Natale

 

La stanza è diversa, cosa è successo? La bimba si inoltra curiosa, il grembiulino bianco macchiato di inchiostro come le mani, una cocca del grande fiocco tra le labbra come una stampella alla quale sorreggersi, la micia che si struscia sulle sue gambette. Lampo di genio: “Ma certo, tra poco è Natale, si sposta la poltrona, si toglie il tappeto e si predispone l’angolo magico per il Presepe”. Gioia, attesa, speranza scuote il suo petto, il cuore canta, giunge la festa più attesa e bella dell’anno.

La mamma la richiama bruscamente alla realtà: “Lo si farà stasera con papà ed i tuoi fratelli!”.

Il pomeriggio trascorre interminabile, anche la merenda non ha il solito profumo, il solito gusto. E finalmente è sera, la famiglia si avvia verso la sala da pranzo in ordinata processione, ognuno con il suo prezioso e fragile pacco (”Attenti, le statuine sono fragili e non ne compro altre”).

Si pone nell’angolo il tavolino pieghevole, che normalmente staziona sul balcone carico di pianticelle. Un po’ di carta di giornale artisticamente ammonticchiata ed un panno al di sopra lo trasformano in un paesaggio roccioso. Ognuno vuole aggiungere la sua palma, la sua roccia fatta con pezzetti di carbone, donati dal carbonaio di fronte a casa, o la sua montagnetta di pietre raccolte nel corso del tempo, scelte con cura in base a forma e lucentezza e ben lavate con acqua e sapone.

Adesso arriva il bello: uno specchio rotto viene delicatamente depositato nel centro della piccola pianura creata ad hoc, mentre piccole mani cercano di posare le prime ochette scontrandosi con ben più robuste e ruvide dita che le cacciano via, sottolineando che non è ancora tempo. Infatti il papà, con l’abilità dovuta alla lunga pratica, fa scendere dal monte una piccola cascatella di carta argentata, muta testimone di precedenti golosità, la fa ingrossare e giungere, con numerose e sinuose volute, sino al laghetto dal quale uscirà poi per perdersi lontano, chissà dove. Ma non è ancora ora delle ochette, manca il ponte. Ecco che il dono dello zio, che si diletta di lavori di falegnameria, viene deposto con reverenza a cavallo del torrente, vicino allo specchio, così che si rifletta un poco in esso. E finalmente le ochette entrano in acqua, pardon sullo specchio.

Il babbo piazza ora in un posto strategico e sicuro la capanna: deve scendere il filo elettrico per la lucina che illuminerà l’interno (“Solo però nelle ore prestabilite, d’accordo? Oppure se viene qualcuno! Se no si spegne, la luce costa e la lampadina si brucia.”).

A questo punto si apre l’accesissima gara per chi debba mettere nella capanna la Madonna, San Giuseppe, l’asino, il bue e la culla (“Il bambino Gesù no, scema, deve ancora nascere” precisano i fratelli in coro). La bimba piagnucola ed allora le si consente di mettere l’angelo sul tetto della capanna: va da sé che lo stesso cada miseramente dopo due secondi tra le risatine dei fratelli.

I personaggi si piazzano, quasi da soli, al loro posto: il falegname, la contadina, il pastore con le pecorelle, il venditore di vino, la massaia con il cesto del bucato, il panettiere, ma manca ancora il più amato dalla bambina, che ha fatto la brava per tutta la settimana proprio per avere questo onore. Tra le braccia del babbo, quasi a volo di angelo, posa delicatamente il pastorello con la pecorella sulle spalle, il bastone in mano ed il cane accanto a lui e, miracolo, il tutto non cade. La famiglia è ora stanca ma felice: la missione è compiuta. I tre bambini già si preparano alle mosse dei prossimi giorni: il Bambino Gesù avvolto nel piccolo panno  che  a  malapena gli  copre  i fianchi  (“Ma non ha freddo?”,  “Ma no,  sciocchina, dove  Lui  è  nato  fa
caldo!”), e poi i sontuosi Re Magi, dei quali la bimba non rammenta mai il nome, ma che sono fantastici, con i loro buffi cammelli; e poi i doni, le feste e…Un forte rumore riporta l’attenzione di tutti sul Presepe: la gattina, come tutti gli anni, con la sua zampetta vellutata ha colpito il pastorello sul ponte facendolo cadere rovinosamente, trascinando poi con sé il panettiere, delle pecore e due ochette. Dopo un attimo di silenzio tutti sorridono perché in fondo anche la micia ha voluto prendere parte alla festa, perché infine Natale è sempre Natale.

Auguri a tutti.

Piera Favetto - Natale 2009