Kauffman e Wagner, Kraus ed il do di petto... spero che interessi anche al ministro

 

E' stato sollevato un tema. Tra gli appassionati di opera c'è sempre qualche tema che sorge dalle ceneri. Per fortuna. 

Il "caso" Kaufmann e il relativismo critico...sollevato recentemente dall'avvocato Steccanella, ma anche da chi continua sul suo Blog, bloccatissimo, a raccontare storielle che stroncano chiunque che non sia nato prima del 1940. Sono tutti avvocati e sanno esprimersi in italiano. Peccato che se l'ordito dei loro interventi sia perfetto, il contenuto è da sempre un'insalata russa di verità non riscontrabili, (mancano totalmente i supporti audio), unite a considerazioni negative che non si possono controbattere perchè chi scrive loro, (non io, tanto è inutile), viene regolarmente bannato. Cancellato. Messo nella lista nera. Comunque: Steccanella pone un quesito serio;  la lirica ed il canto sono davvero un optional così soggettivo ? C'è chi risponde, non ne conosco il cognome e non posso citare lo pseudonimo, ma il nome si, Roberto:" Sono ancora alla ricerca di una risposta definitiva che dimostri l'esistenza, nella lirica, di elementi universalmente oggettivi. Fino ad adesso, nelle volte in cui si è affrontato questo argomento, nessuna risposta è arrivata a tanto. La pretesa oggettività nel giudizio lirico non è altro che la corrispondenza fra le nostre idee esecutive e quello che ascoltiamo dato che qualunque elemento contenuto nella prestazione di un cantante, sia esso sonoro che visivo, viene percepito singolarmente da ciascun ascoltatore attraverso le proprie orecchie ed analizzato confrontandolo con le proprie idee. Kaufmann è il tenore più interessante che ho ascoltato negli ultimi anni, attualmente l'unico che mi viene voglia di ascoltare e vedere in teatro. Percepisco più colori in un aria cantata dal tenore tedesco che nell'intero repertorio di vari rinomati tenori di oggi e dell'altro ieri. Naturalmente questo è il mio relativissimo giudizio e trovo naturale che vi sia chi dissente totalmente e lo considera un bluff di agenzia". Tralasciando altri pareri mi permetto di aggiungere le mie considerazioni. Mamma mia addirittura "il caso?" E il relativismo critico. Allora la malattia è seria. Ho appena terminato di vedere e di ascoltare il Lohengrin diretto da Nagano. Intimistico, dolce, moderno, privo di retorica: non ho avuto nelle orecchie nessun desiderio di far paragoni, nè recenti, nè del passato; sono uomo del 2010, il pubblico è della prima metà del nuovo secolo e tributa a tutti un successo clamoroso, soggiogato più dall'interpretazione di cantanti e orchestrali, che non dalla musica del compositore. L'opera si presta a questo tipo di considerazione. Non perdo tempo a raccontare a che punto Wagner è nel momento in cui è costretto a vagolare per l'Europa cercando rifugio e denari; nè vorrei annoiare chi conosce perfettamente le vicende umane e psicologiche dell'Autore, quale percorso artistico stia compiendo quando compose l'opera, però tornando a Kaufmann francamente l'ho voluto considerare un grande interprete ed un giovane cantante molto dotato. Senza nessuna forzatura le sue mezze voci sono mezze voci, non falsetti; ii suo timbro affascina oggi le ragazze delle scuole di musica tedesche, come un tempo quello di Domingo, dominava i cuori emozionati delle signore tedesche, viennesi e di mezza Europa. I suoi acuti sono emessi con facilità, ma nulla è lasciato al caso: non c'è sforzo ed a me pare che voglia interpretare ogni punto, ogni virgola, ogni momento scenico, con attenzione, con una punta di naturale romanticismo, trasformando il dramma lirico, in una lirica drammatica, non priva di fascino personale; c'è una sigla che è di Kaufmann e di nessun altro. Nagano lo sostiene con una magnifica concertazione; ma è il suo gesto che accompagna con attenzione ed amore anche qualche piccola sbavatura del coro e qualche cantante femminile, non sempre, perfettamente intonata, raccontando una storia, con grande semplicità, ma anche luminosità. L'attacco di "Mio caro cigno", per fare un esempio è una somma significativa della bellezza di quest'opera e di questa interpretazione. Leggo altrove che il tenore è ingolato. Dissento: specie se si vuol comprendere bene ciò che voglia dire essere ingolati. Roberto ha scritto una verità oggettiva: basta ascoltare senza pregiudizi o strani innamoramenti in cui invece cade un amico mio a proposito di un soprano, inventatosi maestro di canto. Ripropongo le sue parole :" Kaufmann è il tenore più interessante che ho ascoltato negli ultimi anni, attualmente l'unico che mi viene voglia di ascoltare e vedere in teatro. (Io aggiungo Florez, non per pervicace insistente sostegno critico immeritato, ma per la grandezza del cantante, nel suo repertorio). Percepisco più colori in un' aria cantata dal tenore tedesco che nell'intero repertorio di vari rinomati tenori di oggi e dell'altro ieri".

Qualcuno afferma che farà la "fine" di Villazon.

Non sono d'accordo. Kaufmann non forza, non imita nessuno, non allarga i centri, non si strozza, per dirla con il mitico Rodolfo, emettendo acuti che paiono urla di un cappone sgozzato. E' un uomo intelligente ed un cantante accorto. Ho letto e riletto vari interventi su altro sito l  aperto il 26 luglio e conclusosi oggi 21 settembre, prima di questo mio modestissimo contributo. Inviterei a rileggerlo. Su Operaclik ad esempio. La partenza è quasi dottorale, precisa, interessante, stimolante, ( QUANDO SI ACCENNA AI LIEDER AD ESEMPIO - MA IN ITALIA, FRANCAMENTE, QUANTI CORRONO AD ASSISTERE AD UN CONCERTO LIEDERISTICO?), seguono divagazioni coinvolgendo altri interpreti che entrano nella questione Kaufmann come i cavoli a merenda, riprendendo il volo con altri interventi, a volte poco originali perchè non adagiati sul letto della riflessione critica. S'intersecano troppe opinioni nebulose. Ciò aprirebbe un altro discorso, ancora più concettuale, quindi terminerei con le parole di Rberto: "grazie all'esercizio del sempre più indispensabile ma, ahimè fin troppo assente, relativismo critico è possibile avere un approccio differente ad una esecuzione lirica". Approccio sempre più indispensabile, direi, se si vuol parlare di critica e di ragione; non solo di gusti e di tecnica che deprimono perchè "si celebrano certezze, sovente senza alcuna forza culturale, se non quella del gusto che può rendere una certezza condivisibile, anche se poi si dimostra che fosse appoggiata su piedi d'argilla".

Enrico Stinchelli interviene e la sua frase conclusiva è paradigmatica. " Dopo 10 minuti da che l'Opera è iniziata l'orecchio si abitua a qualsiasi tipo di vocalità e se hai la luna buona....ti va bene tutto, eccetto magari una Marrocu che strilla o la Fabbricini che stona...ma ho potuto riscontrare moltissimi fans capaci di incensare urla, stonature, stecche....le più conclamate. L'ascolto è relativo, non la critica...che è un mero prodotto dell'ascolto". Concordo. Alcune considerazioni di Roberto (Cajus?),  le ho citate perchè moderate, equilibrate e condivisibili. Però Su "Europa oggi", scritto da Giovanni Martino, c'è un lunghissimo ma interessante intervento sul Relativismo. Il cappello al ragionamento è il seguente: "Un tempo i filosofi usavano partire dall’evidenza, che ormai è fuggita fra gli unicorni. Resta l’opinione: dominatrice di tutti i regimi, senza profilo, in ogni luogo e in nessuno, l’eccesso della sua presenza è tale da consentire soltanto una teologia negativa. Caduto il reggimento divino e svilito il vicariato della metafisica, l’opinione è rimasta allo scoperto, come ultima pietra di fondazione, a coprire folle di vermi, qualche iguana e pochi, antichi serpenti". (Roberto Calasso, I quarantanove gradini, Adelphi 1991).  Molto di ciò che oggi vien scritto anche dai professionisti è realtivismo d'ascolto.

Brevemente passo all'argomento sul do4. Vero che Kraus fu l'unico ad emetterlo a fine carriera?

Ovviamente mi sbaglierò, però la mia maestra di canto, che mi legge e che per la verità citò forse senza saperlo, una frase di Rodolfo C. mi disse che nel corso degli anni il tenore perde normalmente una nota acuta. A volte due. Per motivi fisiologici. Quindi chi da giovane emetteva un re naturale in zona acuta è possibile che mantenendo la salute della gola, possa, anche a fine carriera, emettere un do diesis e quindi facilmente, si fa per dire, un do4. Lo stesso fenomeno capita ai soprani ed a tutti gli altri cantanti. Nucci, per fare un esempio che possedeva acuti scintillanti, e forse più rotondi e centrati che scintillanti, anche adesso può giocare in quella zona meglio di altri anche se più giovani. Il basso è il cantante che all'orecchio, perde meno o meno che per altri ci si accorge che i suoi acuti non sono quelli di un tempo, specie se cambia repertorio. (Ramey ad esempio). Ai bassi ed ai baritoni, così come ai contralti ed ai mezzo soprani si richiedono altre prestazioni "atletiche" ed esecuzioni più teatrali. Quindi egualmente impegnative. Però i fuoriclasse hanno sempre qualcosa che sopperisce alla fisiologia. Alla vecchiaia. Giocano su altre qualità. Fino a quando anche l'aspetto interpretativo, ad esempio eccezionale per Raimondi, a volte non basta più.  Kraus che era un fuoriclasse non mi stupisce che emettesse i do della Fille nel concerto di Siviglia; neppure che cantasse i sovracuti  Lauri Volpi, anche se ad un certo punto, la linea di canto che li precedeva, non era certo quella degli anni migliori. Comq per meglio spiegare cosa sia il do4 mi permetto di ricordare e di ricordare a me stesso che è anche denominato o riconosciuto come do di petto: è posto un'ottava sopra il do centrale, cantato da un tenore con voce piena anche se potrebbe anzi si deve dire che appartiene ad un registro di testa amplificato; non è un falsetto. Se lo fosse prenderebbe il termine di falsettone. La nota musicale in questione, in alcune notazioni viene denominata Do4. Raggiungere il Do4 per un tenore professionista di livello è importante: purtroppo lo è anche per alcuni maestri canto che ritengono il traguardo per eccellenza dei loro allievi. Sovente lo sforzo utilizzato per accontentare tale ambizione, provoca danni irrecuperabili. Tra i tenori più conosciuti Domingo e Caruso non ne fanno uso, salvo in rare occasioni e con difficoltà. Chi possiede acuti facili o li possedeva come Kraus il quale raggiungeva a voce piena addirittura il Mi4, le note superiori al Si sono in realtà emesse da un registro esclusivamente di testa, mentre solo in rari casi come per Luciano Pavarotti, il Do4 sembra sostenuto dalla risonanza toracica. Ovviamente per non suscitare alcuna reazione non cito con dovizia di particolari, nè Blake, nè Matteuzzi, nè Jdf. Quest'utimo talvolta usa un'emissione mista, come altri hanno fatto in precedenza.

Maurizio Dania - settembre 2010

 

 

 

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Piazza Scala News - ottobre 2010