissimi "ceri" lignei, una per ogni corporazione (pastai, panettieri, fruttivendoli, pizzicagnoli, fiorai...).

Un tempo, quando non c'era ancora illuminazione, precedevano la Santa rischiarando con la loro luce la strada buia. Procedono leggere a suon di musica. I catanesi non si stancano mai di ammirarne la caratteristica "annacata" e le ardite esibizioni in una estenuante gara di destrezza e di resistenza. Finalmente, dopo molta attesa, il lungo cordone arriva sotto i balconi della mia casa, ogni tanto i divoti lo sollevano in alto come a offrire ad Agata la propria fede.

Infine arriva Lei e io mi sento pervasa da uno sconosciuto senso di abbandono e di  pace.

Dal tappeto di folla, dai balconi stracolmi tutti gli occhi sono su di Lei e tutti si sentono un'unica cosa.

Nel silenzio, a squarciagola i divoti innalzano alla loro Santa invocazioni di struggente dolcezza:

"E facemuccillu sentiri
a sant'Ajta
quantu a vulemu beni!"
"Semu tutti divoti, tutti!
"Cettu, cettu!" (Certo!
"Cittadini
viva sant'Ajta!
"Viva, viva!!"

La Santa è passata.

Ci abbracciamo dandoci appuntamento alla prossima volta. So che con la luce del nuovo giorno sarà di nuovo sotto i miei balconi. Resisto al sonno, poi cedo rannicchiandomi in una poltrona.

Ma, a giorno ormai inoltrato (sono già quasi le nove!) di soprassalto mi sveglio. Riconosco l'inconfondibile brusio che sfida l'aria pungente e chiama ancora a raccolta il popolo di Agata.

La Santa torna dal Borgo.

In un lampo sono in strada, faccia a faccia con Lei, i miei passi si fanno condurre da altri passi. Ogni traccia di sonno è cancellata.

Giunto ai Quattro Canti il fercolo si ferma e si posiziona per iniziare la storica salita. Un tempo di corsa, nel cuore della notte, ora nella piena luce del mattino, al passo, dopo i mortali incidenti del passato. La folla è di nuovo un mare.

So già che l'accompagnerò su per la salita, fino ad ascoltare in Via Crociferi il soave canto delle benedettine e poi l'aspetterò dentro la Cattedrale stipata all'inverosimile per guardarLa ancora una volta prima di lasciarLa.

Trascorreranno ancora molte ore prima che i catanesi si decidano a separarsi da Lei. È già passato da un pezzo mezzogiorno, quando, portata a spalle, entra infine nella chiesa.

Tutti applaudono e piangono, tutti cantano...

"Tu che splendi in paradiso
coronata di vittoria
O sant'Agata la gloria
per noi prega
prega di lassù..."

E su in alto per la grande navata fragorosa esplode l'invocazione

"Cittadini
viva sant'Ajta!
Cittadini
viva sant'Ajta!"
"Viva, viva!"

E tutti salutano la loro piccola Santa con una preghiera e fior di labbro e un bacio. Poi ognuno torna a casa cominciando fin d'ora ad  aspettarLa.

Catania, 16 Febbraio 2011

ALBA VAGLIASINDI

 

Segnala questa pagina ad un amico




Piazza Scala News - Pasqua 2011