IL NATALE DI UNA VOLTA - di Peppe Russo (Trapani)

 

 

Ci sono momenti nella vita in cui ti rifugi in te stesso, costruisci intorno a te una barriera insormontabile che ti isoli dal mondo che ti circonda e che nessuno potrà mai valicare; e in questo provvisorio e momentaneo isolamento affiorano nella tua mente i volti del passato, episodi della tua vita di adolescente, episodi che poi hanno finito con il determinare un indirizzo alla vita stessa, i tuoi genitori, gli amici più intimi.

In uno di questi momenti, come in un flashback cinematografico, ecco spuntare da dietro una porta la ‘zza Palicchia e la novena di Natale, le spince, le partite a carte con le mandorle al posto dei soldi, le riunioni di tutti i parenti al bagghiu (baglio) di mio zio dove per un minimo di due giorni ci si riuniva a festeggiare il Natale con lauti banchetti (lauti per l’epoca che personalmente mi concerne -1940/50-), interminabili partite a carte e, dulcis in fundo, le spince.

 La zia Paolina – ‘zza Palicchia – come la chiamavamo noi, era una vecchia signorina che abitava nel cortile proprio di fronte l’ingresso secondario di casa mia; ricordo due porte oltre la mia nel vecchio cortile, ma non riesco a vedere chi abitasse in quella seconda casa. 

Come tutte le signorine attempate, la ‘zza Palicchia era solita andare alla prima messa della mattina e in particolar modo durante la novena di Natale che si svolgeva appunto alle sett’albe; e fin qui niente di eccezionale, ma il fatto è che, per la novena, la ‘zza Palicchia, chiedeva ai miei genitori di prendermi con sé per assistere assieme a lei alla cerimonia religiosa e i miei (non conoscevo il motivo o forse lo intuivo: la ‘zza Palicchia era proprietaria della casa dove abitava e, avendo una certa età e non avendo parenti, poteva capitare che……magari il testamento……..In quegli anni questi ragionamenti si facevano) acconsentivano di buon grado.

Torniamo alla novena; tutti i nove santi giorni della novena, mia madre veniva a svegliarmi prestissimo, mi faceva mangiare qualcosa, credo, poi mi copriva fin sopra la testa e via a partecipare al sacro rito. La ‘zza Palicchia era già pronta, entravo a casa sua e, regolarmente ogni mattina, la vedevo rovistare in un vecchio borsellino alla ricerca di quei centesimi che servivano a “pagari a seggia o sarristanu” (pagare la sedia al sacrestano) al momento dell’offertorio.

Ora la scena cambia. Vedo delle mandorle su un tavolo e ricordo che un altro rituale per il santo Natale era la giocata a carte con le mandorle come posta. Ci si riuniva a casa di qualcuno del vicinato, a turno naturalmente. perché mi pare di ricordare che fino al 1946/47 ancora il paese non era servito dalla centrale elettrica e quindi si utilizzava il lume a petrolio e quello costava qualcosa e non tutti potevamo permetterci di consumarne più del dovuto.

Il gioco consisteva nel puntare una certa quantità di mandorle (uguale per ogni giocatore) per formare la posta, chi faceva il mazziere alzava una carta per volta assegnandola al giocatore di turno; a ogni alzata se il giocatore riceveva una carta d’oro prendeva tante mandorle quanti erano i punti alzati; il sette bello prendeva tutto il banco. Niente di particolare, ma si passavano intere serate e si giocava a volte anche con un certo accanimento, con vere e proprie discussioni e con velate accuse di imbrogli.     

Ancora un cambio di personaggi e il ricordo va al periodo certamente più bello del Natale; era quello in cui ci riunivamo tutti i parenti nel baglio di uno zio. I letti non bastavano a contenere tutti gli ospiti ma ci si adeguava; d'altronde si restava tutti uniti per due o tre giorni e qualche disagio valeva la pena di sopportarlo, e poi non è che si dormisse tutta la notte. Ogni tanto si sentiva una voce che diceva : mi stai mittennu i peri ‘nfacci (mi stai mettendo i piedi in faccia) oppure : scugnati tanticchia, nun viri chi staiu carennu du lettu (spostati un poco non vedi che sto cadendo dal letto); quando poi nel marasma generale qualcuno dei più piccoli cominciava a piangere c’era una sollevazione generale che magari, quando l’ora era già avanzata, culminava con un “emu a fari u cafè ch’è tardu (andiamo a fare il caffè che è tardi).

Ed allora tutti a terra a cominciare la nuova giornata di festa. Le donne a preparare in cucina, gli uomini invece a badare alle povere bestie che sarebbero poi diventate cibo per i commensali. Noi ragazzi a giocare a mmucciareddu, “e quattru cantuneri, a pigghia a bannera, a biviri chi mi nni vegnu (a nascondino, ai quattro cantoni, a prendere la bandiera, ad una specie di salta cavallo durante il quale si recitava una tiritera che cominciava, appunto, con quelle parole.

Il clou della festa arrivava però nel momento in cui si cominciava a fare le spince.

La spincia è un tipico dolce siciliano che si usa fare durante le feste di Natale, spesso dalla festa dell’Immacolata. E’ un dolce molto semplice, anche se richiede una certa manualità al momento della cottura, perché se buttati nell’olio bollente con un certo criterio i dolci vengono di buona fattura (ciambelle o bomboloni che siano) in caso contrario ottieni degli sgorbi amorfi e brutti a vedere.

Ma vediamo gli ingredienti per preparare le spince; occorrono 1 Kg. di patate, 2 Kg. di farina di grano duro, 4 cucchiai di zucchero, il succo di 3 arance, 50 gr. di lievito di birra, semi di anice, 1 busta di vanillina. sale, q.b. olio q.b.

Per la preparazione si mette la farina in un lemmu, (bacinella) si lavora la farina con le patate schiacciate e gli altri ingredienti.

 

lemmu (bacinella di terracotta)
 

Si scioglie il lievito di birra in una tazza d’acqua e si aggiunge all’impasto e, per ammorbidire l’impasto secondo le necessità, si aggiunge man mano acqua tiepida. L’impasto deve essere lavorato (più che lavorato sbattuto) con le mani fino a farlo diventare omogeneo e soffice; quando mia moglie ed io facevamo le spince di solito mettevamo il lemmu sopra una sedia, io abbracciavo in solido con il mio corpo sedia e lemmu e mia moglie sbatteva il composto con tutte le sue forze, nella certezza che il lemmu non le sarebbe caduto a terra. (la spincia è – come più sopra detto – un tipico dolce di Natale e nulla toglie però che si possa fare anche in qualsiasi altro periodo dell’anno e infatti mia moglie ed io eravamo soliti farle - almeno una volta - durante il periodo estivo e, in quell’occasione, invitavamo tutti i nostri amici che con noi passavano l’estate nelle case a mare).

 A questo punto occorre coprire bene il lemmu con qualcosa che possa favorire la lievitazione. e lasciare lievitare sino a quando l’impasto non raggiunge quasi il bordo del lemmu stesso.

Quando l’impasto sarà lievitato al punto giusto si mette abbondante olio dentro una padella capiente, e quando questo raggiungerà una temperatura abbastanza elevata, si prende un pugno dell’impasto con le mani bagnate, per evitare che si appiccichi e, facendolo girare con le dita, si forma una specie di ciambella da buttare nell’olio bollente, pochi secondi e occorre girarla affinché la spincia possa cuocere in maniera regolare su tutti e due i lati, e quando avrà preso un bel colore si toglie dall’olio. Va servita condita con zucchero arricchito di cannella in polvere; per muovere le spince dentro la padella una schiumarola è sufficiente anche se io, in considerazione che mia moglie riusciva sempre a farle della stessa misura e sempre con il buco, utilizzavo due aghi da lana per girarle e poi per tirarle su nel piatto (gli aghi erano correttamente sterilizzati).

 


   Un bel piatto di spince

  

Tornando alla riunione al baglio, l’operazione spincia significava che la festa era finita e che ognuno poteva tornare alla propria casa, con l’impegno sacrosanto di tornare a fare le stesse cose durante il Natale successivo.

L’isolamento forse è durato più del previsto e la dura realtà ti chiama a risolvere i tuoi problemi e a occuparti più del presente che del passato e, ritornando in te, come in un vecchio film comico, ti sembra di cadere dentro una piscina senz’acqua, magari dalla parte che di solito occupano i bambini……. per non farti davvero molto male.

 

Peppe Russo

 

 

                   

 

 

 

 

 

 

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