Negli anni passati ho già avuto modo di parlarvi di
Corradino Costa (nella fotografia inserita nel testo) noto
presepista di Taranto, oggi quasi ottantenne, affetto dal morbo di
Parkinson. E lo stupore della “scienza” dinanzi
alle capacità che manifesta nel realizzare i suoi presepi è
diventato oggetto di studio: come per magia, per incantesimo o, se
vogliamo, per miracolo, quest’uomo quando afferra gli strumenti per
“lavorare” alla realizzazione di un presepe perde completamente quel
tremore a riposo (a 4-6 cicli per secondo), che si differenzia per
il tremore intenzionale (durante il movimento) tipico delle malattie
cerebellari. Il tremore esordisce nelle porzioni distali degli arti,
per cui sembra che l’ammalato stia contando incessantemente delle
monete. E Corradino in questi giorni ha ultimato l’ultimo dei suoi
innumerevoli presepi che possiamo ammirare in buona parte di queste
immagini fotografiche.
Come si può osservare, l’artista ha inteso dare a questo
presepe “napoletano” una rappresentazione della natività di
Gesù tra Storia e Vangelo collocando soltanto “l’asinello” a
scaldare il Bambino. Il presepe, così come si è solito
rappresentarlo oggi, è il risultato di una lunga
stratificazione storica. In origine era soltanto una greppia
poi, intorno al Cristo appena nato, la devozione popolare
creò una grotta animandola con le figure che tutti noi
conosciamo. Vale la pena ricordare che la presenza degli
animali presso la mangiatoia esprimeva significati simbolici
ed esoterici e che, solo col tempo, al simbolo subentrò la
realtà priva degli originari significati. Il bue e
l’asinello erano, nelle antiche religioni, i simboli della
generazione e della fecondità. Difatti, la stalla o la
grotta in cui Maria avrebbe dato alla luce il Messia non
compare nei Vangeli canonici: sebbene Luca citi i pastori e
la mangiatoia, nessuno dei quattro evangelisti parla
esplicitamente di una grotta o di una stalla. Nell’unica
citazione di Luca si legge “……in una mangiatoia perché per
essi non c’era posto nell’albergo……” Una testimonianza
letteraria è quella di San Girolamo il quale, visitando la
Terra Santa ed entrando in Betlemme, sostò allo Speculum Salvatoris, ove notò lo “stabulum”, una mangiatoia scavata
nella roccia, ove Gesù era nato (Girolamo, Ep.108,10; PL
22,384). Si trattava evidentemente del luogo riferito da
Luca evangelista (Lc 2,7).
La figura dell’asino è l’unica
inizialmente legata al presepe di cui si hanno le prime
notizie nel 354 d.C., quando nel giorno di Natale nella
Basilica di Sancta Maria ad Praesepe (dal latino praesepire
che significa recingere con una siepe o un graticcio), oggi
Santa Maria Maggiore, fu celebrata da papa Liberio la prima
messa con la raffigurazione di una culla con il Bambino.
L’asino è collocato nella stalla dietro la mangiatoia
ospitante Gesù ed è, secondo alcuni, quello che avrebbe
accompagnato Maria e Giuseppe nel loro viaggio durante la
Fuga in Egitto. Successivamente, nel 550 d.C. comparvero
accanto alla culla le prime immagini di Maria e Giuseppe. Il
presepe, nella sua forma attuale, completo di bue e asinello
che si rifà al Vangelo Apocrifo dello Pseudo Matteo, risale
al 1223 quando nella Grotta di Greggio, nella notte di
Natale, san Francesco d’Assisi celebrò la messa davanti a un
presepe vivente. In realtà, la rappresentazione di Greccio
va intesa non come un vero Presepio, ma più che altro come
una variante dei drammi sacri e delle laudi dialogate, così
diffusi in quei tempi presso le Confraternite religiose
dell’Umbria e della Toscana. Il primo esempio di presepe
“plastico” a noi pervenuto è quello di Arnolfo di Cambio
intagliato nel legno nel 1280 e oggi conservato nelle sue
parti residue presso la Basilica di Santa Maria Maggiore.
Come già detto, la presenza del bue e dell’asino è del tutto
sconosciuta agli evangelisti, ma è stata desunta da Origene,
interprete delle antiche profezie di Isaia e Abacuc e
raccontata nella sua tredicesima omelia su Luca. Isaia,
infatti, così si pronuncia “Dice il Signore: Cielo e Terra
fate attenzione a quel che sto per dirvi! Ho cresciuto dei
figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Ogni bue
riconosce il suo padrone e ogni asino chi gli dà da
mangiare: Israele mio popolo non comprende, non mi conosce
come suo Signore. Secondo San Girolamo, l’asino rappresenta
l’Antico Testamento e il bue il Nuovo Testamento, altri
vedono nel primo i pagani, nel secondo il popolo eletto.
L’asino accompagnerà il Cristo in tutta la sua vita, dalla
Fuga in Egitto, fino all’entrata in Gerusalemme alla
Domenica delle Palme.
L’evoluzione del presepe si compì attraverso il dramma
liturgico che si compiva nelle maggiori chiese che
allestivano i presepi “viventi”. Ma l’inevitabile
progressiva degenerazione in forme paganeggianti delle sacre
rappresentazioni spinse la Chiesa a condannarle nel Concilio
di Treviri, permettendo di contro la raffigurazione statica
della Natività e quindi il Presepio favorendone la sua
successiva diffusione. Dilagò nel Regno di Napoli e di là in
tutti gli altri stati italiani e nel ‘600, quando la Sacra
Rappresentazione assunse un forte tratto naturalistico, si
realizzò una Natività singolare espressione di gusto barocco
animata da scorci di vita quotidiana, dove aristocratici,
borghesi e popolino attendono con le loro figure policrome,
tutti insieme, alle loro abituali quanto diverse
occupazioni. Oggi, se si esclude il presepe napoletano, i
più grandi maestri nell’arte presepiale sono gli spagnoli i
quali specializzatisi nel presepe storico “palestinese” a
livello scenografico non conoscono rivali.
Fernando Mazzotta
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