AIDA
musica di Giuseppe Verdi
Hui He
Luciana D'Intino
Marco Berti
Giacomo Prestia
Ambrogio Maestri
Saverio Fiore
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
MaggioDanza
Ferzan Ozpetek
Alessandro Lai
Scrivere su Aida è difficile perchè sono stati composti libri
interessantissimi, pare che non ci sia più molto da dire. L'opera andò in
scena alla Scala in prima europea il giorno 8 febbraio 1872, 45 giorni
dopo la prima rappresentazione all'Opera del Cairo, si disse in occasione
dell'apertura del Canale di Suez. Che era comunque già stato percorso dalle
navi mercantili. La protagonista era Teresa Stolz, Amneris, Maria Waldman,
Radames, Giuseppe Fancelli, Amonasro, Francesco Pandolfini, dirigeva Franco
Faccio. Verdi aveva scritto una sinfonia che sostituì con il preludio. La
riprese nel 1940 Toscanini a New York in un concerto della NBC. Alla Scala
verrà eseguita nel 1977 da Claudio Abbado. Verdi non ne autorizzò mai la
stampa.
Quell'Aida fu recensita con entusiastiche espressioni sulla Gazzetta
Musicale di Milano, diretta da Giulio Ricordi. Fu un trionfo. Verdi però non
fu soddisfatto nè delle critiche, nè degli elogi: "...non uno ha espresso
un'idea elevata, artistica; non uno che abbia voluto rilevare almeno il
fatto materiale di un'esecuzione, d'una - mise en scène - insolite!". Per
Verdi era sciocco un paragone che venne fatto con il Lohengrin, ed aveva
ragione.
Questa sera forse nessuno è in grado di rilevare i veri intendimenti
dell'Autore. Quel che è certo che non si può più aver nella mente la
confusione di idee che accolse l'opera alla Scala: non fu la musica
dell'avvenire, non era neppure una partitura che inseguiva Wagner. Era ed è
un capolavoro italiano, della musicalità italiana, semmai era un lavoro
sorprendente che in qualche modo preparava la profondità del pensiero che
nel 1874 gli permise di scrivere la Messa da Requiem e nel 1881 di rifare il
Simon Boccanegra, elevando, grazie anche a Piave, quel primo parto, ad un
capolavoro. Aida è una folgorante rivelazione, com'era stato Nabucco agli
esordi. La musica è studiata, ma con un impulso che colora il dramma con
un'alternanza di tinte mai troppo vivaci e quasi mai fosche, in una sintesi
soggiogante che distingue il bello, l'assoluto, dal banale, che eleva la
musica a virtù umana.
Questo, a mio parere offre la direzione e la concertazione di Metha che
guida l'orchestra del Maggio fiorentino, ispiratissimo, con la forza del
pensiero e la delicatezza del gesto; Firenze offre un'esecuzione memorabile
perchè estremamente teatrale anche solo ascoltandone l'esecuzione
radiofonica.
Luciana D‘ Intino è un'Amneris credibile ed è molto corretta; Aida è Hui He
che per quel che mi riguarda questa sera ha offerto una splendida esecuzione
vocale ed è nel personaggio con lo spirito ed il cuore. Emerge nel
concertato: teatralmente pare di vederla. Ogni frase è un raggio di luce.
Bravi anche gli altri. Nel complesso, anche se nessuno può essere annoverato
tra i migliori interpreti presenti oggi sui palcoscenici del mondo. Qualcuno
eccede e ha qualche accento verista. Nessun protagonista da Radames, ad
Amonasro, tranne il Ramfis di Prestia, tecnicamente in grado di emergere, è
superiore alla media. Il tenore è sufficiente. Gli acuti sono sfocati o
soffocati. E' un limite difficilmente superabile con il solo studio. E' una
questione di impostazione di base. C'è sempre il rischio che su tre prove,
in una ricada nell'errore, anche se migliorasse l'appoggio e riuscisse ad
aprire il suono con sicurezza, senza dar l'impressione di strozzarsi. Il
coro è superlativo. Straordinario il finale del secondo atto, dai ballabili
in poi. Metha ha lavorato moltissimo e tutti si sono impegnati al massimo.
Una marcia trionfale così non l'avevo mai ascoltata: un inizio tragico quasi
che la gioia della vittoria facesse da copertura ad un dramma che non è solo
quello del popolo sconfitto, ma anche adi una tragedia più intima che
coinvolgerà l'eroe, la schiava e la vera padrona e regina dell'opera e della
vicenda che è Amneris. Poi il crescendo che lascia liberi gli entusiasmi.
Aida emerge nel concertato e nel finale. L'orchestra si scatena, il coro
segue correttamente, la gloria dell'eroe è evidente, tangibile. Poi tutto
cambia. Come ben si sa. Radames tradisce. Per amore. Tradisce il suo popolo,
ma soprattutto non ama Amneris. Che lo accusa. E lo porta in giudizio.
Il finale è un gioco di ombre e di oscurità. Grande prova della D'Intino
durante il processo a Radames. Il disperato accento delle sue invocazioni
agli dèi per implorare pietà, contrasta con molta efficacia la fredda
brutalità di quanto avviene nei confronti di Radames. Splendido il rullo, in
pianissimo, della gran cassa. La sequenza a ogni ripetizione delle accuse,
sale di un semitono. Nelle inutili parole la D'Intino- Amneris fa udire
l'angoscia che sprigionano le cadenze verdiane. L'invocazione diventa ira e
famose sono le parole cantate dalla cantante-attrice:" Oh! gl'infami! nè di
sangue son paghi giammai...e si chiaman ministri del ciel!".
Nell'orchestra emergono i legni ed i fiati. Il quadro finale è per la parte
orchestrale, da antologia. Grazie ad Aida e a Metha. La musica del duetto
finale " O terra addio" è di una serenità celestiale.
Il canto dei sacerdoti e la dolorosa frase di Amneris, che ha comunque
creato con le sue accuse la fine dell'amato Radames, si uniscono all'inno
degli amanti. Uno condannato, l'altra che lo segue nel destino. Le voci di
Aida e Radames si dissolvono nel silenzio e quando i primi violini, stupendi
questa sera, eseguono lentamente le ultime battute, Amneris mormora il suo
ultimo " pace t'imploro, pace, pace", i sacerdoti cantano il loro "Immenso
Fthà" con uno splendido pianissimo. (pppp)
Metha e l'orchestra hanno raggiunto il vertice di questa serata.
Come è stato scritto, nei suoi aspetti intimo e spettacolare, Aida è il
trionfo della fantasia: questa sera diventata teatro nel senso pieno della
parola.
Specificazioni finali.
Giuseppe Verdi - Aida - Firenze 28 aprile 2011
Annotazione: Enrico Sinchelli aveva scritto: ....ho ascoltato la ripresa
radiofonica : pessima! Non so per quale problema tecnico ma le voci erano
tutte velate e gracchianti, addirittura sembra a che Berti avesse il catarro
(e non era così!). L'orchestra non ne parliamo: chiusa in una scatola!
Davvero uno scandalo. La mia registrazione su Edirol è perfetta e
restituisce la "verità" dell'esecuzione. Devo anche dire che stavolta la Rai
è innocente, poichè le riprese erano sotto la diretta responsabilità dei
tecnici del Maggio, che hanno "toppato" alla grande. Quindi specifico
doverosamente: grazie Henry. Sono contento per Radames e per il tenore che
l'ha interpretato. La specificazione di Enrico mi conforta. Dato che, come
avevo sottolineato, ho scritto la recensione ascoltando l'opera alla radio,
(se ...ci fosse più attenzione infatti, non ho detto nulla sulla
scenografia, nè sulla regia), forse non avrò l'orecchio assoluto, come mi ha
scritto un lettore, (forse ironicamente), ma il mio sembra ancora in buono
stato, per non dire ottimo. Grazie ancora. Tutti noi sappiamo che la
trasmissione effettuata dai tecnici del Comunale e non della RAI, ha
penallizzato soprattutto il tenore. Ora è chiaro. lAscolterò volentieri
quanto procurato da Enrico, per una questione di correttezza e di
deontologia pofessionale, In ogni caso pur incolpevole, chiedo scusa al
signor Berti. Quel che avevo colto era in effetti come se "Radames avesse il
catarro". Da lì le altre considerazioni. Ovviamente ciò mi convince senpre
più che l'opera può essere ascoltata ovunque, ma se sei a teatro è meglio.
Anche però che alcune trasmissioni dovrebbero avere più rispetto per i
cantanti e per il pubblico. Chi non ama la musica, invecchia prima degli
altri. Però per quel che ho ascoltato, e anche dopo aver letto altre
critiche, sottolineo che mi fido di ciò che le mie orecchie percepiscono, a
prescindere. In fondo una critica è pur sempre, se onesta, basata su quel
che si ascolta.
Maurizio Dania
|
Piazza Scala News - giugno 2011