Scandalo derivati, ecco le telefonate
dell'inganno al Comune di Milano
(dal sito
www.repubblica.it)
MILANO - Mentre il Comune di
Milano si incamerava una perdita di circa 100 milioni di
euro sui derivati, i manager di (omissis) festeggiavano
per aver incassato un profitto di 2 milioni e 40 mila
euro in poche ore. "Grandi ragazzi, bisogna che facciamo
un aperitivo o una cena per sta cosa qua", "due milioni
e quarantamila, ah cazzo, buttali via, si lavora una
settimana...".
È una nuova pagina che emerge da una telefonata
depositata al Tribunale del Riesame nell'ambito
dell'inchiesta sul buco creato nelle casse comunali dai
derivati legati alla ristrutturazione del debito di
Palazzo Marino.
Un'operazione, "curata" da Jp Morgan, Ubs, Deutsche Bank
e Depfa, e finita sotto la lente del pm Alfredo Robledo
che ha già provveduto a sequestrare 400 milioni di euro
di presunti profitti, per riottenere i quali le banche
hanno fatto ricorso al Riesame.
Questi i fatti. Il Comune, nel 2005, decide di chiudere
i vecchi prestiti con la Cassa Depositi Prestiti
attraverso una maxi emissione obbligazionaria da 1,6
miliardi, la più grande in Europa di un ente locale. Per
farlo la legge impone che le condizioni del nuovo
prestito siano più favorevoli del vecchio. E, secondo la
Procura, lo sarebbero state se le banche non avessero
nascosto un derivato stipulato con (omissis) e da
chiudere contestualmente alla nuova emissione perché
legato ai vecchi prestiti. A settembre di quell'anno, il
Comune perdeva su quel derivato circa 100 milioni di
euro. Palazzo Marino se ne accolla subito 20, altri 48
vengono rinegoziati con le quattro banche estere, mentre
(omissis) ne ristruttura 28. Da quella ristrutturazione,
le banche estere incassano 12 milioni di euro di
profitti e (omissis) ben due milioni rubricati nel conto
economico della banca.
"Abbiamo chiuso", dice l'8 settembre 2005, Andrea G. di
(omissis) a un collega, un certo Marino, non ben
identificato dalla Procura. "Grandissimi", risponde
Marino, le cui parole vengono registrate, in quanto le
telefonate delle sale operative delle banche d'affari lo
devono essere per legge. Andrea: "Abbiamo fatto tre
basis point di sconto al Comune e abbiamo fatto due
milioni di euro di utili". Marino: "Come due milioni?
Dai non scherzare che son soldi, ragazzi, non scherzate!
Come hai fatto a fare due milioni di euro di
utile?" Andrea: "Vabbé, tu basta che ti rivolgi alle
persone giuste e vedrai che sarai sempre soddisfatto".
Marino: "Ma quanto gli avete caricato?" Andrea: "Il
mercato ci è andato a favore, gli abbiamo fatto un
piccolo sconticino, però, diciamo mercanteggiando un po'
tra range e tutto, alla fine questo utile è venuto
fuori".
Perdite per il Comune e utili per la banca sui quali i
capi della divisione derivati di (omissis) calibravano i
loro bonus. Nel 2005, D. M. e L. F., i capi dei
"negoziatori" di derivati con Palazzo Marino, hanno
percepito un reddito di 3,4 milioni di euro a testa.
(22 maggio 2009)
Questo è quanto! Solo
un'annotazione: non sembra che il modo di "fare banca"
sia molto cambiato rispetto a quanto accadeva negli anno
'90. Già allora le Banche dovevano infatti ovviare al
calo dei tassi che non permetteva più la realizzazione
di pingui risultati economici: per questo si rivolgevano
ai prodotti finanziari, partendo con il relativamente
innocente "risparmio gestito" (fondi e gestioni
patrimoniali) per passare a prodotti più sofisticati ("grey
market", derivati su indici, cambi e tassi, polizze
index ed unit linked, obbligazioni strutturate ad
altissima remunerazione e rischio pressochè nullo per
l'istituto collocatore, salvo cadere sulla mancanza di
valutazione del rischio: ad esempio chi rimborserà i
sottoscrittori di polizze legate a bonds di banche
islandesi?).
La differenza con gli addetti ai lavori attuali stava
nel "quantum" percepito: quasi 7/mld. delle vecchie lire
era assolutamente una cifra al di fuori della portata
del top management, tanto meno quindi di "negoziatori (o
se preferite di gestori......).
Piazza Scala - 23 maggio 2009
|