RICORDI DI NATALE

 

Quando ero bambino non aspettavo il giorno di Natale con particolare ansia. Dalle mie parti i regali ai bambini arrivavano per Santa Lucia, il 13 dicembre. Anche ai giorni nostri questa tradizione è rispettata, ma la Vigilia di Natale, la sera del 24 dicembre il rito è parzialmente ripetuto. Il motivo è dato principalmente dal fatto che ora anche i grandi si scambiano regali e non sarebbe possibile lasciare i bambini a bocca asciutta quando arriva Gesù Bambino.

In quelle due serate i bambini non ne volevano sapere di andare a letto ed era necessario tirar fuori i giocattoli, cioè far arrivare la santa e il bambino senza dilazioni.

Il rito era sempre il solito. Una stanza lasciata buia, un campanello che suonava, rumori artificiali nella casa, qualche nitrito di cavallo o raglio d’asino grossolanamente imitati, le luci che si accendevano improvvisamente e i giocattoli apparivano d’incanto. Si divertivano di più i genitori che noi bambini, anche perché noi conoscevamo ormai da tempo l’inganno, ma stavamo al gioco.

Io ero il primogenito e m’incaricai di avvisare le mie sorelle prematuramente. Anzi, una volta le accompagnai nella stanzetta che fungeva da guardaroba, aprii l’armadio e mostrai loro i pacchetti pronti. Non erano i regali costosi d’oggi. Un piccolo trenino, un paio di bamboline “Lenci”, torroni, cioccolati, mandarini, castagne secche.

Si faceva il presepio, non l’albero. Quest’ultimo era raramente presente nelle nostre case. Fu introdotto più tardi, dopo la seconda guerra mondiale. Poi si faceva il giro dei presepi nelle chiese della città. Ne ricordo uno in particolare perché era mobile. Le statuette sembrava che camminassero, come le pecore, e le stelle del firmamento sembrava brillassero sullo sfondo del cielo di carta.

Dopo Santa Lucia, la mamma ci accompagnava a raccogliere il muschio e un vecchio carbonaio ci procurava la “marogna” che imitava le rocce delle montagne. La farina e la crusca servivano per le strade ed un vecchio specchietto imitava il laghetto, sul quale si posava un ponticello.

Le strade della città si animavano ma non c’era nulla che somigliasse lontanamente all’odierno furioso shopping. Il consumismo sfrenato non era ancora stato inventato dai commercianti e la pubblicità era ancora artigianale.  La messa di mezzanotte era d’obbligo anche per i bambini e quasi tutti facevano la comunione, esclusi naturalmente
i bambini piccoli che guardavano gli altri con invidia e buona parte degli uomini. La gente non si metteva in fila come oggi ed era il caos. Si faceva quasi a pugni per raggiungere il sacerdote che allora posava l’ostia direttamente sulla lingua dei fedeli. Questi tornavano al loro posto con atteggiamento compunto, quasi di dolore. Consideravo quello di mia madre particolarmente efficace. Guai se una donna o anche una ragazzina entrava in chiesa senza un cappello o un fazzoletto in testa. Non era raro che il parroco intimasse al sacrestano con voce potente: “Manda fuori quella là”. Gli uomini, in fondo alla chiesa, sghignazzavano sommessamente.

Il fervore religioso si attenuava un po’ il giorno dopo, al momento del pranzo. Lì non si lesinava: Salumi misti nostrani, sott’aceti e sott’oli, sardine, anguilla marinata, anolini in brodo fatti in casa con ripieno di stracotto, tortelli di magro a treccia, bollito misto o cappone a lesso, tacchino arrosto con ripieno, panettone ovviamente, stracchino gelato (un dolce di panna gelato in frigo con sale da cucina), frutta secca, frutta fresca, formaggi vari, vini nostrani e spumante di Canelli, con giudizio anche ai bambini.

La domestica consumava il suo pasto da sola in cucina, ma doveva continuamente interromperlo per servire in sala da pranzo. La sua libera uscita cominciava solo verso le cinque, ma doveva rientrare alle 7 per preparare la cena. A mala pena ci stava dentro una capatina al cinema o un fugace appuntamento con un soldato del 65.mo reggimento di fanteria, e si sorbiva poi anche le prediche di mia madre che si sentiva investita dell’arduo compito di tutelare la sua moralità.

Non so se la festività natalizia fosse più sentita di oggi. Anche la domestica riceveva il suo regalino, certo, ma non credo che per lei, lontana dalla sua famiglia, costretta a lavorare di più, fosse un giorno particolarmente felice.

Giacomo Morandi - Natale 2009