QUANDO SI FA GIORNALISMO PER IL BILANCIO DELL’EDITORE ALLORA
SIAMO ALLA PROSTITUZIONE DELLA DEONTOLOGIA PROFESSIONALE


(Arnaldo De Porti con Indro Montanelli)

“L’acqua calda l’hanno già scoperta”, qualcuno a ragione mi dirà. Io gli rispondo che, su questo argomento,  un “memento homo” vale la pena di ripeterlo alla professione del giornalista, ad evitare che, un po’ per volta, gradualmente fino all’assuefazione, l’operatore della carta stampata e non,  finiscano per badare più al conto “profitti e perdite” delle  società editrici che a quella deontologia professionale che  imporrebbe  di registrare le notizie e non di crearle di proposito perché rendano in termini economici.  I fatti di questi ultimi mesi, come un appartamentino a Montecarlo ed altre fesserie rispetto a ciò che interessa davvero all’utenza, vale a dire a chi compera i giornali, hanno sicuramente determinato una sorta di apatia verso quasi tutto il comparto giornalistico, tanto da farne le spese persino i giornali seri, di qualunque orientamento essi possano essere. Anche qui, sempre nella consapevolezza  che… l’acqua calda è  già stata scoperta, vorrei, sempre con riferimento al giornalismo,   evidenziare un potenziale futuro panorama per nulla edificante: si sta imboccando la strada  attraverso la quale gli editori ordinano, a pagamento, di scrivere determinati pezzi, capaci di influenzare i loro commerci, la politica e quant’altro. Ma anche questo è ormai noto, mi si obietterà. E sarei d’accordo con l’obiezione, ma ora come ora, mi pare che, sia carta stampata che gli altri mass-media, siano senz’altro sconfinati  anche dai più elementari parametri deontologici.  Non sto a fare degli esempi per evitare di indicare questo o quest’altro mass-media, e magari prendermi qualche “cazziata” da chi si trova in una posizione di dominanza rispetto alla modesta posizione dello scrivente. Oggi, infatti, nel nostro mestiere, è facile collezionare denunce, promosse da chi gradisce o non gradisce che si dica la verità. Sappiamo ormai, e l’ho espresso anche  qualche giorno fa in occasione di un mio breve intervento presso il Centro Candiani di Mestre a cui sono stato invitato dall’Ordine dei Giornalisti del Veneto, presente l’inviato di guerra, dott. Pellizzari, che oggi, in ogni contesto vige il sofismo, ossia una verità  a cui si possono fornire molte sfaccettature, oltre ad esserci tout court le verità negate, le verità imposte e…ma da ultimo, quelle vere.   

Ora il giornalismo,  non solo a mio modo di vedere,  deve fare i conti e conformarsi a tutto ciò, con il risultato di provocare, nella sua veste di “quarto potere” uno scenario che non rispecchia certo la realtà: il detto,  “dare una buona notizia non fa notizia, mentre il darne una di brutta lo fa”, oggi è una verità vera, mentre il resto naviga nel mero sofismo. Esattamente nel quadro di quanto ho detto poc’anzi.

Nove anni fa, in un congresso nazionale della stampa italiana, in veste di delegato del Veneto, dicevo cose che riporti in appresso e che ora si stanno puntualmente verificando. Ecco, qui di seguito, una breve sintesi del mio intervento del 2001,  registrato anche da Radio Radicale, diventato quanto mai profetico:

 

23°  CONGRESSO   NAZIONALE DELLA  STAMPA   ITALIANA
Pescara – Montesilvano – 19/24 Novembre 2001
 

Cari Amici,  Cari Colleghi,

dico subito, anche perché non sono nato ieri, di aver avuto qualche perplessità su parte delle elucubrazioni a livello un po’… filosofico  del Presidente del Senato, ma soprattutto ho provato dispiacere e disgusto su buona parte dell’intervento del Ministro Gasparri.  Mi sono stati però di conforto  e il Segretario FNSI, Paolo Serventi Longhi ed il parlamentare Beppe Giulietti,  che si sono espressi sulla mia stessa lunghezza d’onda.  

“Le parole si lasciano dire”  - ripeteva spesso un mio vecchio professore di diritto - “e tanto più bravi sono coloro che sanno dirle, tanto più sanno costruire delle barriere dialettiche a difesa di quanto dicono, anche se – come nel caso di specie, e questo lo aggiungo io - , esse parole hanno dimostrato più di una ….vulnerabilità, anche sul piano etico“. 

Ma vengo al dunque per fare qualche considerazione da neofita di Congressi nazionali della Stampa. 

Mi chiamo Arnaldo De Porti, sono mezzo veneziano e mezzo bellunese, faccio parte del Direttivo Provinciale Bellunese di Assostampa e di quello Regionale del Veneto. 

Dico subito di essere un giornalista un po’…. ibrido se non altro per i miei precedenti professionali. Infatti, dal 1956 al 1992 ho alternato, in contemporanea, la mia professione prevalente di funzionario di banca di interesse nazionale con quella, ancora attuale, di giornalista. E, guarda caso, in entrambi i casi (scusate il bisticcio dialettico) ho fatto parte del sindacato; dapprima come UNIONSIND, di cui ero Dirigente del Personale Direttivo delle Banche di Interesse Nazionale, ed ora, come membro  del Sindacato Giornalisti del Veneto.

Perché questa premessa che può sembrare un po’…. autocelebrativa ? Solo per dirVi che non mi è mai piaciuto lavorare in banca malgrado abbia raggiunto gratificanti livelli di carriera, ma abbia invece sempre “sognato” di fare il giornalista a tempo pieno, specie dopo un incontro avvenuto circa 45 anni fa con Indro Montanelli al Filologico di Milano
(di cui a foto qui sotto prima della morte), ove stavo appunto alternando banca con carta stampata, in piazza della Scala. E prima ancora, nella Svizzera tedesca, come segretario della sezione italiana dell’Istituto internazionale “ Rosenberg “. E ciò per significarVi che, almeno per me, la professione del giornalista, è senz’altro la più bella e gratificante del mondo. Ma a quale prezzo?

Al Filologico,  Montanelli ci disse (eravamo una decina di persone) che, per fare il giornalista (ma non Ve lo sto ad insegnare in quanto Voi certamente ne sapete ed avete più esperienza di me) non bisogna mai avere un benché minimo condizionamento nello scrivere, anche se ciò può costare antipatia, inimicizia e difficoltà di carriera in quanto – si sa –  “l’editore-padrone”  vorrebbe sempre che tu scrivessi come piace a lui.  

Pensandoci ora, a dette condizioni, per quanto condivisibili, io non avrei mai potuto continuare a lavorare serenamente in banca per due motivi: primo perché il condizionamento economico, in questo ambiente, è stato sempre all’ordine del giorno, secondo perché in banca si è sempre e comunque al servizio del capitale. Ora, purtroppo, le cose hanno investito anche il campo giornalistico, tanto da dover ipotizzare che, di questo passo, la libertà di stampa sarà al servizio esclusivo del capitale di pochi.
Ed in parte già ci siamo, con la concentrazione dei monopoli multimediali !

Oggi infatti, più che allora, c’è da chiedersi se il giornalista è davvero libero ?
Permettetemi forti dubbi su questo perché la libertà – come ha scritto Paolo Flores d’Arcais – oggi più che nel passato - è un diritto che fa paura. Essa libertà infatti è conflitto e molto spesso solitudine.

Basta osservare cosa succede oggi. La libertà di stampa non è certamente nelle mani di tutti, ma costituisce appannaggio del più forte. Ma allora che c…. di libertà è questa ? Ma insomma sono stato forse brutalmente catapultato dalla padella nella….brace passando dalla banca alla carta stampata ? Ma allora, se non altro per le maggiori entrate, era meglio quando stavo peggio ?

Ed è proprio di questo che sono molto preoccupato. Soprattutto per i colleghi giovani. Possiamo ancora tollerare che taluni dell’attuale governo ci sputtanino sia in Italia che all’estero, etichettandoci propugnatori di menzogne ? In fin dei conti la nostra categoria non è di certo inferiore ad altre…”civiltà”.

Scalfari, in un suo editoriale, ha scritto di temere una sorta di assuefazione di molti personaggi al capitale, quindi anche dei loro cervelli, aggiungo io, apparendo più tranquillizzante e confortevole ridurre gli operatori della carta stampata a semplici scribacchini per conto terzi, e cioè al servizio del più forte. Non sto a commentare in quanto tutti hanno capito !

Cosa si deve fare per fronteggiare un capitale “gentile ma strisciante”, come ho titolato un mio recente intervento sul Corriere delle Alpi di Belluno, al fine di non lasciarci trasformare in merce ? Io vedo un po’ nero nel nostro futuro, pur essendo di natura ottimista.

Oggi infatti l’informazione, sia su carta che su TV, si sta incanalando, senza che ce ne accorgiamo abbastanza, verso quella assuefazione di cui parlava Scalfari, e cioè verso quel capitale che, fra non molto, avrà tutto nelle sue mani, facendoci fare tutto ciò che vuole se vogliamo campare. L’andazzo “gentil-strisciante” del capitale – e lo dice uno che se ne intende se non altro per aver lavorato tantissimi anni in contesti economico-finanziari -, finirà per minare tutta la nostra categoria. Oggi infatti quasi tutti sanno leggere e scrivere ed il capitale, in mani di pochi, potrà permettersi di catalizzare scribacchini a basso costo con la conseguenza di far sparire non solo il Sindacato ma anche gli stessi Ordini.

Ma sarà davvero possibile questo ? Una forza intellettuale come la nostra non potrà davvero aver buon gioco in nome di quella libertà che, per il momento, fa solo paura ?

Il mondo sta cambiando velocemente e non è detto che la nostra categoria vada verso il bello della professione se non saprà muoversi e difendersi dagli attacchi mostruosi di questo andazzo capitalistico che tutto travolge, in nome di un liberismo sfrenato e senza regole. Come ? Dicendo sempre ed ovunque la verità. Ma quella verità che, senza entrare nelle politiche di destra o di sinistra, esce dal profondo dei nostri sentimenti più autentici e non già da questo maledetto denaro, da cui anche il mondo giovanile, che non è più quello di una volta, ogni giorno si ribella con manifestazioni di ogni sorta ed alle quali assistiamo purtroppo impotenti. A buon intenditor… ovviamente poche parole.
Un abbraccio a tutti ed un augurio particolare ai colleghi più giovani che sono i più esposti a questo genere di pericolo !
Montesilvano, 19-24 novembre 2001




Non voglio certo autocelebrarmi, ma mi pare che il discorso che feci nel 2001 al Congresso Nazionale della Stampa Italiana, a Montesilvano in Abruzzo, sia oggi quanto mai attuale.
Speriamo in bene…ma svincolarsi dall’editore per scrivere oggettivamente ciò che si pensa, sarà per il giornalista sempre un’utopia. Posto che il giornalista non abbia sufficiente forza contrattuale con il suo datore di lavoro. Non c’è riuscito nemmeno Indro Montanelli col giornale che aveva fondato…e mi fermo qui, lasciando a chi mi legge le opportune riflessioni.


Arnaldo De Porti - 14 ottobre 2010

 
 

Segnala questa pagina ad un amico




 

Piazza Scala News - novembre 2010