I Menhir
nel Salento
Fernando Mazzotta ci accompagna nella preistoria pugliese
I menhir (dal bretone men = pietra e hir = lunga) o "pietrefitte" sono
parallelepipedi ricavati da un unico blocco di roccia (monolite) conficcato
originariamente nel terreno o nel banco roccioso in posizione verticale.
Essi recano spesso incisioni o sono modellati in forme particolari, tanto da
rendere lecite, ma non ancora dimostrate, le varie ipotesi interpretative
che li vogliono, di volta in volta, simboli fallici, monumenti funebri,
segnali di confine di un territorio o strumenti astronomici. L'orientamento
delle facce più larghe esposte, nella maggior parte dei casi,
rispettivamente a Est e a Ovest e la collocazione di alcuni di essi lungo la
direzione dei raggi del sole nei giorni di solstizio ed equinozio,
potrebbero essere indizio di un rapporto con il culto degli astri e con i
riti a essi legati. I menhir sono ampiamente distribuiti in Europa, Africa e
Asia, ma sono più numerosi nell'Europa Occidentale, in particolare in
Bretagna e nelle sue isole. In Italia la presenza di questi monumenti
monolitici è attestata in Sardegna e in Puglia, con una particolare
concentrazione nel Salento. L’ antica Gallia di Asterix e Obelix (grande
intagliatore di menhir) rivive, dunque, nel Salento a sud di Lecce che
ospita la più alta concentrazione di questi monoliti esistente in Italia.
Nel Salento, salvo rarissime eccezioni, sono del tipo di roccia comunemente
detta "pietra leccese" e infissi nel terreno o in banchi della stessa roccia
soprattutto nella zona racchiusa tra i comuni di Lecce, San Cesario, San
Donato di Lecce, Galugnano, Zollino, Corigliano d'Otranto, Cursi, Minervino
di Lecce, e ritornando verso Lecce, Martano, Castrì di Lecce, Lizzanello,
Cavallino e Merine. Centri di particolare importanza per la presenza di
questi monumenti megalitici, sono Zollino la "Città della storia" e
Giurdignano il "Giardino megalitico d'Europa". Il menhir più alto d'Italia
attualmente riconosciuto è il "San Totano" (metri 5,20) a Martano. Il menhir
è una pietra muta ma densa di tante simbologie e archetipi compresi dal
nostro inconscio, ma incomprensibili alla nostra coscienza moderna. Uno
degli sforzi scientifici, che il megalitismo pone e che coinvolge la sfera
psico-antropologica, è quello di svelare le simbologie in esso celate e
attive al contempo. Dall’altro lato vi è necessità più propriamente
archeologica di inquadrare correttamente il fenomeno menhir nella storia
antica del Salento, analizzare gli influssi che hanno visto giungere o
contribuito a far nascere il megalitismo in questa terra e cogliere, anche
in un’ottica più ampia, le influenze, che lo stesso megalitismo salentino ha
esercitato in altri contesti geografici, legati alla Puglia dalla fitta rete
di traffici e migrazioni, che nelle epoche passate hanno caratterizzato la
storia del Mediterraneo e dell’Europa.
Il fenomeno megalitico pugliese, poi, presenta interessantissime
differenziazioni locali e mostra una trama evolutiva interna, che portò allo
sviluppo di quella, che possiamo considerare “la religione del menhir” e che
mostra il suo massimo sviluppo proprio nei numerosissimi menhir a pilastro
squadrato osservabili nell’entroterra otrantino e più in generale nel basso
Salento. Un pensiero religioso che, a mio avviso, contribuì fortemente allo
sviluppo del “culto della stele e della colonna” presso le popolazioni
japige (apulo-messapiche) dell’età del ferro. Molti dei menhir del Salento
presentano tracce di lavorazione come ad esempio una punta smussata o dei
fori sulle sommità, che, in genere, percorrono buon tratto del monolite e si
crede che all'interno di questi fori, venissero inseriti degli oggetti che
fungevano da coadiuvante di riti propiziatori. Sono, tuttavia, presenti
anche delle incisioni a forma di croce o degli affreschi che riportano a
soggetti della religione cristiana, testimonianza che essi hanno subito nel
corso dei secoli un processo di cristianizzazione, e questo anche per
evitare che venissero distrutti in seguito all'editto di Teodosio ( 380
d.C.), che proclamava la religione cristiana come religione di stato ed
imponeva di distruggere tutti gli oggetti di culto riconducibili ad altre
religioni. Secondo diversi studiosi tali monumenti in passato non hanno
avuto sempre la stessa funzione: essa è stata variata e determinata dalla
cultura, dalle necessità e dal contesto socio-economico delle popolazioni di
quei tempi, ma a tutti generalmente è attribuita una funzione commemorativa,
funeraria o di pratica rituale. Il Menhir simboleggia, probabilmente, la
fecondità della terra. Era, sostanzialmente, un simbolo fallico... Esiste
anche un menhir con un buco definito Menanthol che, sempre dal Bretone,
potrebbe significare “pietra forata” simbolo di rinascita.
Nel Salento ci sono almeno due luoghi dove esistono riti di fecondità e
rinascita. Uno di questi è certamente la chiesetta di San Vito a Calimera,
dove il rito della rinascita si rievoca ogni anno. Un altro luogo è
probabilmente la grotta della Matonna tu Carottu (Madonna del Buco): il
rito, praticato sino agli inizi del secolo scorso, consisteva nel passaggio
degli adolescenti attraverso un buco in una parete di roccia posta nella
grotta. In questo modo, il giovane “simbolicamente” nasceva a nuova vita.
MAZZOTTA FERNANDO n. Lecce 08.08.1941 e residente a Taranto
Sito web
"Storia della pittura attraverso i francobolli"
Coniugato con Anna Maria Carrino. Due figli: Antonio, analista
programmatore, Francesco laureato al DAMS di Bologna in “Musicologia”,
giornalista professionista
“free lance” e critico musicale. In casa mia si è sempre mangiato “pane e
musica”: personalmente adoro il jazz e la musica classica.
Ho tre nipoti: Alessandro, Miriam ed Alice.
La mia carriera bancaria in Comit inizia nel 1964 dopo aver lavorato nel
settore metalmeccanico (nell’allora costruendo Italsider a Taranto).
Assunto da Luigi Fausti all’epoca Direttore a Taranto, dopo qualche anno
sono passato a “carico D.C.” maturando una buona esperienza in varie Filiali
d’Italia.
Nominato Procuratore sono stato destinato a Barletta dove ho “stazionato”
per dieci anni, quindi Bari, Cosenza e, infine, di nuovo Taranto
(Condirettore).
Contrariamente a quanto può sembrare, la mia passione principale non è la
filatelia, ma l’atletica leggera che ho praticato a livello federale sin dal
lontano 1956 senza aver mai smesso di correre in giro per l’Italia fino al
2008. Sono dirigente di una società di atletica leggera di Taranto che conta
oltre un centinaio di atleti iscritti. Ho anche ricoperto la carica di
Dirigente Settore Propaganda della FIDAL (Federazione Italiana di Atletica
Leggera) negli anni dal 1982 al 1987 e nel quadriennio 2005-2008 quella di
Vice Presidente del Comitato Provinciale di Taranto. Ho corso durante la mia
lunga carriera di atleta tantissime maratone ed ultramaratone. Nel 2007 ho
vinto il titolo di Campione Italiano Master di Staffetta 4x1500 . Di fatto,
ora ho smesso di correre e di gareggiare, ma pratico sempre il feet-walking
abbinato a tanto nuoto e bicicletta.
Fernando Mazzotta - settembre 2011
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Piazza Scala News - ottobre 2011