NATALE
2010 A CAMBRIDGE
Cari amici (o se preferite, cari ex
colleghi), torno ad affidare a Piazza Scala alcune delle mie
considerazioni sulla vita inglese ed, avvicinandosi le
festività di fine d’Anno, ho pensato di raccontarvi alcuni
aspetti della loro tradizione natalizia . E’ attraverso
questo scritto che conto di formulare per tutti voi i miei
migliori auguri . Credo che ognuno di voi affiderà
all’Albero di Natale o al Presepe anche le speranze per un
2011 : la vita è talmente varia che sono certo che per
ognuno di noi, nel 2011 ci sarà uno spicchio (spero, qual
cosina in più…) di gioia, felicità e soprattutto, salute.
Ognuno spererà in un anno migliore del 2010 ed io non posso
che augurarvelo di tutto cuore.
Proprio ieri a Cambridge , la città da
cui vi scrivo, si e’ dato ufficialmente inizio allo
“shopping “natalizio con tanto di attrazioni (brevi presenze
degli attori,che caratterizzeranno le principali
rappresentazioni teatrali del periodo, musiche, pantomime
artigianali ecc.) e soprattutto, con l’accensione ,in città
e nei due principali centri commerciali, delle varie
luminarie. Ovviamente non possiamo comparare la vivacità e
la ricchezza dei negozi londinesi con quelle di una media
città di provincia, qual’e’ Cambridge, benché punto di
attrazione di studenti e turisti da tutto il mondo.
L’Inghilterra, terra nella quale
l’integrazione razziale e culturale, ha origini molto remote
e basi ben solide anche a seguito della presenza sul suo
suolo nazionale di varie etnie, frutto di una colonizzazione
che si e’ frantumata solo con la fine della 2° guerra
Mondiale, vive il momento natalizio con diverse sfumature.
Quindi, e’ ovvio che quelle che cercherò di focalizzare sono
solo le tradizioni del popolo inglese.
Molte delle consuetudini tramandate nel
Regno Unito trovano le proprie radici ancor prima della
nascita di Gesù Cristo. Già allora si festeggiavano i
“mid-winter festivals” per scacciare il buio dell’oscurità
(ricordate che la posizione geografica condiziona la
presenza più corta o più lunga dell’insolazione, cioe’ della
presenza del sole e quindi, del “giorno”) e con
l’intenzione di dare più “power” (forza) al sole. I Romani
avevano proprio il 25 Dicembre i loro “Saturnalia”, nei
quali usavano abbellire le proprie case con dei “sempre
verdi” quali buon auspicio al ritorno della primavera.
In Inghilterra solo in epoca Vittoriana,
s’incominciò a caratterizzare maggiormente il Natale con
l’introduzione di Babbo Natale, gli auguri natalizi e
soprattutto, i “Christmas crackers” . Questi ultimi
,unitamente alle ghirlande rotonde e variopinte, soprattutto
a tema floreale, che si appendono nella parte esterna della
porta d’ingresso, sono la principale “variazione” sul tema
rispetto al nostro modo di festeggiare.
Immagino che qualcuno leggendo la parola
“crackers”, stia immaginando qualcosa di simile alla nostra
galletta o che qualcun altro, magari più esperto di PC ed
informatica, stia pensando a quello stratagemma che il
“cracker” inventa per eludere blocchi imposti dal
costruttore di “software”per impedire duplicazioni illegali
: orbene, i “crackers” di cui parliamo non ha niente a che
vedere né con l’uno né con l’altro.
L’idea nasce intorno al 1850 da un certo
Thomas Smith , che preso lo spunto dai bon-bon francesi,
inventò un tubo di cartone , incartato con carta colorata o
natalizia e chiuso ad entrambe le estremità con la stessa
carta arrotolata. All’interno , all’inizio erano contenuti
piccoli dolcini e soprattutto frasi amorose: infatti
venivano acquistati (e venduti solo nel periodo natalizio)
dagli uomini per donarlo alla donna.
Successivamente, il “cracker” si
trasformò in un oggetto augurale con precise regole ed un
piccolissimo contenuto di polvere pirica che allo strappo
contemporaneo di entrambe le estremità del tubo, produceva
uno scoppio e soprattutto, la fuoriuscita del contenuto.
Attualmente, il contenuto è variato in rapporto al costo del
singolo “cracker” ( ci si sta rivolgendo sempre più a
coriandoli o a stelle filanti ma c’e’ chi vi ha nascosto
l’anello di fidanzamento per la propria ragazza)
analogamente come si è allargato il significato, comunque
“scoppiettante” e beneaugurante, da quello privato a quello
cumulativo. Generalmente, lo si trova sul piatto prima di
iniziare il pranzo di Natale e tutti i commensali , unendosi
l’un l’altro in una catena umana a braccia incrociate (il
destro va verso la sinistra e il sinistro a destra) ,
reggono i vari “crackers” per farli scoppiare all’unisono .
Altra usanza inglese è quella che i
commensali generalmente indossino per il pranzo del giorno
di Natale una corona di carta : spesso questo oggetto e’
nascosto dentro il “cracker” e sparato tra i coriandoli.
Noi abbiamo il Panettone o il Pandoro e
gli inglesi hanno il “Christmas Pudding”. Purtroppo questo
dolce richiede molto tempo per la preparazione e segue
regole per la cottura ed ingredienti , che spesse volte
vengono tramandate oralmente da generazioni. Negli ultimi
due secoli, la preparazione in famiglia del “Christmas
Pudding” era un momento di gioia, un momento familiare di
aggregazione oltre che , per l’epoca, un avvenimento dato
che richiede ingredienti vari e costosi. Il dolce (perché
di un dolce si tratta!) contiene uva sultanina, noci e
amarene: e’ molto simile al piu’ conosciuto “plum cake”, in
quanto dolce di frutta solo che nel nostro caso, viene cotto
a vapore e non infornato. Al centro vi si nascondeva una
moneta (6 centesimi) che doveva portare fortuna a chi la
trovava nella propria porzione. La preparazione di questo
dolce inizia appunto con l’Avvento (Stir up Sunday) e si
completa per l’immediata vigilia di Natale. Appunto la prima
domenica d’Avvento la famiglia si riunisce ed inizia
(userei, iniziava , visto che il frenecità della vita
inglese oramai lo permette di rado ed anche le tradizioni si
tramandano ma non si seguono più) la preparazione : la
miscela è formata da 13 ingredienti( dalla melassa alle
mandorle) che simboleggiano Cristo ed i 12 apostoli e va
mescolato , rigorosamente da sinistra a destra( a ricordo
dei 3 Magi che andarono da Est ad Ovest per trovare il
“bambinello”), da ciascun membro della famiglia a rotazione
.Ognuno a turno, esprimerà un desiderio che deve rimanere
segreto. Il dolce ,una volta impastato (tra l’altro le uova
vanno sbattute con del brandy), va lasciato cucinare a bagno
maria per oltre 6 ore ed infine lasciato raffreddare. Fino
alla data della consumazione va bagnato con del brandy o del
rum e lasciato riposare in frigo o in un posto freddo.
Tirato fuori 2 ore prima di consumarlo, va servito con una
crema (talvolta mischiata a rum o a brandy).
P.S. Oramai ,in un mondo consumistico e
decisamente non più legato a queste tradizioni, il
“Christmas Pudding” si trova già pronto per essere venduto e
acquistato in Pasticceria o addirittura nei
“Supermarket”:ovviamente con tutto un altro gusto rispetto a
quello fatto in casa.
Vi sarebbe poi da dirvi del pranzo
natalizio, ma preferisco svolazzare sui “Carols”, cioe’ sui
canti Natalizi che qui, a Cambridge, costituiscono un
“leitmotif” del Natale e un modo di competere tra i cori
dei vari Colleges. Certamente il piu’ rinomato e famoso
appuntamento , in questo senso, e’ quello del 24 Dicembre
al King’s College(Festival of Nine Lessons and Carols”) .
Purtroppo dove si esibisce il Coro del College ,la Cappella
Universitaria, non vi possono essere ammesse piu’ di 250
persone per cui per assistere a quella speciale esibizione
(tra l’altro ,gratuita), moltissimi sono coloro che passano
l’intera notte in fila per assicurarsi un posto e buona
parte di loro, sono turisti venuti dall’ Estremo Oriente ,
dagli USA o dall’Europa Continentale. Lo spettacolo –
credetemi- vale da solo tutto il freddo incassato. E non è
l’unico modo per scendere nel mondo dei “Carols “natalizi
: un po’ tutti i Colleges effettuano serate dedicate ai
canti natalizi. Un vecchio modo per celebrare i canti
natalizi nella tradizione inglese è quello di “Caroling”,
cioe’ cantare i motivi nelle strade e nelle piazze per
raccogliere fondi per le opere caritatevoli . Ovviamente,
i “carols” tramandati sono molti ma credo che il piu’
conosciuto sia “Silent Night “ (o Bianco Natale), che
comunque ebbe origine austriaca.
Maurizio Arpaio - 22 novembre
2010 |