Malintesi

   Un racconto di Fortuna Della Porta da "LABIRINTI"    
- Mi piacerebbe passare un rasoio sulla pelle del tuo avambraccio, fino a veder spillare il sangue.
Era seduto dall'altra parte del tavolo, di fronte a lei e le teneva la mano rivoltata sul palmo tra le sue e con l'indice percorreva la flessuosità delle vene azzurre, indicando la ferita immaginaria.
- Potrei berlo, aggiunse scrutando divertito la sua esitazione.
Istintivamente lei ritrasse il braccio, angosciata dal gioco di Luca, che aveva iniziato anche quella sera,  appena finita la cena, a descrivere come avrebbe voluto squarciarle il corpo, un seno, lo zigomo e ora l'avambraccio. Le sembrava un patologo alle prese con lo spettacolo agghiacciante che un cadavere offre sotto lo squarcio a Y dell'autopsia, ma con gli occhi indubitabilmente annebbiati dall'eccitazione.
-Ti voglio mangiare, mormorava ogni tanto con la voce roca.
La turbava non tanto la descrizione dei visceri sanguinolenti, il catalogo di vene e arterie quasi sempre devastate da qualche trauma o qualche malanno nel loro percorso, anzi addirittura lei si appassionava a quei telefilm in cui una pallottola è seguita fino a destinazione nel suo intrufolarsi e spappolare capillari e strisce muscolari e tutto il resto, la morte, cioè, inseguita nell'ultimo respiro e poi l'infiltrarsi di larve e insetti necrofagi, quanto quello sguardo socchiuso e lucido, l'umidità coagulata agli angoli della bocca. Quel modo che trovava Luca di eccitarsi o manifestare l'eccitazione cominciava a pesarle da quando suo marito pareva aver perso i freni inibitori.
Iniziava ad avere paura di Luca.
Si era ritrovata a girarsi di scatto, avvertendo la sua presenza dietro le spalle, e una volta per una frazione di secondo aveva avuto un'allucinazione. Lo aveva visto col braccio sollevato in alto e nella destra reggeva una specie di pugnale con le scanalature che permettono ai fluidi corporei di defluire dopo l'affondo. Da qualche tempo aveva nascosto i coltelli più lunghi e affilati ma anche in quel luogo andava a controllarli in continuazione; la mannaia per disarticolare il pollo era finita diritta nel bidone della spazzatura.
Tre giorni prima si era fermata davanti alla vetrina di un armiere domandandosi quale fosse la prassi per venire in possesso di un porto d'armi e quindi di una rivoltella, poi si domandò da dove spuntassero le idee senza capo né coda e scappò via col cuore in gola, ma anche nei giorni seguenti tornò a interrogarsi se avesse bisogno di cautelarsi in qualsiasi modo. Poiché di armi non capiva un'acca avrebbe cominciato con l'informarsi.
Si riscosse d'improvviso e si girò verso Luca. Le parve strano come sempre che, dopo aver parlato di ferite e sangue, suo marito si servisse in tranquillità un dito di brandy per poi sedersi sul divano. Azioni prevedibili e usuali sembravano.
Dopo aver lentamente bevuto davanti alla televisione, si sarebbe probabilmente alzato per aiutarla a sparecchiare e poi di nuovo sul divano per seguire un incontro di boxe, recente o meno, ma sempre e solo di boxe. Ripassava decine di cassette. Suo marito seguiva percorsi obbligati.
Anche questa passione per uno sport selvaggio indicava secondo lei un'inclinazione all'aggressività in parte latente, perciò non poteva escludere che alla fine suo marito non riuscisse più a controllarsi.
Avvicinandosi alla finestra Pam cercò di ricordare da quando non affrontassero un argomento che fosse importante per lei e non parlassero dei suoi desideri, del suo lavoro.
Di fuori i ramoscelli oscillavano alla brezza, ma Pam era tanto assorta da non vedere nulla. Tra le altre cose, Luca non sapeva che aveva rischiato il licenziamento per giusta causa, quando aveva cancellato per sbaglio un file con gli appuntamenti ed erano saltati dei contratti.
Non dormiva abbastanza di notte e il risultato era stato quella grave negligenza.
Si era giustificata col dire che non stava bene, il che era la verità, e si era salvata perché era la prima volta che accadeva per colpa sua un episodio tanto increscioso.
Suo marito, pensò, la stava distruggendo giorno dopo giorno con la sua mania. Aveva perso diversi chili e la pelle si era ingiallita. Si trascurava.
Aveva tagliato i lunghi capelli color rame perché fossero più pratici e non aveva più voglia di fare il giro dei negozi per acquistare un capo nuovo e quelle cosine leziose e trasparenti che comprava un tempo solo per vederlo fingere smorfie di sorpresa e saltellare a piedi uniti come un canguro. Tutto questo apparteneva ad una vita non più sua.
Pam seppe sin dalla prima notte di nozze della mania di Luca, ma allora non ci badò. Pochi mesi prima suo marito era stato coinvolto senza colpa in un incidente automobilistico che aveva disteso sull'asfalto ben due cadaveri; di conseguenza, sulle prime, aveva attribuito la singolarità al trauma.
Ma Luca non aveva smesso più di appassionarsi all'anatomia dal versante più raccapricciante. Come alcuni indulgono alla volgarità, a letto godeva parlando di tessuti infetti e ferite mortali e quella perversione -in quale altro modo la si poteva chiamare?- era diventata un calvario. Negli ultimi tempi se ne stava lì col fiato corto e a simulare piacere perché Luca si sbrigasse e si addormentasse in fretta.
Gli aveva una volta consigliato timidamente un terapeuta per vederlo scoppiare in una risata dirompente.
- Eh? Ti sembro folle?
- Non è questo…aveva risposto ingoiando a vuoto.
Era in trappola, paralizzata.
Si trovò a domandarsi se suo marito fosse stato un bimbo crudele, di quelli che troncano di netto la coda di una lucertola o l'annegano. Una volta un suo compagno di giochi, che non aveva voluto vedere più, sospese un gatto, con le zampe posteriori legate insieme, ai fili del bucato e le impedì di liberarlo. Le cattiverie infantili, pensò, sono responsabili dell'insensibilità e della malvagità da adulti.
L'annunciano. Anche Luca aveva seviziato animali inermi, rimuginò Pam, ne era sicura.
Da qualche tempo era vittima di percezioni spaventose. Aveva visto già parecchie volte Cris, la sua giovanissima cugina che una volta era venuta per vendere loro un'enciclopedia, abbandonata come un fantoccio sul divano, il pezzo di crostata che le aveva servito finire sul tappeto, mentre lei si copriva di rivoletti gelatinosi di consistenza e colore inconfondibili.
Vedeva spesso coperta di ferite anche la sua donna delle pulizie: una figura coperta di tagli che si sovrapponeva a quella in salute e lei finiva col sentirsi confusa.
- Signora, le chiedevo….
Le pareva che i confini tra il reale e le sue terribili visioni diventassero sempre più labili e non sapeva cosa pensare. Forse Luca tentava di farla impazzire, di spingerla al suicidio. Una mente aggrovigliata come la sua poteva nascondere qualsiasi progetto.
Pam col cuore in gola si domandò se non fosse giunto il momento di ribellarsi.
Ebbe l'impressione di annegare e dunque aprì l'imposta e si affacciò alla finestra dove il tramonto si oscurava di nuvole brune lasciando all'umore nero, che si impossessava di lei ogni volta che Luca la torturava, di penetrarla ovunque.
E i segni quotidiani delle striature azzurre e rossastre che occupavano il cielo, la notte con l'oscurità vicina le diedero la sensazione di una catastrofe imminente. Con innato senso pratico aveva preferito occuparsi di numeri e procedere nella vita con razionalità, ritenendo i concetti astratti di soluzione nulla. Ma il disfarsi dei corpi, richiamato in continuazione dai lugubri giochi verbali di Luca, non poteva che avere quella conseguenza: concentrare la sua attenzione sulla
precarietà dell'esistenza, della propria e dell'universo intero, compresa la faccia innocente della luna di fronte a lei che, a quanto si sapeva, sarebbe finita ingoiata dal sole, nella fase ultima della sua agonia cosmica.
Non poté fare a meno di pensare alle minuscole tombe dei genitori, sul lembo di una collina, in un minuscolo cimitero di fronte al mare, e provò la sensazione che l'avessero abbandonata mentre prima se ne era sentita protetta. Aveva sempre immaginato i suoi in un luogo per i vivi inaccessibile, ma da dove un genitore continua a proteggere il figlio, anche se ha dovuto lasciarlo prematuramente.
Forse, pensò, la morte è invece il tempo della solitudine estrema e del vuoto, i quali trapassano fino ai vivi e cominciano a succhiare la linfa come stava accadendo a lei non appena si è deciso lassù di tagliare il filo della vita. Arrivò insomma a supporre che in realtà stava già  morendo e che il suo corpo si esercitasse in una sorta di congedo.
Luca, pensò, l'aveva ridotta così. Da quando si erano sposati aveva smesso di ridere, al contrario di lui, che si applicava al suo raccapricciante catalogo da obitorio scherzandoci su.
Trasalì quando bussarono alla porta.
Dall'altra parte della stanza, suo marito fu il primo a reagire.
- Chi sarà? domandò quasi a se stesso alzandosi con un balzo e appoggiando il bicchiere quasi vuoto sul piano di cristallo del tavolino. Lei lo seguì con lo sguardo e tacque, contraendo le labbra. 
- Chi è? ripeté con un timbro più alto.
- Vorrei chiederle un'informazione, signore. Non so dove sono. Suppongo di essermi perso.
La voce che attraversava la porta era grave, con una dizione perfetta. Appoggiandosi al davanzale della finestra, girata verso l'ingresso, Pam con una certa curiosità vide suo marito dare una scossa alla maniglia, in uno dei suoi soliti gesti energici e spalancare del tutto la porta.
Possedeva il modo vigoroso e felpato di muoversi dei felini.
Un signore ben vestito sulla quarantina in un momento si trovò nel piccolo atrio intorno a cui si apriva l'ampio soggiorno e in fondo, sulla sinistra, la cucina, appena dissimulata da un muretto sormontato da minuscole piante.
Lo sconosciuto, del quale Pam intravide la solidità corporea sotto il leggero impermeabile, stava ora spiegando che doveva andare a visitare un paziente e pronunciò il nome del paese, alla cui periferia sorgeva la loro abitazione. Aveva appoggiato al muro, accanto alla porta, la tipica valigetta.
Pam si rese appena conto che suo marito tentava di descrivere all'altro, parlando e gesticolando, il tragitto per giungere a destinazione. Poi, inspiegabilmente, si distrasse di nuovo, considerando quanto Luca amasse i luoghi solitari e la natura rigogliosa al punto che quando aveva visto quel terreno in vendita, con un piccolo laghetto a meno di trecento metri, aveva detto d'impulso senza neanche chiedere a Pam:
- Lo prendiamo!
L'aveva tuttavia accontentata nel predisporre tutte le misure di sicurezza, ma alla fine lei si era abituata e anzi aveva cominciato a trovarsi bene in quel silenzio, interrotto solo dai movimenti della vegetazione e dai versi degli animali e soprattutto, di mattino presto, degli uccelli.
Riprendendosi Pam, disse con eccessiva enfasi allo sconosciuto:
- Si sieda, per favore, prenda un caffè con noi.
L'altro ringraziò e aggiunse che si sarebbe fermato solo per un minuto, intanto che capisse meglio dove si trovava e dove doveva andare.
Mentre l'uomo si sfilava il soprabito, Pam si diresse verso la cucina e dopo un minuto appena, fu di ritorno con due sole tazzine perché a quell'ora lei continuava a tenere la macchinetta elettrica accesa, ma non prendeva caffè.
Alzò gli occhi dal vassoio verso suo marito e il loro ospite e le tazzine volarono schizzando il caffè dappertutto, i cocci si sparsero sul pavimento, perché ciò che vide fu una pistola con silenziatore, che si avvicinava per appoggiarsi alla sua tempia.
- Non urli, disse quello. Non servirebbe.
- Stai calma, Pam, andrà tutto bene, disse con apparente disinvoltura e tono stridulo Luca. Fai come dice…
- Appunto, fece l'altro. Mi indichi la cassaforte, disse l'uomo rivolto a Luca e Luca tentò di spiegare che non avevano una cassaforte e neanche gioielli e neanche soldi perché usavano carte di credito…
- Non è vero, gridò l'altro. Ho informazioni diverse.
Con Pam in quella posizione, ma era tanto piccola che lui avrebbe potuto sollevarla di peso, fecero il giro della casa, perlustrarono il garage.
Pam sentiva le ginocchia cedere e di tanto in tanto le giungeva come filtrata la voce di Luca che l'incoraggiava, ma non le era di aiuto.
Il tempo si era fermato, Pam almeno non riusciva più a controllarlo.
Ad un tratto i pensieri di Pam andarono in un'altra direzione. Avvertì una sorta di complicità tra i due. Di tanto in tanto Luca che faceva strada si girava all'indietro e fissava l'uomo negli occhi, una volta i rispettivi avambracci si sfiorarono e a Pam parve un cenno d'intesa inequivocabile. Allora si mise a considerare che si trattava di una messa in scena, che suo marito stesse fingendo una rapina con un complice per farla fuori. Addirittura le parve che quell'uomo conoscesse la casa e anticipasse le indicazioni di Luca, che, infatti, si manteneva troppo calmo, a suo parere, per un frangente così
drammatico. Non era in corso alcun tentativo di rapina, solo il suo assassinio.
Forse speravano sottoponendola a quella tensione che le venisse un attacco di cuore.
Presto avrebbero ispezionato anche il suo corpo, su una lastra di marmo, col procedimento che Luca le aveva così bene illustrato. Una rabbia sorda fu seguita dalla spossatezza e alla fine da un odio che le appannò la mente.
Forse c'entravano i titoli e i buoni del tesoro che i suoi genitori le avevano lasciato e che in tanti anni erano germogliati come se fossero stati piantati in un campo dei miracoli a cui quei due stavano mirando.
Lei non aveva mai toccato nulla. Era stato Luca molto spesso a insistere che si prendessero una lunga vacanza attingendo alla sua cospicua eredità. Pam però sapeva che non sarebbe mai riuscita a stendere la mano verso il denaro che ai suoi era costato una vita di rinunce. Lo avrebbe destinato ai figli se mai ne avesse avuto o lo avrebbe devoluto ad un'organizzazione che si occupasse dei bimbi del mondo.
I pensieri si ammucchiavano uno sull'altro tutti insieme poi svanirono anche gli ultimi dubbi. L'avrebbero proprio fatta fuori, alla fine di questo pessimo allestimento. Si guardò intorno alla ricerca di una via di fuga, ma la porta era chiusa e la finestra era blindata dalle grate.
Vide anche la catenella alla porta, che Luca si era preoccupato di inserire per impedirle di fuggire. Non aveva altro senso quella catena diligentemente assicurata al gancio di sostegno.
Il cuore, pensò, le sarebbe fuoriuscito dal petto da un momento all'altro.
Continuò confusamente a cercare la maniera di sottrarsi all'abbraccio mortale dello sconosciuto e ancora ci pensava mentre Luca si slanciava su di lui tentando di strappargli la pistola. Continuò a pensarci insulsamente persino dopo che il colpo gli aveva aperto la cute in mezzo alla fronte, bruciacchiandone i margini, aveva frantumato una porzione di osso e si era adagiato nella soffice materia cerebrale.
Ovattata cercò di dare il giusto significato alle parole:
- Pam, ti amo.

 

 


 

 

 

 

 

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