SENEGAL Un'esperienza di condivisione
di Samanta Urbano Il mio viaggio in Senegal è nato dalla voglia, che da anni coltivavo, di conoscere l'Africa, la sua gente, la sua cultura, i suoi stupendi paesaggi, i suoi colori e i suoi sapori intensi.
E' stato
il mio primo
viaggio "africano"
e non volevo, non
potevo viverlo come una semplice turista;
sentivo forte l'esigenza di vivere
un'esperienza più diretta, più intensa che mi
consentisse in qualche modo di "entrare davvero in contatto" con la
vita di questa terra e non di "osservarla" solo dall'esterno. Sapevo che questa scelta di viaggio mi avrebbe dato la possibilità di confrontarmi con altre realtà e di avere quindi la possibilità di interagire, comunicare e stabilire rapporti con le persone del luogo. La mia conoscenza della società civile senegalese era molto limitata ed è per questo che si è rivelato importante il ruolo del nostro accompagnatore che, in qualità di mediatore culturale, mi ha permesso di capire un po' meglio usi e costumi del suo popolo ed è stato quindi per molti aspetti un punto di riferimento in quanto conoscitore sia del nostro modo di vivere che del loro. Prima della partenza ero davvero molto emozionata e, a tratti, intimorita dall'esperienza che mi accingevo a vivere, ma, sin dall'arrivo a Dakar, l'Africa e la sua gente mi hanno fatta sentire "accolta" e tutti i miei timori si sono sciolti giorno dopo giorno a contatto con il calore africano. Appena atterrata ho provato la stessa sensazione che sperimentano tanti africani quando arrivano in un paese Europeo: il sentirsi scrutati e osservati per la loro diversità. Questa volta è toccato a me!! L'impatto è stato forte e mi è servito un po' di tempo per riconoscere e riordinare le emozioni. Mi ha colpita molto il movimento della gente, la sua presenza nelle strade nonostante l'ora abbastanza tarda e lo svolgersi della vita come se fosse giorno pieno. Per tutta la notte ho sentito un rumore.... era un rumore di vita che, con il trascorrere dei giorni, mi è diventato familiare. Credevo di trovare un popolo inattivo e incapace di reagire alla povertà e al disagio, ma mi sono trovata circondata da gente attiva, impegnata, che non aspetta l'aiuto di nessuno, che si aggrega, si organizza e con i pochi mezzi che ha cerca giorno dopo giorno di migliorarsi. Tutti fanno qualcosa: le donne vendono quel poco che possiedono, i ragazzini lavorano il legno o fanno i sarti, i bambini giocano a calcio con qualsiasi cosa assomigli ad un pallone e si allenano con la speranza nel cuore di poter diventare un giorno un campione e magari giocare in una squadra europea. Nelle campagne, tra le immense distese
di terra rossa e sabbia, dove i baobab si
innalzano maestosi verso il cielo, si scorgono figure eleganti e
colorate che lavorano la terra o che ritte portano sulla testa
contenitori di acqua attinta dai pozzi e sulla schiena, avvolti in
teli colorati, i loro bimbi.
Ovunque siamo
stati accolti da
schiere di bambini
scalzi che ci correvano incontro sorridenti, ci prendevano per mano,
toccavano i nostri visi, gridavano "tubaab" (bianco). L'impatto con questi luoghi è stato davvero toccante e inquietante; continuavo a guardarmi intorno ed era tutto così incredibile che mi sembrava quasi di camminare in un set cinematografico in cui tutto era irreale e costruito per la
funzione scenica non
riuscivo a credere che tutto ciò che vedevo intorno a me fosse
reale. E' appunto in questo contesto che alcune persone hanno iniziato ad operare facendosi carico dei problemi riscontrati all'interno del loro quartiere. Si sforzano di migliorare l'assistenza sanitaria, svolgono campagne di informazione e sensibilizzazione della popolazione su importanti temi quali quelli dell'AIDS e delle malattie sessualmente trasmissibili o dei rischi legati all'uso delle droghe, al fine di limitarne la diffusione. Contribuiscono alla crescita dei giovani impegnandoli in attività culturali (danza, musica, teatro) e ricreative (squadre di calcio maschili e femminili); si occupano di effettuare censimenti dei bambini a rischio (bambini mendicanti, bambini lavoratori e giovani prostitute) con l'obiettivo di limitare lo sfruttamento dei minori. Con i membri dell'associazione "Jant-Bi" si è creato subito un rapporto di amicizia e di scambio reciproco molto profondo. Ci hanno illustrato tutte le loro attività chiedendo costantemente di conoscere il nostro parere. I volontari sono molto attivi; sono impegnati nell'opera di sensibilizzazione della gente del quartiere riguardo l'educazione sanitaria, il controllo delle nascite, la scolarizzazione dei bambini, l'alfabetizzazione delle donne, e l'organizzazione di operazioni di microcredito ecc.. Le riunioni con loro avevano un'impostazione molto diversa dal nostro abituale modo di lavorare: tutto viene discusso con molta calma e ognuno ricopre il suo ruolo senza invadere lo spazio dell'altro. E' stato molto interessante ed istruttivo. Con loro abbiamo lavorato anche ad un progetto per fornire, inizialmente ad un campione di 100 famiglie, altrettanti kits antimalaria composti da una zanzariera imbevuta in un apposito liquido e da medicinali di prevenzione e di cura per una stagione (la stagione delle piogge quando il rischio malaria aumenta notevolmente), con l'idea di monitorare la situazione e pian piano allargare l'iniziativa. Siamo stati anche nella scuola elementare, che ospita 2.000 bambini a doppio turno; anche qui si lavora praticamente senza strumenti, senza libri e magari solo con qualche quaderno, ma comunque ci si impegna a spiegare alle famiglie l'importanza di mandare i bambini a scuola per cercare di offrire loro qualche opportunità in più per il futuro. Una parte specifica del progetto scolastico si occupa della sensibilizzazione e del sostegno economico per l'alfabetizzazione delle bambine che continuano, ahimè, a ricevere l'opportunità di accedere ai servizi scolastici solo in bassissima percentuale, poiché le famiglie preferiscono tenerle a casa così da affidare loro i lavori domestici e i fratellini più piccoli (a 5 anni in Africa si è già adulti e ci si prende cura dei più piccoli). E'incredibile vedere con quanto senso di responsabilità queste "piccole donne" svolgano il loro compito! Nelle nostre giornate queste forti esperienze umane si alternavano con passeggiate su spiaggie stupende e con tramonti spettacolari. E cosa dire del cielo africano! Terso di giorno e ricoperto da un manto fittissimo di stelle nella notte. Anche la zanzariera sopra il letto creava un'atmosfera fiabesca, ma la cosa che mi ha colpita di più è stata "la voce" dell'Africa; l'ho sentita subito e mi ha tenuto compagnia ogni giorno e ogni notte. Non smetteva mai di farsi sentire. Era una mescolanza di suoni, di versi di animali, di movimento, di voci, di tamburi, di preghiere; era un rumore incessante di vita ad ogni ora. La vita in Africa non si svolge all'interno delle mura domestiche ma per strada; lì si lavora, ci si incontra, si beve il the, si fa il bucato e si prega. Noi del mondo occidentale, evoluto e benestante, abbiamo dovuto imparare da un popolo povero e sfruttato da secoli, come si va verso l'altro... L'aver partecipato e condiviso parte della giornata con una famiglia o l'aver collaborato attivamente alle attività dell'associazione ci ha veramente dato la possibilità di viaggiare e soprattutto di farlo consapevoli di essere andati verso l'altro e non soltanto di aver acquistato un biglietto aereo per una destinazione turistica. E' bellissimo conoscere e cercare di capire altre culture e altri modi di concepire il mondo e la vita. Questa esperienza mi ha dato la possibilità di mettermi in discussione e di comprendere forse una delle "mille afriche" che rendono vivo questo grande e magnifico continente nero e che sopravvivono nonostante le guerre, le carestie, la povertà, la fame e lo sfruttamento continuo. E' veramente un altro mondo! Diventa difficile, una volta tornati alla nostra quotidianità, trasmettere alle persone che ci sono accanto le emozioni vissute in quei luoghi, illustrare i sapori, gli odori, descrivere i colori, il calore e la vivacità della gente, la povertà, la dignità, le contraddizioni evidentissime che nella città emergono ad ogni angolo.
Da Nuova Realtà numero 1 - marzo 2010
Piazza Scala - Maggio 2010 |