Sulle tracce di Erik il Rosso - All'origine della vita
Appunti di viaggio - tredicesima puntata
  Testo e fotografie di Filippo Furia

 

Filippo Furia

 

Inizia (finalmente) la discesa e dietro un grande curvone sulla sinistra si apre un lago, no, è la propaggine del fiordo, che a destra si delinea in tutta la sua bellezza, pieno di ghiacci, e dove sorge con il solito apparente disordine la tavolozza del villaggio di Kulusuk. Il posto è grazioso, ma il suo posizionamento è veramente notevole con degli sfondi che, pur con il grande cielo grigio, appaiono subito molto belli. Scendiamo verso la piccola cala, che funziona da porticciolo, per goderci ancora gli splendidi colori che rimandano i ghiacci e ci soffermiamo tra la gente locale, pure loro in passeggiata, per condividere la loro serenità. C’è un bimbo con delle guance paffutissime, chiedo il permesso, che mi viene accordato, di fotografarlo senza accorgermi che la sorellina più grande stava quasi per piangere per essere stata esclusa dalla foto, per fortuna Grazia se ne è accorta e mi ha consentito di rimediare ad un’imperdonabile gaffe nei confronti di quella tenerissima bambina. I Santaniello con Emilia nel frattempo chissà dove sono, riprendiamo il nostro giro nel villaggio, scoprendo un piccolo shop di souvenir, è chiuso, ma ecco subito arrivare in quad, quelle strane moto a 4 ruote che qui vanno molto, un biondo danese che risulta essere il proprietario e che ci apre il suo negozio. Bella roba, poca, ma qualcosa suscita comunque il nostro interesse e la nostra propensione all’acquisto, quale sorpresa di fronte ad un paraorecchie in foca, che può andare per il “principe” Simone: se non lo mette, lo metterò io, e con questa frase perentoria Grazia si avvia alla cassa, dove scopre anche una piccola coda di balena assai graziosa; possiamo permettercelo, la quota dell’albergo per ora è stata assorbita da Andrea e dalla sua carta di credito! Il biondo danese è in difficoltà, non conosce neanche i prezzi, in realtà il negozio è gestito dalla moglie,che, contattata via filo, riesce a chiudere la transazione commerciale. Il biondo danese incassa, tanto lui si occupa dei kayak e dei kayakisti,. Ritroviamo i Santaniello, che si erano spinti sin sulla punta estrema del fiordo e del villaggio, anche loro, e soprattutto Emilia, vogliono fare un salto al negozietto, che però è ancora una volta chiuso, ma che di lì a poco ci viene riaperto dal biondo danese, solito giro ricognitivo e acquisti da parte di Emilia, nel frattempo arriva anche la bionda danese, e che bionda, veramente una splendida donna, se avessi potuto avrei comprato Lei, brutto a dirsi, ma mi è rimasta molto impressa: è una questione di chimica. C’è anche un grosso dente di narvalo che fa bella mostra di sé facendomi venire l’acquolina, solo le sue dimensioni e il suo prezzo (mille euro), certamente da amatore, mi distolgono dall’acquisto; more solito, le cose che io avrei volentieri comprato o per un motivo o per un altro restano lì dove sono, in fondo ho rispettato il vecchio detto napoletano di “uocchie chine ‘e mane vacante’”, (traduco qualora questo testo pervenisse in mani nordiste “occhi pieni e mani vuote). E’ giunto il momento di ritornare, qui l’ora di cena arriva presto e il cammino da fare è lunghetto, comunque bella passeggiata o si potrebbe quasi dire bella escursione; in hotel e poi a fare la pappa a buffet, chi vuole, può anche pensare maliziosamente al doppio senso, a buffet oppure abbuffete. Cosa passa il convento? Si, smerdolik! Colore strano, marroncino, sembra una salsa al madeira, ci assale un dubbio, vuoi vedere che questa serve per condire la carne?, ma chi se ne frega, è buona e facciamo anche il bis, insomma non mangiamo male e con il servizio a buffet neanche poco. Arrivano anche Rocco, Andrea e Riccardo, loro dormono dalla bella danese del negozio (hai capito i poveri?!?) e si accompagnano con uno strano personaggio femminile (?), una tedesca non proprio da colpire l’immaginazione, se non fosse per la motivazione di studio che l’ha portata sin quassù: cercare di mixare lo stile delle musiche tradizionali inuit (una sorta di cantilenante nenia accompagnata da un tamburello) con i canti delle sue montagne, i jodel, bah, si incontra gente strana al mondo....poi, pensandoci, la cosa appare meno assurda, se in questa stramba ricerca si sono cimentati già anche i giapponesi, notoriamente definiti di origine extraterrestre....!!! Al di là delle battute, notiamo che il loro comportamento è quanto meno strano, sono frastornati dall’ennesimo episodio drammatico, un evento che troppo spesso qui accade tra queste genti, sotto il loro rorbuer è stata trovata una giovane ragazza suicida. A poco servono le considerazioni sociologiche, le analisi e le provette, resta solo il fato con la sua violenza, con la sua sensazione di profonda ingiustizia: non si può, non si deve morire così a 20 anni!!! Con questo velo di malinconia sui nostri pensieri anche questa giornata del tutto fuori programma volge al termine, ancora qualche ciacola per noi giù nel salone, fumando spaparanzati su comode poltrone, poi, accompagnati dai canti festosi della tedeschina (festosi solo perchè a noi arriva un gran casino), che si esibisce in quello che definirei lo spazio giovanissimi, noi, un pò meno giovani, raggiungiamo le nostre stanze per lasciarci cadere tra le braccia di un Morfeo vichingo.
La luce che entra dalle finestre, il caldo ormai insopportabile ci inducono a riaprire gli occhi, ancora una volta molto presto, in un mattino grigio e cupo. Forse è meglio così, perchè, seppur difficile da credere, c’è da preparare nuovamente i bagagli, dobbiamo rifare tutto per sistemare razionalmente le nostre cose, dividendo quelle asciutte da quelle umide e cercando di isolare quelle bagnate. Senza fretta però, prima ci meritiamo un profumato e caldo caffè, così potremo riporre anche Antonietta, concederle il meritato riposo prima del prossimo viaggio in chissà quale buco del c... del mondo. Terminate le operazioni del piega questa, pigia qua ed infila là, dove c’è ancora spazio, doccia calda e poi a fare colazione, ho voglia di cose dolci. Terminato il primo giro, ne facciamo un secondo, per attrezzarci in caso di ulteriori ritardi dell’aereo o di ulteriori rinvii della partenza, a dire il vero tra panini, formaggini e uova sode sembra quasi che dobbiamo affrontare chissà quale traversata. Ancora un terzo giro, a qualcuno è balenata l’idea che Andrea e gli altri ragazzi non avranno fatto colazione, perciò sotto con altri panini, alla cui preparazione partecipano tutte le donne del gruppo....domanda: se la colazione non fosse stata a buffet ci sarebbe stata tanta umana solidarietà?, il dubbio viene e rimane. E’ ora, possiamo avviarci con fiducia verso l’aeroporto, nella hall dell’Hotel c’è infatti un avviso sui voli Air Iceland, nonostante le condizioni meteo non siano né migliorate né peggiorate, si prevede la partenza per Reykjavik sia pure con un certo ritardo, per ora circa 30 minuti. Più che pioggia lungo la strada ci accompagnano quelle gocce di umidità fastidiose, la garua insomma, fortunatamente il tragitto non è così lungo e riusciamo a non bagnarci tanto, anche se la sensazione di umidità penetra sin nelle ossa. Nella piccola hall già si affollano i vari gruppi, il casino regna sempre più sovrano, anche perchè ai gruppi di ieri si sommano quelli che avevano la partenza oggi e meno male che dall’Islanda arrivano 2 aerei a poca distanza l’uno dall’altro. Un altro pensiero malizioso si affaccia alle nostre menti: se le condizioni meteo sono pressoché invariate, come mai ieri i voli sono stati cancellati? che abbia un certo peso il fatto che in Islanda da ieri è cominciata la festa nazionale di 3 giorni e che la compagnia abbia preferito dirottare gli aerei su altre rotte più lucrative?, a pensare male “non” si fa peccato, diceva un vecchio saggio, ma ... . Ci sono ancora circa due ore prima della prevista partenza e ci si annoia, qualcuno, ancora in possesso di qualche corona, gira fra i souvenir per qualche ultimo acquisto, qualche altro chiede l’elemosina delle monetine per cercare di quadrare una cifra almeno spendibile, altri ancora, i soliti viziosi, escono all’aria aperta per fumare e magari fare qualche squillo per avvisare parenti ed amici. Stando all’esterno, siamo tra i primi a percepire prima il motore e poi ad avvistare l’aereo del nostro ritorno, il suo apparire da un lato ci da la sicurezza che si partirà, dall’altro ci crea l’amarezza della partenza, dell’addio a questa gente, a questi luoghi meravigliosi, a questa atmosfera di assoluta serenità. C’è tempo per un altro giro di video, ancora per cogliere quelle nuvole basse a far da corona alle montagne, ancora per cogliere una sfumatura di colore in un iceberg, ancora per una immagine totale di un paesaggio che chissà quando torneremo a rivedere in qualche altra parte al...! Controlli di sicurezza e sala d’imbarco, l’aeroporto è talmente piccolo che la sala coincide con quella di sbarco, in fondo ci sono solo due porte, l’una per la gente che va e l’altra per la gente che viene, tutto molto essenziale. Passano tra le ali di folla dei partenti i nuovi arrivi, mamma mia, forse solo qualche giorno fa siamo stati noi sotto gli sguardi curiosi dei partenti, il nuovo carico non è proprio eccezionale, pochi giovani e, a giudicare da alcune taglie XXL, sembra quasi preannunciarsi l’inizio della stagione per l’avvistamento delle balene. Tocca a noi, si parte, con il naso attaccato all’oblo’ e con lo sguardo sul fiume di ghiaccio sottostante mormoriamo il nostro addio alla magnifica terra di Groenlandia, agli Inuit, alle foche e alle minkie whales. By By Kaallit Nunaat, terra dell’uomo! Il nostro volo è molto tranquillo, ci viene servito anche un lunch a base di tacchino (certo che le compagnie aeree e i loro catering services ne hanno di fantasia, quasi quasi ha ragione Sergio quando con il suo tormentone ha messo in croce Andrea per spingerlo in affari), poi tra le nuvole, molto basse anche qui, ci appare la grande baia di Reykjavik, le prime case, le prime strade, con un sobbalzo tocchiamo terra, siamo arrivati. Il nostro pomeriggio islandese si preannuncia bagnato, il cielo è una uniforme distesa di nuvole molto grigie e molto gonfie di acqua, forse siamo stati veramente maliziosi a pensare male dell’Air Iceland, chissà! Con il taxi verso la Pavi guesthouse, dove, con spirito finalmente tipico da vacanzieri, ci lasciamo sprofondare sui comodi letti per goderci e dedicarci un saporito pisolo, appuntamento con il gruppo verso le 17, e, dicendo verso, già sappiamo che possiamo fare anche le 17,30, chi ci ascolta non sarà napoletano doc, ma è pur sempre campano e meridionale. Tutti presenti al rendez-vous, quasi puntuali, on the rain verso la strada principale, possiamo dedicarci agli ultimi acquisti per Camilla etc.,etc., che deliziosa maglietta, che bel cappellino, che belle calamite e via così, grazie Master Card, grazie Visa. Io, con Sergio, sono impegnato nella ricerca della cassetta sulle eruzioni del vulcano Askja e del vulcano Hekla, vulcani islandesi ancora attivi, ultima eruzione segnalata il 27.2.2000, è un regalo che vogliamo farci già dal nostro precedente viaggio, stavolta non possiamo proprio non trovarla, chissà se mai ricapiteremo qui. Negozi e librerie vengono battute a tappeto, hanno sì qualche cosa, ma non è quella che noi cerchiamo, siamo talmente delusi che neanche una bonazza islandese, abbigliata, non proprio in modo castigato, con un abito che sa più di sottoveste e con stupendi capelli rossi ed occhi verdi, riesce a distrarci. Finalmente una commessa, di quelle con cui si può parlare senza perdersi con lo sguardo e con la fantasia, ci dà una dritta, “forse potete trovare ciò che cercate al Volcano show in .......”, inutile dire che subito ci mettiamo alla ricerca, abbandonando le sciure che intanto proseguono il loro shopping, ci vediamo al solito posto che qui significa all’angolo vicino all’Ufficio del turismo. Ci addentriamo in un quartiere molto elegante e silenzioso, quindi con rari passanti cui chiedere qualche informazione, andiamo alla cieca solo con la nostra cartina, quando finalmente incontriamo un giovane, già pieno di birra, che ci indica la strada e al fin giungemmo all’agognata meta. E’ un localino gestito da un barbuto personaggio, evidentemente un geologo/vulcanologo, che ha capito quanto sia duro guadagnarsi il pane con la scienza e ha messo su una saletta, dove proietta la nostra famosa cassetta, noi preferiamo comprarla, prezzo neanche modico ISKr 2400 (i.e. € 30). Contenti per l’acquisto, anche perchè ha pagato Sergio, ce ne torniamo verso il punto d’incontro con il gruppo, ammirando un pò più da vicino le architetture del quartiere, chiaramente di target alto borghese. Sono quasi tutte villette, come al solito colorate e sommerse nel verde, molto bon ton e molto silenzio. E’ il quartiere delle ambasciate, prima quella tedesca, poi quella americana, che anche qui si protegge e si isola con grossi blocchi di cemento, vetri blindati e grosse inferiate alle finestre, qualche considerazione in sinistrese, ad alta voce, tra me e Sergio, poi affrettiamo il passo verso il meeting point. Ci siamo proprio tutti, non resta che decidere dove andare a mangiare, preferiamo affidarci alle “conoscenze” di Rocco e Andrea, anche per evitare i soliti teatrini, poi stasera la cosa importante è restare tutti insieme, è la nostra ultima sera di viaggio prima del rientro a casa. Optiamo per l’Opera Restaurant, proprio sull’altro lato della strada, con un decisionismo inaspettato ed immediato siamo già seduti al tavolo, anche perchè qui in Islanda saltare un turno di prenotazione significa poi aspettare almeno 2 ore. Senza infamia e senza lode il menù, anzi si potrebbe quasi aggiungere “aridatece Andrea”, qualche pretenziosità nella presentazione dei piatti, ma niente di più; qui in Islanda poi è difficile pretendere la varietà, c’è pesce, sotto forma di merluzzo e halibut, c’è carne, soprattutto ovina in costolette. Birra e dolce, servitoci in una sala a parte; siamo in un ampio salone con divani e poltrone a ciacolare con l’ultimo cicchetto, quando un personaggio, che fino ad un attimo prima tutti avevamo guardato con un certo sospetto, sia per la vistosità del fisico che per l’abbigliamento generoso per chi ama lo sguardo malizioso, si alza e comincia a cantare una romanza dal Gianni Schicchi di Puccini. Bella voce, ma poco apprezzata da chi ascolta in modo abbastanza distratto come noi, al massimo si guarda l’amica che l’accompagna, un’altra bellona generosamente esposta, e pensare che le avevamo scambiate per dee dell’amore profano. Qualche saggio richiama l’attenzione del gruppo sull’ora, domani la sveglia suona molto, ma molto presto, dobbiamo essere in aeroporto per le 5.30, quindi forse è meglio chiedere il conto e avviarci verso Pavi. E il gelo cadde... direttamente in euro fanno 83 a testa...min...dal sud e caz...dal nord, ma il significato è identico, una mazzata incredibile, vabbè che c’è San Master Card con Visa, però un salasso simile è inaspettato!. Andiamo a dormire, non recriminiamo troppo, tanto siamo in vacanza e una follia ci sta, però almeno... e con pensieri poco riferibili ci avviamo verso la guesthouse. E’ il momento dei saluti, almeno con Catterina, lei prolunga la sua vacanza ancora di un giorno, deve aver sentito dire che le notti qui in Islanda sono il paradiso del divertimento.... ciao bella, ci si vede a Torino per rinverdire il ricordo di questa avventura vissuta insieme, per scambiarci le foto, solo per ritrovarci e poi proprio io non posso dimenticare che rimango il tuo...creditore preferito. Buona notte a tutti!

 

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Piazza Scala News - novembre 2011