Qui non mi riferisco all’incremento corporeo che molti di
noi anziani hanno la tendenza a sviluppare con l’andar degli
anni e che provoca spesso osservazioni di larvato disprezzo
o, nella migliore delle ipotesi, di affettuoso compatimento
da parte delle nostre mogli e compagne. Qualche economista
di vecchia scuola keynesiana la chiama “curva del
benessere”, non a torto.
Si tratta invece di un prelibato salume prodotto (e
ufficialmente protetto) nel piacentino, perciò denominato
“Pancetta Piacentina D.O.P”, da una quindicina di salumifici
sparsi in questa provincia.
Altre pancette sono ovviamente prodotte in altre province e
altre regioni d’Italia, ma si dice che l’eccellenza alberghi
solo nel piacentino, come per la coppa, del resto. Per la
qualità delle carni di maiale, ma soprattutto per la perizia
dei “massalini” (traduzione del termine dialettale “massalein”)
e dell’aria delle nostre colline, ideale per la
stagionatura.
Secondo la tradizione contadina, che peraltro si va perdendo
gradualmente, la produzione di questo prelibato salume si
faceva e in parte si fa ancora in casa, allevando uno o due
maiali con i metodi di una volta, macellandoli in casa nel
tardo autunno e ricavando salami, coppe (due per ogni
maiale), un paio di pancette e tanti altri prodotti (dai
cotechini alle salsicce, ai ciccioli, agli zampini, al
lardo, allo strutto). I prosciutti non si producevano in
casa. Troppo complicato. Quando io ero bambino il
colesterolo non era stato ancora inventato e il mondo era
dei grassi, dei ciccioni. I magri erano compatiti,
soprattutto le donne.
Nei paesi a cultura (e cucina) anglosassone si usa un tipo
di pancetta chiamata “bacon”, leggermente affumicata, che si
fa friggere in padella o sulla griglia e si consuma
normalmente il mattino, a colazione, con un paio di uova
all’occhio di bue. Il bacon qualche volta è sostituito da
piccole salsicce, dagli ingredienti incerti.
La nostra pancetta si mangia cruda, affettata, su fette di
pane o panini, anche caldi o focaccia. Una prelibatezza è
rappresentata dalla cosiddetta “gnocca”, diffusa sulle
nostre montagne. Si tratta di piccole pizzette tagliate in
senso orizzontale con fette di pancetta all’interno e cotte
in forno.
Sento già arrivare le vostre obiezioni. La pancetta è
grassa, calorica, contiene grassi animali saturi,
colesterolo e chissà cos’altro. Certo, non va bene per
coloro che consumano solo bresaola e se comprano il
prosciutto di Parma o il San Daniele tolgono la parte grassa
(la più saporita) e la danno al gatto. Insomma, ragazzi, una
volta ogni tanto! La vita è bella e consente di tanto in
tanto qualche gioia, qualche piccolo strappo. Non si dice di
consumarla a colazione, il mattino. Di quanto può accorciare
la nostra vita un etto di pancetta ogni quindici giorni? Di
un’ora? Oppure sono le privazioni, la troppa disciplina che
rattristano il nostro vivere e in fin dei conti accorciano
l’esistenza? Di sicuro la rendono più scialba, più infelice.
Giacomo Morandi - gennaio 2011
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