Vacanze sulla Manica

Non  è  certamente  una  vacanza  marina  come  la  intendiamo noi, con  le  luci smaglianti
dell'estate mediterranea: bandito, per ragioni climatiche, il bikini, sconsigliabili le nuotate  in
mare aperto. Ma  si  trovano  ugualmente cento modi per riempire piacevolmente le giornate.

Una costa che si snoda piana per chilometri e si rapprende lontano in un festone di rocce bianche, preludio delle celebri scogliere di Dover, verde sullo sfondo, sono prati e boschi, macchie fiorite lungo la strada litoranea. Un paesaggio sereno, a tratti festoso. Ma la messa in scena, per quanto accurata, non riesce a trarre in inganno. Fiuti nell'aria una presenza suggestiva e possente. Questa sconfinata distesa verde-grigia, che soltanto qualche vol­ta riesce a tingersi di un azzurro accettabile, col suo monotono, quasi costante ribollire, col suo intenso, penetrante odore di alghe, di salsedine, che un vento robusto e puntiglioso ti rovescia addosso instancabile, non è il Mediterraneo, del quale pure non ignori le furie. E' l'immagine dichiarata, affascinante e temibile di una incontrollabile forza della natura.
Lungo questa riva ventosa sorgeva Brightelmstone, un antico villaggio di pescatori al quale quasi due secoli fa l'estro di un principe regalò un nuovo destino.
Fu intorno al 1780, quando l'allora principe di Galles, poi principe reggente, quindi re d'Inghilterra col nome di Giorgio IV, si pose a capo di uno scelto drappello di sostenitori delle virtù terapeutiche dell'acqua di mare (pare che le prime prescrizioni mediche ordinassero addirittura di berla), che aveva iniziato i suoi insediamenti lungo la costa.
Adagiata con le sue frivole architetture Regency al limitare delle boscose colline del Sussex, era nata Brighton.
La sua vocazione mondana e "festaiola" è ancora leggibile, seppure un po' appannata, sulle elaborate facciate dei suoi albergoni e nelle strutture
Brighton: veduta aerea della costa e del due giganteschi pontili. Il West Pier e il Palace Pier che, soprattutto per chi è abituato ad altro mare, sono la più consigliabile via d'approccio, sia pure indiretta, alle acque della Manica. moderatamente esotiche del West Pier e del Palace Pier, i due mastodontici pontili protesi sulla Manica col loro tentacolare carico di luci colorate, teatri, sale da ballo, caffé e sale da giochi stipate di tintinnanti slot-machines, croce e delizia di accanite vecchiette, gli occhiali avidamente baluginanti sotto il cappellino fiorito, che concluderanno la serata d'azzardo con una seduta mozzafiato alla rotonda del bingo, versione esotica della nostrana "tombola".
La gaia Brighton di Giorgio IV non piacque però altrettanto alla Regina Vittoria, che già agli inizi del suo regno trasferì sull'isola di Wight la sua dimora estiva. E poco alla volta, da fantasiosa ospite di teste coronate, la città si è andata trasformando, almeno in parte, in tranquillo ritiro per pen­sionati di lusso; tagliata fuori anche dalla corrente turistica di massa, che si indirizza di preferenza verso l'Ovest.
Ma accanto alla vecchia signora che vive di ricordi, esiste una nuova Brighton, con un nuovo tipo di ospitalità: quello dei soggiorni in famiglia per
studenti stranieri. Un sistema niente male per sentirsi "a casa" (o quasi! ) anche a migliaia di chilometri da casa e per assimilare senza intermediari lingua e costumi dei propri ospiti. Ne incontri a centinaia di queste volonterose cavie dell'europeismo, e non è sempre facile stabilire "a vista" la loro nazionalità. A volte gli svedesi sono meno biondi e spilungoni di come li immagini e un tedesco somiglia a uno spagnolo quanto un italiano a un francese.
Inutile, poi, cercare indicazioni nell'abbigliamento: pantaloni, magliette e blusotti di foggia pressoché uniforme per ragazze e ragazzi di ogni provenienza (rischiando l'accusa di sciovinismo, aggiungerei però che se i pantaloni sono di misura perfetta, la maglietta non è impossibile e la
blusa non fa sfacciatamente a pugni col resto è molto probabile che chi li indossa parli italiano). Ma non è soltanto l'esistenza di questo turismo giovane a portare nuova vitalità ad una città che per altri aspetti è rimasta il fantasma di se stessa. Le migliaia di pendolari che raggiungono ogni mattina la Stazione Vittoria (55 minuti di treno) e le centinaia di ex "bombette" della City che hanno scelto questi luoghi per invecchiare meglio determinano una sorta di continua, salutare osmosi con la capitale, che impedisce a Brighton di assopirsi nel placido torpore provinciale. Perciò è ricca di bellissimi parchi, ha un ippodromo famoso, decine e decine di ritrovi per tutti i gusti e persino una non indegna filiale di Madame Toussaud. E nei suoi teatri vengono presentati al battesimo del pubblico prima di essere trasferiti nel West End molti dei nuovi allestimenti della stagione teatrale londinese.
E' anche sede di una delle più moderne università d'Inghilterra, l'Università del Sussex, e la ormai spropositata ricettività dei suoi grandi alberghi intristiti la vede spesso prescelta per l'organizzazione di importanti congressi.
Il Royal PavillonQuanto al suo recente passato storico, Brighton ne conserva una follemente emblematica testimonianza nel Royal Pavilion, la dimora estiva di Giorgio IV, il più ricco e completo panorama esistente di quanto di buono e di deteriore vide la luce sotto l'etichetta del "Regency".
Una residenza da Gran Mogol, con le sue cupole verde pastello, lustre, panciute e assolutamente orientali sotto un cielo irrimediabilmente inglese. La visita degli appartamenti reali, nei mesi estivi, quando nella sala dei banchetti tutto è apparecchiato per ricevere in una sfarzosa cornice di ori, cristalli, porcellane, argenti e cineserie ospiti in ritardo ormai di un secolo e mezzo, e nella enorme cucina un monumentale girarrosto in azione, una batteria di oltre cinquecento pezzi di rame e prov­viste sufficienti a saziare un reggimento danno una idea in verità ben poco regale del robusto appetito dei regali commensali, è una continua altalena tra brivido e meraviglia, bello e orrido. La straripante incongruenza di certi ambienti è davvero quanto di più vicino mai abbiamo veduto all'immagine che di una reggia ci eravamo creati al tempo delle favole. In definitiva, una festa per gli occhi che può costituire la solenne iniziazione a quello che, con il
cricket  e il golf,  può essere considerato uno degli "sports" nazionali degli inglesi: la caccia alle stately homes. Centinaia di ammiccanti asterischi su una apposita mappa delle Isole Britanniche. E' una folla da "derby" calcistico quella che ogni domenica, e non soltanto di domenica, si sposta lungo le piste di questa colossale caccia al  tesoro, commentando con mugolii compiaciuti lo spettacolo non insolito, ma sempre sorprendente, di  questa campagna verde e bellissima. Se entri nel giro non ti fermi più. E ti ritrovi anche tu a scorrere ordinatamente lungo la quadreria del Duca di Norfolk, per poi passare alle porcellane del Visconte di Gage e alle azalee di Scotney Castle, e al cottage di Anna di Clèves, e al letto di Maria la Sanguinaria. Ti sembrerà impossibile aver così facilmente deposto l'italico individualismo che ti aveva finora tenuto alla larga da ogni "intruppamento" (il "principio" però è salvo, perché hai fermamente rifiutato le tre ore di coda necessarie per espugnare la Torre di Londra). Ma paese che vai ...
E tutto sommato da questa corale manifestazione di amore e rispetto per la natura e la tradizione c' è per noi, sicuramente, qualcosa da imparare.

Edda Cucè (Dircomit)
Dal NOTIZIARIO del Circolo del Personale Comit di Milano - n.ro 42 (1972)