SALVATORE - di Lorenzo Milanesi (Milano)

 

 

Dicembre inoltrato. I comignoli delle casette sparse nella vallata diffondono cordoni di fumo azzurrino che vanno a cercare la compagnia della nebbiolina che accarezza dolcemente le cime degli alberi più alti e si distende, batuffoloni di bambagia, sull’intera fiancata della collina.                
Tutt’intorno regna una quiete placida, meritato compenso alle fatiche nei campi.
La natura sonnecchia e dal canale dell’orto scoppietta qualche spruzzo d’acqua sospinto nell’aria dai ripetuti tuffi di vispe gallinelle in spasmodica ricerca di cibo nel fondale.
I suoni che si odono di tanto in tanto sono quelli delle campane che aggiungono solennità al silenzio che tutto avvolge. Ma l’esterna tranquillità, che, senza il suono antico, potrebbe apparire immobilità, contrasta con la serena atmosfera che regna nelle case.
Qui tutto è allegro buonumore. Il fuoco scoppietta vivace nei focolari, il pane caldo diffonde la sua odorosa fragranza, le donne preparano con mani sapienti le gustose pietanze per la festa imminente. E’ Natale. In una di queste casette c’è una donna in ansia che aspetta di regalare finalmente al marito – dopo due tentativi andati in fumo -  il primo figlio. Ma il bimbo, nonostante che la gravidanza abbia compiuto il giusto percorso temporale, non ha intenzione di … farsi vivo, presago forse del mondo nel quale gli toccherà di vivere. I dolori del parto, tanto attesi, si annunciano però proprio alla vigilia. Così la festa diventa doppia.
Quando ormai le donne del vicinato, accorse come d’abitudine inveterata per sovvenire ai bisogni del particolare momento, pronosticano che le doglie e l’evento si protrarranno per l’indomani, giorno di Natale, ecco che – pochi minuti prima di mezzanotte – la situazione precipita improvvisamente. Un principio di fuoriuscita di acque consiglia alle assistenti di accelerare le procedure di sostegno di tutte le fasi del travaglio, che si conclude felicemente con un urlo liberatorio, lacerante della madre e la commossa esultanza del marito che non riesce a liberarsi del groppo che gli serra la gola.
Quando il piccolino fu consegnato, vispo e strillante, al padre e questi, in lacrime, lo sollevò in aria in segno di felicità immensa, l’orologio della piazza  suonò la mezzanotte, l’ora in cui nacque Gesù.
Lo chiamarono Salvatore e una parte del suono delle campane a distesa fu anche per lui.


Natale 2012                                                                                      Lorenzo Milanesi

 



               

 

 

 

 

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