La verginità ha sempre
rappresentato qualcosa di importante e
significativo per l’uomo sin dagli albori della
civiltà.
Grave errore è stato in passato credere alla
promiscuità dei popoli primitivi e alla totale
libertà dell’unione fra i due sessi nelle
società umane più antiche. Il fenomeno dei
rapporti sessuali è stato invece sempre
considerato come particolarmente serio e la
prima attuazione di essi è stata sempre
proceduta o accompagnata dai riti di
un’iniziazione speciale.
Il desiderio di possesso esclusivo, la
considerazione della donna come proprietà, la
paura delle malattie veneree in alcuni periodi
storici, la volontà e l’obbligo di consacrarsi
ad un solo uomo, sono alcuni dei motivi per cui
nei secoli il tabù della verginità ha
arrovellato la mente degli uomini ed ha
caratterizzato intere culture e religioni, come
la giudaico-cristiana, che le ha dato grande
importanza.
Il cristianesimo che ravvivò le sante
ispirazioni dell’umana coscienza soffocate dal
paganesimo e dalle passioni e che rivelò degli
obblighi che essa non avrebbe potuto conoscere
doveva necessariamente inculcare la verginità
per rafforzare l’animo dei praticanti.
Gesù Cristo volle nascere da una vergine, fu
vergine egli medesimo. San Giovanni, il più
casto, fu il suo discepolo prediletto, al quale
morendo affidò la propria madre e San Giovanni
passò in continenza tutta la vita. La sua legge
proclama la preminenza della verginità sul
matrimonio ed il Concilio di Trento grida
anatema a chi sostenga il contrario. Ovunque e
sempre le sacre vergini sono state oggetto di un
rispetto pressappoco religioso; su tal punto le
nazioni incivilite e le tribù selvagge si sono
mostrate concordi: è nota la venerazione dei
Romani per le loro vestali.
Tutti i popoli che avevano una così alta idea
della verginità dovettero pensare che questo
stato fosse gradito alle loro divinità; difatti
la perpetua verginità fu spesso prescritta come
condizione indispensabile per essere degni di
servire la divinità, quasi sempre la continenza
doveva accompagnare l’esercizio delle funzioni
sacerdotali e l’adempimento di certi atti
religiosi.
La violazione della verginità era guardata come
un sacrilegio che attirava lo sdegno dei numi e
meritava i più grandi castighi. Le vergini ree
di questo delitto venivano punite con lo stesso
supplizio sia a Roma come in Perù, venivano
sepolte vive.
Presso gli Ebrei pur non essendovi mai stata una
professione di verginità perpetua, nondimeno era
lodata la vedovanza, in cui la donna
nell’astenersi da un secondo matrimonio mostrava
di amare la castità. Era severamente vietato
entrare nel Sancta sanctorum e mangiare i pani
di proposizione se non si era osservata la
continenza.
I popoli primitivi hanno sempre accompagnato con
rituali più o meno suggestivi la deflorazione
matrimoniale.
Nell’antico Egitto vi era l’usanza che la
giovane sposa, la sera delle nozze, fosse
condotta dalle matrone nella camera nuziale; là
l’imene era rotto da un bastone ricoperto da un
panno bianco. Questo era poi gettato nel cortile
interno, dove il marito riceveva i complimenti
degli amici, se nel panno si constatava del
sangue, prova della verginità della sposa. In
epoca più vicina a noi tale costume era
praticato da certe popolazioni arabe e beduine,
anche se in forma un po’ diversa: è la suocera
della giovane sposa che lacera l’imene con il
suo dito avvolto in una pezzuola.
Molte culture hanno attribuito alla perdita
della verginità una serie di trasformazioni
fisiche e psichiche più o meno immaginarie.
A sproloquiare è un medico francese del
Settecento:”La deflorazione è accompagnata da
modificazioni organiche generali: aumento
volumetrico del corpo tiroideo, manifestato da
un lieve gonfiore del collo, stimolazione delle
ghiandole a secrezione interna, rigoglio dei
seni, mutamenti frequenti nel regime dei mestrui
ecc. Ai mutamenti fisici si accompagna una vera
metamorfosi dell’anima, la quale si esprime con
atteggiamenti nuovi, con interessi prima
sconosciuti, con un sentimento di felice
pienezza della vita affettiva”.
Molti sono gli aneddoti e le definizioni che nel
corso dei secoli sono stati dati alla verginità,
ne ricordiamo alcuni tra i più spiritosi o i più
significativi:
“Verginità: l’essere vergine. Purezza, purità,
castità, innocenza, ingenuità, immacolatezza,
candore” dal nuovissimo dizionario di Ferdinando
Palazzi.
“Verginità. Stato di disgrazia” da un
manoscritto di Lorenzo il Magnifico, signore di
Firenze.
“Verginità: imene non rotto” da anonimo
dell’Ottocento.
“Se la castità non è una virtù è però certo una
forza”, frase di Jules Renard.
“Verginità: o che sciagura!”, esclamazione di
Catherine Deneuve, attrice francese
specializzata nell’interpretazione di film
erotici.
Dalla nuova Enciclopedia italiana del prof.
Boccardo, edizione 1875: “ Verginità, nel senso
fisiologico, è lo stato sia del maschio che
della femmina non venuti ad atti carnali. Nelle
vergini l’esistenza dell’imene è quasi costante,
ma detto stato può venire distrutto da mestrui
copiosi (sic!?) da scoli leucorroici (sic!?) o
da un accidente qualsiasi. Non se ne trova
traccia alcune volte in bambine appena nate,
mentre è provato che può rimanere intatto dopo
l’atto sessuale.
Per la religione cattolica verginità è lo stato
di chi ha rinunciato al matrimonio per
consacrarsi a Dio. Dovunque e sempre questo
stato ha risvegliato l’idea di celeste purezza e
di forza sovraumana.” La castità per il
vocabolario è l’astinenza dai piaceri
dell’amore, per me è la rinuncia alla felicità”
sentenzia il sommo Goethe.
Sentiamo ora il parere che sulla verginità ci
fornisce de Sade il divino marchese: ”Castità e
verginità per me le hanno inventate gli uomini
per aumentare il loro piacere. Per gli animali e
per tante genti del mondo sono cose senza senso,
oppure per loro la femmina che si rifiuta al
maschio o è malata o è perversa. Se la castità è
una virtù, allora è virtuoso anche astenersi dal
mangiare”. Dopo il parere di de Sade, da cui
deriva il termine sadismo, ecco ciò che pensava
Masoch, dalle cui idee derivò il masochismo:
”Solitamente per abolire uno stimolo qualsiasi
della natura la prassi più elementare insegna
che non c’è mezzo se non quello di soddisfarlo.
Chi ha mangiato e bevuto non è più tormentato
dal desiderio di cibi o di bevanda; chi ha
dormito non prova più il bisogno di riposarsi;
tuttavia nonostante queste realtà solari, per
certi incorreggibili bigotti il desiderio
sessuale dovrebbe fare eccezione. Per
sopprimerlo non vi sarebbe cioè di meglio che
perpetuarlo volontariamente! Il risultato di
questa palese inversione di ogni logica più
elementare non si fa attendere a lungo. Infatti
la maggior parte delle anomalie sessuali che, in
forma larvata o potenziale, sonnecchiano in
moltissimi individui, deriva dalla repressione
sessuale”.
La verginità è stata ritenuta spesso un bene
così prezioso che veniva strenuamente difeso con
tutti i mezzi, infatti è quasi certo che la
cintura di castità fu inventata da sacerdoti
africani per preservare questo bene così
prezioso dagli assalti di giovani di poca fede e
di molto ardore e proteggere dalle tentazioni le
stesse vergini. In seguito questo strumento è
servito per interdire alle donne ogni
soddisfacimento erotico al di fuori di quello
legittimo.
Grazie alle diligenti ricerche condotte sulla
cintura di castità da competenti e valorosi
specialisti sappiamo che tale strumento era
sconosciuto ai Greci ed ai romani e che sia
giunto in Europa dall’oriente dopo essere nato
in Africa, in quella zona geografica dove
tutt’ora si pratica l’infibulazione. La prima
descrizione della cintura di castità compare in
un manoscritto del 1405, scritto da un militare
di nome Kajser conservato nella biblioteca
dell’università di Gottinga. Il più vecchio
strumento conservato, chiamato Bellifortis,
presentato come di origine fiorentina, fu
adoperato da Francesco II di Carrara, che fu
tiranno di Padova, il quale avrebbe usato per
sua moglie una cintura che oggi si trova nel
museo del Palazzo dei dogi a Venezia.
Dopo aver preservato la verginità delle giovani
africane e salvato dalle corna i signorotti
medioevali in partenza per le crociate ha subito
una raffinata evoluzione di cui ci parla
l’autore di Historie d’O.
Dopo essere stata citata in diversi testi di
letteratura erotica dalla “Vita delle donne
galanti” del Brantone alla celebre “Satira
sodotica” di Luisa Igea, nella “Historie d’O” si
perviene ad un’evoluzione dell’erotismo ed il
mito della cintura oltrepassa lo stadio
dell’immediata concezione di una rozza e
grottesca tutela meccanica di un organo
anatomico considerato un bene immobile, una
privatissima proprietà cui si deve applicare un
cancello per vietare l’ingresso agli estranei,
per evolvere nell’ambito egualmente folle, ma
assai più sottile, di una dimensione
sadomasochistica in cui per l’appunto nell’”Historie
d’O” è proprio uno dei componenti della coppia
(in questo caso la donna) a sollecitare,
attraverso l’applicazione dolorosa, ma più che
altro simbolica di congegni meccanici alle parti
più segrete del proprio corpo, l’ambito
riconoscimento di una schiavitù amorosa e di un
annullamento totale del suo essere in quanto
entità autonoma, fenomeno già da tempo
verificatosi sul piano psichico.
Achille Della
Ragione
Commenti
ricevuti
01/03/2010 -
da Giuseppina
Un articolo equilibrato che
merita la più ampia diffusione
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