LA NATIVITA'
Dal cessato sito ANPECOMIT Milano
 

La Natività 

L’origine storica del Presepe va ricercata nella narrazione della natività di Gesù contenuta nei Vangeli di S. Matteo e S. Luca. In particolare, nel Vangelo di S. Luca è scritto che Maria e Giuseppe arrivarono da Nazareth a Betlemme per le formalità del censimento ordinato da Cesare Augusto: "Mentre si trovavano colà, si compì il tempo in cui Maria doveva partorire; diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose a giacere in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’albergo". La nascita di Gesù in una grotta è stata sempre ritenuta come implicitamente attestata dal Vangelo con il riferimento alla mangiatoia. In Oriente le grotte naturali servivano di rifugio ai viandanti e di stalla agli animali. Appare così verosimile un’antichissima tradizione che mostra un bue e un asinello nell’atto di riscaldare con il proprio alito il corpo di Gesù. Di questa tradizione è testimone già Sant’Ambrogio. Ma la prima descrizione del luogo ove, secondo la tradizione, nacque Gesù, ci è stata tramandata da San Girolamo che nell’anno 404 descrive il cosiddetto speculum Salvatoris (la grotta del Salvatore), ove si additava lo stabulum (mangiatoia). In un documento del 326 si parla di una mangiatoia scavata nella roccia, che potrebbe aver avuto supporti di legno: più tardi fu rivestita di lastre di metallo prezioso forate per permettere ai fedeli di vederla e toccarla e nello stesso tempo per impedirne l’asportazione. Così, almeno in parte, si presenta tuttora la grotta di Betlemme, venerata da innumerevoli fedeli; studi recenti confermerebbero la tradizione.

 

Il Presepe

Etimologicamente la parola latina significa recinto chiuso da una siepe (prae davanti e saepire chiudere con una siepe). Con questo termine, nell’uso comune, si intende la rappresentazione a tre dimensioni che dell’evento biblico si fa nelle chiese e nelle case dei credenti. Questo avvenimento così familiare e umano, se da un lato colpì la fantasia dei paleocristiani rendendo loro meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo, dall'altro li sollecitò a rimarcare gli aspetti trascendenti quali la divinità dell’infante e la verginità di Maria. Così si spiegano le effigi parietali del III secolo nel cimitero di S. Agnese e nelle catacombe di Pietro e Marcellino e di Domitilla in Roma che ci mostrano una Natività e l’adorazione dei Magi, ai quali il vangelo apocrifo armeno assegna i nomi di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre, ma soprattutto si caricano di significati allegorici i personaggi dei quali si va arricchendo l'originale iconografia: il bue e l'asino, aggiunti da Origene, interprete delle profezie di Abacuc e Isaia, divengono simboli del popolo ebreo e dei pagani; i Magi il cui numero di tre, fissato da S. Leone Magno, ne permette una duplice interpretazione, quali rappresentanti delle tre età dell'uomo: gioventù, maturità e vecchiaia e delle tre razze in cui si divide l'umanità: la semita, la giapetica e la camita secondo il racconto biblico; gli angeli, esempi di creature superiori; i pastori come l’umanità da redimere ed infine Maria e Giuseppe rappresentati, a partire dal XIII secolo, in atteggiamento di adorazione proprio per sottolineare la regalità dell'infante. Anche i doni dei Magi sono interpretati con riferimento alla duplice natura di Gesù e alla sua regalità: l’incenso, per la sua Divinità, la mirra, per il suo essere uomo, l’oro perché dono riservato ai re. Il presepio come lo vedia mo realizzare ancor oggi ha origine, secondo la tradizione, dal desiderio di San Francesco di far rivivere in uno scenario naturale la nascita di Betlemme, con personaggi reali, pastori, contadini, frati e nobili, tutti coinvolti nella rievocazione che ebbe luogo a Greccio la notte di Natale del 1223; episodio poi magistralmente dipinto da Giotto nell’affresco della Basilica Superiore di Assisi (vedi foto). Primo esempio di presepe inanimato, a noi pervenuto, è invece quello che Arnolfo di Cambio scolpì nel legno nel 1280 e del quale oggi si conservano le statue residue nella cripta della Cappella Sistina di S. Maria Maggiore in Roma. Da allora e fino alla metà del 1400 gli artisti modellarono statue di legno o terracotta, sistemandole davanti a un fondale pitturato riproducente un paesaggio che fa da sfondo alla scena della Natività; il presepe era esposto all'interno delle chiese nel periodo natalizio. Culla di tale attività artistica fu la Toscana ma ben presto il presepe si diffuse nel regno di Napoli ad opera di Carlo III di Borbone e nel resto degli stati italiani. Nel ’600 e ’700 gli artisti napoletani diedero alla sacra rappresentazione un’impronta naturalistica, inserendo la Natività nel paesaggio campano ricostruito in scorci di vita che vedono personaggi della nobiltà, della borghesia e del popolo rappresentati nelle loro occupazioni giornaliere o nei momenti di svago: nelle taverne a banchettare o impegnati in balli e serenate. Ulteriore novità fu la trasformazione delle statue in manichini di legno con arti in fil di ferro, per dare l’impressione del movimento, abbigliati con indumenti propri dell’epoca e muniti degli strumenti di svago o di lavoro tipici dei mestieri esercitati e tutti riprodotti con esattezza anche nei minimi particolari. Questo per dare verosimiglianza alla scena delimitata da costruzioni riproducesti  luoghi tipici del paesaggio cittadino o campestre: mercati, taverne, abitazioni, casali, rovine di antichi templi pagani. A tali fastose composizioni davano il loro contributo artigiani vari e lavoranti delle stesse corti regie o la nobiltà, come attestano gli splendidi abiti ricamati che indossano i Re Magi o altri personaggi di spicco. Sempre nel ’700 si diffuse il presepio meccanico o di movimento che ha un illustre predecessore in quello costruito da Hans Schlottheim nel 1588 per Cristiano I di Sassonia. La diffusione a livello popolare si realizzò pienamente nell’Ottocento quando ogni famiglia in occasione del Natale costruiva un presepe in casa riproducendo la Natività secondo i canoni tradizionali con materiali - statuine in gesso o terracotta, cartapesta e altro - forniti da un fiorente artigianato. A Roma le famiglie importanti per censo e ricchezza gareggiavano tra loro nel farsi costruire i presepi più imponenti, ambientati nella stessa città o nella campagna romana, che permettevano di visitare ai concittadini e ai turisti. Oggi, dopo l’affievolirsi della tradizione negli anni ’60 e ’70, causata anche dall’introduzione dell’albero di Natale, il presepe è tornato a fiorire grazie all'impegno di religiosi e privati. 

 

 

Presepi in Milano
 

Nella basilica ambrosiana di San Nazaro in Brolo, all’estremità del transetto sinistro, possiamo contemplare l’ancona di legno dorato, raffigurante i Magi in adorazione del Bambino. L’opera è databile attorno all'inizio del XVI secolo, proveniente da Colonia, opera forse di Adam Kraft di Norimberga. 

È un quadro affollato e in prospettiva mostra il viaggio dei Magi, il loro scrutare la stella, le informazioni chieste a Gerusalemme e infine l’arrivo presso la capanna. Infatti al centro campeggia la Sacra Famiglia e i tre re che prostrati offrono doni al Bambinello.

 

Nella chiesa di Santa Maria Della Passione si ammira un presepe con statue in ceramica fatte a mano e due opere di Ottavio Semino.

 

Nella chiesa di San Marco, in una delle cappelle del lato destro, è conservato il suggestivo presepio opera di Francesco Landonio (1723-1783). E’ realizzato in carta dipinta, applicata su supporto, i cui personaggi ritagliati sono poi disposti teatralmente nello spazio della cappella. L'insieme ha un sapore arcadico e ricorda certi cascinali lombardi, mentre i personaggi hanno tratti realistici e campagnoli.

 

Il presepe di Trognano al Castello Sforzesco
 

Il grande presepe ligneo proviene dall’oratorio di S. Giuseppe a Trognano, edificato fra il 1723 e il 1726. La datazione dell’opera risale però alla fine del ’400 ad opera di un ignoto intagliatore lombardo, che proprio da quest’opera prende il nome convenzionale di Maestro di Trognano. La provenienza dell’opera è incerta: alcuni studiosi l’attribuiscono alla Certosa di Pavia, altri alla bottega De Donati (i fratelli Pietro e Ambrogio) che contribuì alla decorazione dell’Immacolata di Lodi.

Domenico Pizzi - Filippo Vasta