Il Parsifal di Wagner: la recensione di Maurizio Dania
Walter Vergnano può essere contento anche per il successo pieno, quasi trionfale, senza ombre che ha accolto l’opera wagneriana, diretta e concertata da Bertrand de Billy, acclamato alla fine del secondo atto, al suo apparire per iniziarlo e poi al termine. In effetti questo Parsifal ha dimostrato che Wagner è amato dal pubblico torinese, ma anche che con un uomo alla guida di una splendida orchestra, quale si è dimostrata quella del Regio di Torino capace di creare il clima giusto, dotato di capacità non comuni e quindi dimostrando tutta la sua bravura, può portare questa compagine di seri professionisti a risultati eccellenti. Difficilmente si è potuto ascoltare un suono così delicato nel primo atto, ma anche in grado di sottolineare il leitmotiv quando doveva suonare forte e far emergere i diversi aspetti della vicenda.
Bravissimi i violini primi e secondi: senza sbavature le viole ed i violoncelli, da applausi i contrabbassi ed anche il corno inglese, strumento complicato e che sempre crea problemi. Controfagotto, trombe, tromboni in grande evidenza; tutti però meriterebbero citazioni Oboi di grande livello. Flauti e clarinetti, perfetti. Il finale ad esempio è stato suonato splendidamente, meglio che a Vienna quando udii un’incertezza plateale, anche se chi suonava era un wiener philharmoniker. Accanto alla compagnia dei professori, c’era anche un coro sempre più straordinario. Quello delle voci bianche è stato sublime, appartiene al Regio ed al Conservatorio Giuseppe Verdi: Claudio Fenoglio ha compiuto un lavoro eccellente. Con tutti.
Parsifal era Christopher Ventris e non solo non ha deluso, ma ha cantato senza incertezze, raccogliendo un successo che è andato oltre la stima. Poi che ci siano stati Parsifal più bravi, non v’è dubbio, ma il timbro era piacevole, l’interpretazione perfetta. Kundry ha esposto una voce eccezionale: Christine Goerke a mio parere non ha che sfiorato l’urlo in qualche occasione, ma mi son chiesto quante soprano sarebbero oggi in grado di offrire una prova così convincente, anche se il fisico non l’aiuta, sia sotto il profilo vocale, che per quanto riguarda i suoi movimenti in scena. Da riascoltare, anche alla Scala. (Teatro dove non sembra che ultimamente abbiano una felice capacità di scegliere le voci).
Splendido cantante, il migliore della serata è stato Amfortas: bella figura, il sovrano del Graal; Jochen Schmekembecher merita tutti gli applausi che si è goduti ed anche qualche ovazione quando si è presentato alla ribalta, al termine dell’opera. Avrebbe potuto forse rendere maggiormente le sue non poche doti vocali, ma non si può sempre pretendere il paradiso. Gurnemanz, e Titurel sono stati all’altezza dell’impresa. Bravissimo Kwangchul Youn. Rydl ha l'età che possiede; la voce ne è una conferma ma è anche l'eroe di mille battaglie wagneriane. Bellissimo primo atto tra bianco e nero. Coloratissimo il secondo. Stilizzato il terzo.
Nel secondo atto è stata splendida la scena delle fanciulle-fiore; tutte hanno cantato bene. Nell’occasione, non potevo dimenticare che molti anni fa, tra loro, a Milano, esordiva in Italia una certa signora Montserrat Caballè. Chissà se fra loro, oggi a Torino, ne emergerà una di quel livello? Non dimentichiamo che la Caballè venne scritturata dopo che venne ascoltata, durante le prove, nell’aria dei gioielli dal Faust.
Lo spettacolo era del 2006. Federico Tiezzi, con le scene di Giulio Paolini, i costumi di Giovanna Buzzi,e grazie alle luci di Luigi Saccomandi, ha presentato quello che definisce “il percorso dello spirito”, con una leggerezza priva di fronzoli; tagliata nella roccia; non particolarmente moderna né stilizzata, ma comprensibile, e francamente non saprei trovare parole migliori delle sue nell’affermare che è riuscito, più che in altre occasioni, con altri registi, a rendere perfettamente il rapporto tra la memoria ed il sogno. La limpidezza dello schema ha qualcosa di geometrico, ma è, a mio avviso anche qualcosa di più introspettivo: psicanalisi, sacralità e redenzione, sono rese con garbo, con classe, senza forzature.
Una frase del “bignamino” è sintesi della componente scenica e musicale: Parsifal è un rito che porta alla conoscenza. Anche per me il viaggio è stato un percorso tra passato e presente ed ha sottolineato, non solo sul palcoscenico quanta nobiltà ed intelligenza ci sia nel libretto di Wagner, quanta inarrivabile bellezza ci sia nella sua musica che combatte e vince sull’ignoranza. Il vero nemico della nostra epoca.
Maurizio Dania - gennaio 2011
TEATRO REGIO DI TORINO PARSIFAL libretto e musica di Richard Wagner Dramma sacro in tre atti |
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Christopher Ventris
Christine Goerke Jochen Schmeckenbecher
Erika Grimaldi - Anastasia Boldyreva - Arianna Ballotta - Rebecca Jo Loeb - Stephanie Iranyi |
Orchestra e Coro
del Teatro Regio Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio "G.Verdi" Bertrand de Billy Claudio Fenoglio Federico Tiezzi Giulio Paolini Giovanna Buzzi luci Luigi Saccomandi |
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Piazza Scala - febbraio 2010