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E’ dal 1880, quando Thomas Edison ne registrò il brevetto negli Stati Uniti, che le tradizionali “lampadine ad incandescenza” illuminano case, scuole, uffici, negozi, tutti i nostri ambienti di vita.
I primi modelli erano costituiti da un bulbo di vetro (al cui interno era stato creato il vuoto) contenente
un filo di cotone carbonizzato attraversato da corrente elettrica. Il filamento però si distruggeva troppo rapidamente e fu così sostituito da quello di tungsteno tuttora impiegato.

Al passaggio della corrente elettrica il filamento metallico si surriscalda (fino a 2.700 K), diventa incandescente e produce, così, luce.

In quelle più recenti il bulbo non è vuoto, ma contiene un gas inerte, di solito argon, che aumenta l’effetto luminoso e prolunga la resistenza del filamento che, inevitabilmente, col tempo si assottiglia sempre più, sino a spezzarsi dopo circa 1.000 ore di funzionamento.

La limitata durata e soprattutto il rapporto tra energia impegnata ed efficienza ottenuta (la potenza assorbita viene convertita per il 90% in calore e solo per il 10% in luce) rendono questo tipo di lampadina dispendioso in termini di consumo energetico.

Le “lampadine alogene”, anch’esse considerate “ad incandescenza”, hanno una maggiore efficienza luminosa grazie ai gas contenuti (argon, iodio, kripton e, a volte, xeno) che permettono il riscaldamento del filamento fino a 3.000 K e oltre.

Ma, se da un lato le lampade alogene sono più luminose (del 50 -100% rispetto alle tradizionali  lampadine) ed hanno una durata di vita di molto superiore, è bene sapere che emettono raggi ultravioletti, dannosi per la vista e per la pelle. Data l’elevata temperatura raggiunta, per queste lampadine viene utilizzato un vetro più resistente, il quarzo che, però, non è in grado di bloccare detti raggi pericolosi.

A tale scopo, nelle alogene più moderne, sono state utilizzate sostanze particolari, oltre ad uno schermo posteriore in grado di disperdere i raggi infrarossi.

Un accorgimento da adottare, con questo tipo di lampade, è quello di non toccare il bulbo con le dita,

perché le tracce di grasso lasciate dalla pelle sul vetro, alla prima accensione, con il calore, si carbonizzerebbero annerendo il cristallo e provocandone a volte la rottura. In caso di contatto è consigliabile pulire la superficie con alcool.

Nei nuovi modelli alogeni con innesto a vite, simili come forma alle comuni lampadine ad incandescenza, ci sono due bulbi sovrapposti, uno interno in quarzo ed uno esterno in normale vetro e, pertanto, possono essere tranquillamente maneggiati, una volta spente e raffreddate (seguire sempre le avvertenze del produttore)

Ma è giunto il tempo di “cambiare tipo di luce”, se vogliamo essere sensibili ai problemi energetici ed ambientali e se vogliamo affrontare le difficoltà economiche di questi tempi.

Molti lo hanno già fatto e, prima o poi, tutti dovranno farlo! Sì, perché da settembre 2012 cessa definitivamente la produzione delle vecchie lampadine ad incandescenza.

Già dal 1° settembre 2009 la normativa europea sull’Ecodesign ha imposto la progressiva dismissione di questo tipo di lampade, partendo da quelle da 100 watt, per seguire progressivamente, di anno in anno, fino a quelle a minor voltaggio (dal 1° settembre 2012).

Nel 2016, poi, il divieto sarà esteso anche alle alogene a bassa efficienza.

L’alternativa è costituita dalle “lampade compatte a fluorescenza (CFL)“, dette anche “a basso consumo”, perché consentono un notevole risparmio energetico.

Il problema del forte dispendio di energia è ormai molto sentito dai governi e dai singoli cittadini.

La bolletta dell’elettricità si fa sempre più onerosa e, anche se il costo iniziale delle nuove lampade è decisamente più alto, molti vi ricorrono pensando non solo al proprio portafoglio, ma anche per una maggiore consapevolezza ecologica. Va considerato che, riducendo il consumo di energia potrebbero essere necessarie meno centrali elettriche, si limiterebbero le emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altri gas climalteranti, come d’altra parte richiesto dal Protocollo di Kyoto.

Le cifre ce le fornisce il centro di ricerca Enea: illuminando meglio le nostre case, potremmo risparmiare 5 dei 7 miliardi di chilowattora impiegati in Italia ogni anno per l’illuminazione.

Per ogni lampadina tradizionale sostituita con una di classe fluorescente si calcola un risparmio di 14 € l’anno e 40 kg in meno di anidride carbonica emessa.

Ma come funzionano le lampade fluorescenti?

A differenza di quelle ad incandescenza che producono luce attraverso il riscaldamento del filamento di tungsteno, queste contengono mercurio.

Esso, surriscaldato, emette un raggio ultravioletto che viene trasformato in luce dalla polvere fluorescente che ricopre la parete interna del bulbo.

Hanno un’efficienza energetica ed una durata notevolmente superiore e consentono, pertanto, un considerevole risparmio economico.

Non mancano alcuni aspetti da considerare:

v sono più costose;

v pur avendo un’accensione immediata, la piena emissione luminosa viene raggiunta gradualmente;

sono più indicate, infatti, per ambienti dove serve un uso prolungato di luce (senza frequenti accensioni e spegnimenti);

v una volta esaurite, vanno considerate rifiuti pericolosi (in quanto contengono mercurio, polveri e gas) e pertanto non vanno gettate né in pattumiera né nel cassonetto per il vetro, ma smaltite negli appositi centri di raccolta o consegnate ai rivenditori a fronte di un nuovo acquisto;

v possono essere pericolose in caso di rottura accidentale per il mercurio contenuto (riquadro al lato).

Quanto detto potrebbe essere allarmante e creare una certa diffidenza nei confronti di questi prodotti,

ma, come per ogni dispositivo, i rischi non sono nel loro uso, ma nel modo con cui si usano.

E’ importante non sottovalutare e sapere come comportarsi, visto che comunque dovremo adottarle.

Ad ogni modo queste lampade non avranno la lunga vita delle vecchie tradizionali che hanno illuminato le nostre case per più di un secolo!

Le innovazioni tecnologiche si susseguono velocemente offrendo sempre nuove soluzioni.

Sono già sul mercato le “lampadine a LED” anche per l’illuminazione domestica.

Siamo abituati a vedere le piccole luci spia su televisori, computer, telefoni, elettrodomestici, ovunque.

Adesso, raggruppati all’interno di globi, faretti o tubi, questi piccoli microchip diventano fonte di luce vera e propria e sembra offrano molti vantaggi: lunga durata (fino a 100.000 ore), bassa emissione di calore, robustezza, piccole dimensioni ed alta efficienza energetica.

A quanto pare, non avremo che da scegliere per rinnovare il parco lampadine della nostra casa!

 

 

 

 

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