Il presepe napoletano
Il mio presepe è' una pallida (pallidissima) imitazione
del presepe Cuciniello, famosissimo.
Ha una larghezza di 190 cm e profondità di 80 cm Si monta abbastanza
velocemente perchè a suo tempo realizzai due elementi distinti, la casa e l'arco romano che poggia
su un rialzo. Questi due elementi e altri minori vengono poggiati su una
base rettangolare di compensato molto spesso
(riciclato, era una delle tavole che tenevamo sotto i materassi prima di
sostituire le reti con quelle a doghe). La suddetta base è parzialmente
pavimentata (imitazione basolati lavici in uso a Napoli) salvo gli spazi
dove poggiano la casa e l'arco. Per quanto ovvio, la tavola poggia su un paio
di cavalletti che vengono nascosti da un telo di quella carta che sembra
roccia...
Il fondale, eh eh, ha qualcosa a che vedere con la Comit, non tanto perchè
lo custodisco in uno di quei tubi di cartone che usava la DC per inviare
alle Filiali la cartellonistica, ma perchè, non soddisfacendomi quelli
reperibili sul mercato, me lo feci preparare da Pippo Caliri, capocassiere
della Filiale di Piano di Sorrento (dove ero il CD...) e pittore di discreto
livello.
Maurizio D'Angelo
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Il presepe napoletano
Non molti giorni fa son capitato su un sondaggio radiofonico (Radiodue) che
riproponeva l'antico dilemma, non so quanto reale, “albero o presepe” ?
A parte l'esito, vittoria anche abbastanza chiara del presepe, ho realizzato
che ormai Natale è alle porte e per l' otto dicembre dovrò recuperare il
materiale necessario, rivoluzionare un angolo del soggiorno e avviare la
preparazione del presepe....
Perchè lo faccio ? Per la verità, non me lo chiedo, posso escludere si
tratti – almeno per quanto mi riguarda – di devozione, come non era
devozione quella di mio padre, di cui ricordo come evento di assoluta
eccezionalità una sola presenza in chiesa,
che ce lo
preparava regolarmente.
Quando mamma banca mi ha spedito, funzionario di prima nomina, a Napoli nel
lontano 1976, vi capitai in un momento particolare: per una di quelli
cicliche inversioni di tendenza del gusto, in quella città (che poi è la
mia, anche se,a conti fatti ormai abbastanza vicini al consuntivo, quella in
cui ho trascorso meno anni...) era tornato prepotentemente alla ribalta il
presepe con la piena rivitalizzazione di quel magico angolo che è San
Gregorio Armeno dove si addensano le bottegucce degli artigiani presepiali.
Non starò qui a celebrare le glorie del presepe “neapolitan style” , ancor
oggi la produzione di quel magico periodo del Settecento e, in parte
dell'Ottocento, è ammirata da schiere di visitatori fra i quali spiccano i
bambini con le loro faccine incantate
per quelle
prodigiose riproduzioni di vita reale.
Escludendo, per ragioni di spazio e di tasca, un presepe settecentesco, è
comunque possibile, attenendosi a ben precisi criteri, realizzare qualcosa
che si richiami alla tradizione partenopea.
I tre elementi fondamentali di questo presepe sono:
• La Natività
• L'annuncio ai pastori
• La taverna
Il primo gruppo dovrebbe essere il centro della scena ma, anche se questa è
la collocazione ( e non sempre), non si può in tutta onestà dire che sia
quella che focalizza l'attenzione. Infatti, se non fosse per la presenza di
un corteo pittoresco al seguito dei Magi, con ricchissimi costumi, è di
sicuro il quadro più dimesso.
Col secondo gruppo irrompe in scena la combriccola dei pastori e relativi
animali, indispensabile un pastore dormiente (Benino) che ha
un'origine...teatrale, risalente alla sacra rappresentazione di origine
seicentesca nota come “La Cantata dei pastori”.
Sono le
persone cui è destinata l'annunciazione degli angeli.
Il terzo gruppo, la taverna, è quello che caratterizza il presepe
napoletano, affollato di figure che vanno dall'oste al salumiere (casadduoglio
in napoletano), pescivendolo, ma è inutile fare l'elenco, si può immaginare
tutto quel che si vuole, in ogni caso va realizzata una scena molto
affollata, fra avventori della taverna, passanti, ambulanti e, in un delirio
di atemporalità, qualche prete, zampognari, e poi un profluvio di generi
alimentari in grande evidenza.
A proposito
della succitata Cantata dei pastori, volendo,
si possono
inserire altri personaggi; oltre Benino, si possono considerare altre figure della suddetta
Cantata.
Infatti, il presepe napoletano è stato molto influenzato da quest'opera il
cui titolo ufficiale, per la verità, sarebbe “Il vero lume
tra l'ombre per la nascita del Verbo umanato” e narra le avventure di due
disperati, Razzullo – scrivano di Napoli – venuto a far fortuna in Palestina
e Sarchiapone, piccolo imbroglione anche lui di origine partenopea,
quest'ultimo, per la verità, aggiunta ottocentesca.
Le avventure di costoro, sempre alle prese col problema di rimediare un
pasto, si incrociano con i tentativi di una schiera di diavoli, capitanati
da Belfagor, (Pluto,Asmodeo,Astarotte,Belzebù) che hanno la missione di
impedire la nascita di Gesù e, ovvio, col peregrinare di Maria e Giuseppe.
Quindi avremo il pastore Armenzio (padre di Benino), Ruscellio (pescatore) e
Cidonio (cacciatore, anche lui figlio di Armenzio). Volendo, anche uno dei
diavoli e i già citati Razzullo e Sarchiapone possono degnamente figurare
(io ce li metto...).
La rappresentazione, molto popolare per almeno un paio di secoli, era
demenziale, del tutto in linea con la demenzialità dei personaggi, poi
scomparsa dalle scene (da bambino sentii citarla da mio padre come ricordo
della sua infanzia...) è da alcuni anni tornata in auge grazie alle ricerche
e l'impegno di Peppe Barra.
Un'ultima notazione, mentre scrivo, in quella trasmissione radiofonica (ah,
“Grazie per averci scelto”), sono arrivati ai quarti di finale e hanno
appena annunziato che il presepe ha prevalso sulla moto, per cui in
semifinale andranno presepe, matematica, caffè e... non ricordo più
cos'altro, brutta cosa l'età.
Maurizio D'Angelo - dicembre 2009