Colonia penale


Entrò nel palazzo di cristallo e poi nella sua stanza di cristallo. Le pareti divisorie spesse circa un centimetro circondavano ambienti arredati con sobrietà, solo l'indispensabile di sedia e tavolo, letto, una poltrona e un fornello elettrico con due fuochi circolari e poi la vista a spaziare sull'intimità degli altri.
In fondo, al di là di chissà quante pareti, Lara appena tornata da una giornata di lavoro, aveva sollevato le braccia per sfilarsi una maglietta,
come se non si fosse già cambiata prima di uscire dallo stabilimento o dal capannone, forse dalla serra. Un alone di sudore si stendeva sotto
le ascelle come una mezza luna e dai capelli cadevano nel movimento alcuni fili d'erba.
Rimase con una leggera canottiera da cui si intravedevano le punte dei capezzoli non costretti dal reggiseno. Aveva linee sinuose dal viso alla
punta dei piedi, ammorbidita nei tratti da un lieve ma sufficiente pannicolo adiposo.
Portava i capelli chiari raccolti disordinatamente in una crocchia. 
L'aveva notata per la prima volta nelle sere precedenti, non appena si era abituato a quelle scatole chiuse per modo di dire, invece spalancate
sul privato di tutti, e ne era rimasto tanto colpito che adesso alla medesima ora si era trovato a guardare dalla stessa parte. Era tornata puntuale.
Lei sembrava muoversi con disinvoltura, come avesse accettato per una lunga pratica di mostrarsi persino sotto la doccia senza accorgimenti. Si muoveva decisa e in fretta. Non si guardava intorno circospetta, come ancora faceva lui prima di infilarsi i pantaloni o di spogliarsi per entrare nel getto della doccia.
Tamponandosi i capelli con una salvietta la ragazza si era stesa come ogni sera sul letto con una rivista in una mano e una sigaretta nell'altra, pigiama sbracciato e a gambe corte. Si era mossa a saltelli, con un'energia ammirevole, quella che presuppone vitalità ed entusiasmo. Dal suo scoraggiamento considerò che lui si muoveva al contrario sempre con fatica come se l'aria fosse densa.
Dalla prima volta che l'aveva vista, aveva fatto in modo da uscire dal laboratorio di falegnameria con qualche minuto di anticipo, col sangue
che gli scappava sotto la cute, con l'immagine di lei impressa nelle pupille.
Si fermò prima di girare la maniglia della porta a domandarsi se la ragazza, Lara, così la chiamava dentro di sé, lavorasse proprio nel vivaio, come facevano supporre quei residui di terra che si scrollava dagli indumenti e le macchie diffuse dappertutto.
Quella sera non appena l'adocchiò, tranquilla con una rivista tra le mani, una gamba accavallata sull'altra a dondolare in avanti, seduta sulla poltrona dopo che si era alzata dal letto, senza pensarci sollevò il citofono e cominciò a digitare numeri a caso, aspettando che fosse lei a rispondere.
Dopo alcuni tentativi a vuoto, Lara aveva in mano la cornetta e diceva pronto perché lui la vide prendere l'apparecchio e rispondere.
Si passò la mano libera tra i capelli e disse in un soffio:
-Ciao, sto sullo stesso lato del corridoio. Se ti giri, ci possiamo vedere.
Lentamente lei mosse la testa e poi tutto il corpo, ruotando gli occhi verso destra e, infatti, lo guardò. Allora sollevò la mano e accennò un
saluto.
-Ti conosco, sai, disse Lara. Ci siamo già incontrati.
-Non è possibile, non mi saresti sfuggita.
Lara raccontò che lo aveva intravisto alla mensa, anche se fugacemente, quando al primo turno nel padiglione si accalca sempre una folla disordinata. Era stato un caso, perché nella confusione bisogna solo badare a mettere in salvo i propri alluci. Ovviamente lui si trovava in un altro padiglione, protetto da altre pareti di cristallo, chissà dove.
Ad un tratto si rilassò come se parlasse con un'amica di vecchia data e anche lei si lasciò andare e di tanto in tanto sorrideva alle sue facezie.
Lo faceva apposta a farla ridere perché le si aprivano due fossette oblunghe tra le guance e poi scuoteva la testa e la frangia le finiva sugli occhi. Seduta a terra ad un certo punto, aveva appoggiato la schiena al letto e stese le gambe e di tanto in tanto si passava l'indice sull'orlo dell'orecchio.
Sebbene sembrasse a entrambi di potersi toccare, nessuno dei due poteva valutare la distanza. Lo spessore e le ondulazioni delle pareti
divisorie creavano delle distorsioni non valutabili, come quando si guarda attraverso una bottiglia. Giochi di echi, pertugi dell'aerazione e
dell'aspirazione catturavano le voci portandole in giro a loro piacere. Il sadismo degli effetti ottici ed acustici si percepiva al primo impatto,
non appena ci si ritrovava nella propria stanza.
Scacciò ogni pensiero e le chiese se desiderava incontrarlo e Lara disse di sì con naturalezza, guardandosi le unghie. Era emozionata come al primo appuntamento per un gelato in piazza e il ragazzino di allora le aveva stampato subito un bacio sulla faccia.
Proverò a raggiungerti, disse spalancando gli occhi e fissandola attraverso lo spazio.
Aggiunse che ci avrebbe provato subito. Avrebbe impiegato ogni momento libero per attraversare la distanza fino a lei, corridoio dopo
corridoio, vano dopo vano, correndo volentieri il rischio di essere scoperto e chiuso in isolamento. Sentiva di doverlo farle, come una
necessità.
Lara non seppe cosa rispondere. Coltivava ancora l'assurda idea di trovare un amico là dentro, nonostante i divieti e le distanze. Non
ricordava da quando tempo non sentisse la sua stessa voce e le sembrava, ora che tentava di dirigere i pensieri verso le parole, di trovarsi in difficoltà.
Cercando di mostrarsi deciso, il ragazzo aveva cominciato a girare a destra e a guardare in ogni alloggio, alcuni del tutto vuoti perché non
ancora assegnati. Del resto se così fosse stato, Lara gli sarebbe sfuggita, nel sovrapporsi di gesti e di corpi in un'immagine indefinibile e sfilacciata.
Non era sicuro di nulla in realtà, aveva agito d'impulso senza un piano e ad un tratto si spaventò che Lara fosse un riverbero proveniente da
chissà dove, insomma un'illusione ottica, un inganno della luce, del tutto irraggiungibile.
Sadismo dell'istituzione, pensò.  
Cautamente girò a destra come aveva deciso e guardò nell'appartamento successivo e poi nell'altro che seguiva.
Lara lo accompagnava con la fronte contratta e la preghiera, non sapeva a chi, di non svegliarsi.


da LABIRINTI di Fortuna della Porta