L’OMELIA NATALIZIA DI UN… BANCARIO - di Arnaldo De Porti (Feltre)

NATALE ANCHE QUEST’ANNO: COME SARA’? UGUALE AGLI ALTRI, PEGGIORE, MIGLIORE, OPPURE… PIU’ VEROSIMILMENTE, COME OGNUNO DI NOI LO SENTIRA’? E SE QUESTO EVENTO CRISTIANO APRISSE FINALMENTE UNO SPIRAGLIO IN DIREZIONE DI UNA NUOVA ERA SOCIALE ?

 

 

 

 

Puntualmente, nel rispetto di quanto ci è stato tramandato dall’insegnamento dei nostri genitori e soprattutto di quanto ci hanno insegnato a catechismo,  sento il bisogno cristiano di ricordare a tutti, dapprima per me, una delle date più importanti del calendario liturgico: il Santo Natale.

 

Premetto che, quest’anno, non voglio soffermarmi sul sentimento quasi generalizzato secondo cui le feste natalizie da un po’ di anni non si sentono più per un complesso di ragioni che andrebbero vagliate in chiave psicanalitica, o semplicemente psicologica, ma non posso tuttavia esimermi dal giudicare che questa nostra attuale civiltà consumistica, ha messo dei paletti molto rigidi nei rapporti umani che non consentono quasi più di esprimere dei sentimenti e quindi di riconoscere anche il significato di questo splendido evento che è, e resta per i cristiani, il giorno della nascita  del Bambino Gesù.

 

Detti paletti, a mio avviso, non  hanno solo ingabbiato i nostri sentimenti, ma hanno anche - cosa gravissima – determinato delle grosse barriere di fronte alla speranza, ai programmi di vita, alla convivenza civile, alla libertà riveniente dall’autosufficienza economica, tanto da rendere improgrammabile  ogni obiettivo delle nuove generazioni, ma anche dei non più giovani, ridotti a mera e passiva abdicazione agli eventi socio-politici, spesso irrazionali, di ogni giorno, realtà quest’ultima che,  per fortuna, è da noi  temperata da qualche risorsa messa da parte quando le cose erano un po’ diverse,  ma arrecando pregiudizio a quella serenità, e perché no ?, saggezza  che, in qualche modo ed in tempi più normali,  si sarebbero riversate a vantaggio della vita dei nostri figli, dei nostri nipoti.

 

Che il mondo sia quasi improvvisamente cambiato da ieri ad oggi non v’è dubbio: tutto avviene in tempo reale, le comodità fanno parte del nostro vivere quotidiano, ma a quale costo ? Pare che l’uomo valga e  venga misurato sulla base di quanto produce e non già su quei valori che anche il Santo Natale ci presenta puntualmente, ogni anno, per riportarci alle vere radici della vita.  E questo discorso vale sia per il credente che per l’ateo..

 

La retorica, anche in queste mie parole ripetitive, sembra fare da padrona, ma non è così,   perché l’uomo – come ci insegna anche il Vangelo -   non deve cambiare ulteriormente la sua natura, ma deve operare secondo i principi della dottrina sociale della Chiesa, non dimenticando che l’odierna, per quanto necessaria ma sconvolgente tecnologia,   lo sta distruggendo   in nome del business e non già per la ricerca della concordia sociale.

 

Ma vorrei tornare al nostro mondo,  quello di noi bancari che facciamo parte di una generazione che sentiva, e forse sente  ancora oggi, i suddetti valori che hanno dato un senso alla nostra vita, anche professionale.

 

Quali riflessioni possiamo fare in questo momento che non consente di guardare avanti come si poteva fare una volta ?  Purtroppo, possiamo fare poco, salvo conservare e mantenere, per quanto possibile, quel codice di vita che, in passato,  ci permetteva di disegnare un futuro per noi e le nostre famiglie, alimentando speranza per noi stessi e per le nuove generazioni, che ora invece sono in balia di una sorta di apatia, di sconforto, di abbandono e, molto spesso, anche di disperazione per la mancanza di lavoro.

 

Noi, della vecchia guardia, non dobbiamo demordere e dobbiamo dare ancora speranza  ai nostri giovani che, badate bene, sono più preparati di noi, con la sola differenza che essi non possono permettersi, per mancanza di mezzi,  di fruire e godere di questo progresso che si è ridotto, come detto dianzi, a  mero business, piuttosto che ad uno strumento per poter andare avanti. in direzione di un mondo diverso, più sereno e soprattutto umano...

 

Non saprei pertanto dare una risposta valida alle domande di  cui a titolo se non rifugiandomi sulle sensazioni che ciascuno di noi prova dentro di se. Una cosa la voglio dire, in maniera forte, augurando a tutti di poterla capire nella sua vera accezione: impariamo da subito ad essere consapevoli che l’oggi non sarà più come ieri, nel senso che ci si è già incamminati verso una nuova era nella quale non si dovrà più ragionare  in  termini correlati solo al  business, ma sarà urgente e necessario ripristinare la nostra vera natura,  proiettandola velocemente verso quella serena felicità di cui oggi non si sente quasi più parlare. E le condizioni ci sarebbero tutte !!!

 

Questo è il mio augurio forte e sentito.  I giovani sono già consapevoli di quanto sta succedendo e, lasciatemelo affermare, oggi  sanno parlare al mondo meglio di noi, anche se dobbiamo ricordare loro che, nel bene o nel male,  noi siamo le loro radici dalle quali c’è molta esperienza a cui attingere.  Non vorrei inoltre sottacere, senza entrare in politica, che tutti coloro che fanno del potere una ragione di vita, devono essere messi alla porta per sempre allo scopo di dare un accettabile avvio a questa nuova era che si sta dischiudendo soltanto da  “ieri”..

 

Va detto poi che, al di là di  un’aria congiunturale che per il momento certamente non depone verso climi politico-economici temperati, sia nell’interesse del contesto giovanile che per le generazioni passate a cui anche noi apparteniamo, ho la sensazione che si stia muovendo qualcosa di veramente rivoluzionario, oserei dire “copernicano”: forse si sta capendo che l’accumulo della ricchezza attraverso mille sistemi, il più delle volte a danno dei propri simili che non sanno o non possono stare al passo con i tempi, si traduce sempre in un’effimera  risorsa    che finisce per ossidare, se non per uccidere, il  senso e l’importanza della vita. Anche per i possessori di grandi ricchezze.   Ciò inoltre produce un effetto moltiplicatore, più nel male che nel bene, determinando conflittualità di ogni tipo che, via via, col tempo,  producono ed alimentano condizioni sempre più pregiudizievoli al mantenimento della pace, sia del nostro modesto orticello sociale  che in chiave più ampia:  il periodo che stiamo vivendo non è forse figlio di questa situazione  fisiologicamente anomala?

 

I giovani, che oggi non hanno mezzi ma soltanto idee fresche e valide, lo hanno capito bene; essi non sono affatto avidi di potere per cui, e di ciò ne sono assolutamente certo, essi saranno portatori di un cambiamento sociale planetario volto a riscoprire la vita nella sua essenza primaria, ove l’uno è fratello dell’altro, nella intelligente consapevolezza che, come insegna anche la dottrina sociale della Chiesa,  “ se tu sei ricco, o semplicemente più fortunato,  è perché c’è l’altro…”

E sarà proprio questa rivoluzione di pensiero una delle risorse principali che cambierà un sistema ossidato, obsoleto ed -. ahimè – molto spesso anche contro le leggi morali che ci hanno più volte avvicinati a quelle della foresta, in base al detto  “mors tua vita mea”.

 

Sforziamoci di sorridere sia pur affrontando le difficoltà, di vedere il futuro con doveroso seppur cauto ottimismo e, soprattutto, diamo una mano ai nostri giovani,  aiutandoli nel loro percorso di vita. Cantiamo insieme quella canzone veneziana che parla di un vecchio gondoliere di Santa Croce che,  assistendo alla regata storica in Canal Grande e non essendo più in grado di remare per l’età vetusta, non poteva far altro che…spingere a voce, come si evince nel post scriptum….

 

BUON NATALE A TUTTI !

 

 

 

P.S.

A complemento dell’ …omelia di cui sopra, ho cercato di non inserire un sonoro con le solite Jingle Bells, Tu scendi dalle Stelle  ecc.ecc. preferendo, da veneziano, richiamarmi ad una nota canzone veneziana allo scopo di fare una similitudine, più o meno pertinente, con noi bancari ormai in quiescenza, similitudine sicuramente più soft…                                 

 

C'è un vecchio gondolier di Santa Croce
Che piange quando passa la regata
Lui non può più remar, ma spinge a voce
Le gondole in ghirlanda
Lui che era il primo, sul Canal Grande

 

Mi è venuta in mente infatti questo refrain della canzone  “Vecio gondolier” che, in qualche modo, potrà richiamare anche la nostra seria ed amata professione.  Questo gondoliere infatti, guardando con tristezza come stanno andando oggi le cose, non vuol perdere il…vizio di essere laborioso ed  onesto ma,  non potendo più mettersi in competizione per remare sul Canal Grande in quanto le forze con l’età avanzata  le sono venute meno, non gli resta, mentre guarda dal balcone la regata storica nella quale egli arrivava sempre primo, non gli resta  -  come dice la canzone -  che…spingere a voce.

Esattamente come dovremmo fare tutti noi a cui la vita e la professione ci ha in qualche modo privilegiato, sia pur a costo di forti ed onerosi sacrifici

 

ANCORA AUGURI A TUTTI !

 

                                                                                 ARNALDO DE PORTI.

                                                                                  Ex COMIT-VENEZIA

 

 

           

 

 

 

 

 

 

 

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