Piazza Scala News - Natale 2011

 


Interpretiamo il Presepio

di Fernando Mazzotta
 

 

Negli anni passati ho già avuto modo di parlarvi di Corradino Costa (nella fotografia inserita nel testo) noto presepista di Taranto, oggi quasi ottantenne, affetto dal morbo di Parkinson. E lo stupore della “scienza” dinanzi alle capacità che manifesta nel realizzare i suoi presepi è diventato oggetto di studio: come per magia, per incantesimo o, se vogliamo, per miracolo, quest’uomo quando afferra gli strumenti per “lavorare” alla realizzazione di un presepe perde completamente quel tremore a riposo (a 4-6 cicli per secondo), che si differenzia per il tremore intenzionale (durante il movimento) tipico delle malattie cerebellari. Il tremore esordisce nelle porzioni distali degli arti, per cui sembra che l’ammalato stia contando incessantemente delle monete. E Corradino in questi giorni ha ultimato l’ultimo dei suoi innumerevoli presepi che possiamo ammirare in buona parte di queste immagini fotografiche.


Come si può osservare, l’artista ha inteso dare a questo presepe “napoletano” una rappresentazione della natività di Gesù tra Storia e Vangelo collocando soltanto “l’asinello” a scaldare il Bambino. Il presepe, così come si è solito rappresentarlo oggi, è il risultato di una lunga stratificazione storica. In origine era soltanto una greppia poi, intorno al Cristo appena nato, la devozione popolare creò una grotta animandola con le figure che tutti noi conosciamo. Vale la pena ricordare che la presenza degli animali presso la mangiatoia esprimeva significati simbolici ed esoterici e che, solo col tempo, al simbolo subentrò la realtà priva degli originari significati. Il bue e l’asinello erano, nelle antiche religioni, i simboli della generazione e della fecondità. Difatti, la stalla o la grotta in cui Maria avrebbe dato alla luce il Messia non compare nei Vangeli canonici: sebbene Luca citi i pastori e la mangiatoia, nessuno dei quattro evangelisti parla esplicitamente di una grotta o di una stalla. Nell’unica citazione di Luca si legge “……in una mangiatoia perché per essi non c’era posto nell’albergo……” Una testimonianza letteraria è quella di San Girolamo il quale, visitando la Terra Santa ed entrando in Betlemme, sostò allo Speculum Salvatoris, ove notò lo “stabulum”, una mangiatoia scavata nella roccia, ove Gesù era nato (Girolamo, Ep.108,10; PL 22,384). Si trattava evidentemente del luogo riferito da Luca evangelista (Lc 2,7).

 

La figura dell’asino è l’unica inizialmente legata al presepe di cui si hanno le prime notizie nel 354 d.C., quando nel giorno di Natale nella Basilica di Sancta Maria ad Praesepe (dal latino praesepire che significa recingere con una siepe o un graticcio), oggi Santa Maria Maggiore, fu celebrata da papa Liberio la prima messa con la raffigurazione di una culla con il Bambino. L’asino è collocato nella stalla dietro la mangiatoia ospitante Gesù ed è, secondo alcuni, quello che avrebbe accompagnato Maria e Giuseppe nel loro viaggio durante la Fuga in Egitto. Successivamente, nel 550 d.C. comparvero accanto alla culla le prime immagini di Maria e Giuseppe. Il presepe, nella sua forma attuale, completo di bue e asinello che si rifà al Vangelo Apocrifo dello Pseudo Matteo, risale al 1223 quando nella Grotta di Greggio, nella notte di Natale, san Francesco d’Assisi celebrò la messa davanti a un presepe vivente. In realtà, la rappresentazione di Greccio va intesa non come un vero Presepio, ma più che altro come una variante dei drammi sacri e delle laudi dialogate, così diffusi in quei tempi presso le Confraternite religiose dell’Umbria e della Toscana. Il primo esempio di presepe “plastico” a noi pervenuto è quello di Arnolfo di Cambio intagliato nel legno nel 1280 e oggi conservato nelle sue parti residue presso la Basilica di Santa Maria Maggiore. Come già detto, la presenza del bue e dell’asino è del tutto sconosciuta agli evangelisti, ma è stata desunta da Origene, interprete delle antiche profezie di Isaia e Abacuc e raccontata nella sua tredicesima omelia su Luca. Isaia, infatti, così si pronuncia “Dice il Signore: Cielo e Terra fate attenzione a quel che sto per dirvi! Ho cresciuto dei figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Ogni bue riconosce il suo padrone e ogni asino chi gli dà da mangiare: Israele mio popolo non comprende, non mi conosce come suo Signore. Secondo San Girolamo, l’asino rappresenta l’Antico Testamento e il bue il Nuovo Testamento, altri vedono nel primo i pagani, nel secondo il popolo eletto. L’asino accompagnerà il Cristo in tutta la sua vita, dalla Fuga in Egitto, fino all’entrata in Gerusalemme alla Domenica delle Palme.


L’evoluzione del presepe si compì attraverso il dramma liturgico che si compiva nelle maggiori chiese che allestivano i presepi “viventi”. Ma l’inevitabile progressiva degenerazione in forme paganeggianti delle sacre rappresentazioni spinse la Chiesa a condannarle nel Concilio di Treviri, permettendo di contro la raffigurazione statica della Natività e quindi il Presepio favorendone la sua successiva diffusione. Dilagò nel Regno di Napoli e di là in tutti gli altri stati italiani e nel ‘600, quando la Sacra Rappresentazione assunse un forte tratto naturalistico, si realizzò una Natività singolare espressione di gusto barocco animata da scorci di vita quotidiana, dove aristocratici, borghesi e popolino attendono con le loro figure policrome, tutti insieme, alle loro abituali quanto diverse occupazioni. Oggi, se si esclude il presepe napoletano, i più grandi maestri nell’arte presepiale sono gli spagnoli i quali specializzatisi nel presepe storico “palestinese” a livello scenografico non conoscono rivali.

 

Fernando Mazzotta

 

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