Il viaggio

Porto la barba di tutti i miei anni e il peso delle gambe che ho posato sulla soglia di tutte le biblioteche del mondo e dei secoli. Ho bussato come un randagio ad ogni porta domandando un libro che mi parlasse dell'acqua, dell'aria, del fuoco e della fuga precipitosa dei giorni, ma ciascuna bibliotecaria si è limitata a porgermi attraverso una strettoia un volume di pagine bianche, con un sorriso beffardo. La porta poi cigolava sui cardini e sbatteva, quasi a segnare di netto un confine
invalicabile tra le mie domande e le impossibili risposte. 
In ogni modo mi hanno sempre guardato con sospetto.
Una volta, ad Alessandria -mi ricordo la luce granata dell'antico crepuscolo- ne strattonai una, un donnone patetico che colava di anni e belletti, accusandola di prendersi gioco di me e le domandai quale oscura forza le unificasse in quel gioco crudele e bizzarro di sottrarre i volumi della conoscenza all'ossessione che mi corrodeva nell'inutile tentativo di svelare l'enigma che per la verità riguardava anche lei.
Le urlai che avevo bisogno di capire. Le presi il bavero del grembiule e le gridai che mai mi sarei arreso, ma all'improvviso non avevo più nulla tra le mani, come se lei fosse svanita nell'aria e per un istante arrivai a sentirmi in colpa per l'arroganza e la superbia del mio disperato proposito.
Solo in ritardo, ma non rassegnato, ho capito di aver cercato solo pagine e tempo che non avrei raggiunto. Su uno strapiombo inospitale che stava per ingoiarmi avevo consumato milioni di passi.

da LABIRINTI di Fortuna della Porta