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Cosenza, 15 novembre 2009
N°61/2009
 

IL  REDDITOMETRO  COMBATTE  L’EVASIONE 

L’evasione fiscale provoca gravi distorsioni nel sistema economico perché compromette il raggiungimento delle finalità che gli organi preposti alla politica economica intendono conseguire.  Altera la distribuzione del carico tributario fra i cittadini privando il Fisco di una entrata tributaria.  Considerato che il fabbisogno finanziario pubblico deve essere in ogni caso fronteggiato, i contribuenti onesti devono sopportare maggiori imposte.  In altri termini, i non evasori devono pagare anche per gli evasori!

Il redditometro

Obiettivo dell’Agenzia delle Entrate è stanare coloro che dichiarano poco, ma vivono bene, ben oltre quanto si potrebbe presupporre dalle loro dichiarazioni dei redditi.  L’Amministrazione finanziaria intende combattere l’evasione attraverso il redditometro, lo strumento che calcola il reddito presunto del cittadino.  Controlla, in pratica, la capacità di spesa del contribuente incrociando i dati in possesso dell’Anagrafe tributaria con le movimentazioni bancarie.  Il Fisco può anche basarsi su altri elementi.  E’ il caso, ad esempio, di chi ha comprato un’auto di grossa cilindrata e non può giustificare questa disponibilità con il reddito dichiarato negli ultimi anni o chi ha acquistato immobili con pagamenti non congrui al proprio reddito.  Il percorso per calcolare il reddito presunto è abbastanza complicato.  Alla base c’è una tabella che elenca beni e servizi a ciascuno dei quali è attribuito una quota di reddito presunto: aerei, barche, auto, moto, roulette, residenze principali e secondarie, collaboratori familiari, cavalli da corsa e di equitazione, assicurazioni. Vengono quindi valutati la percentuale e il periodo di disponibilità del bene e l’eventuale uso promiscuo dello stesso.  Sommate insieme, dopo una riduzione proporzionale , si arriva al reddito presunto a cui va aggiunto anche l’eventuale incremento patrimoniale.  L’accertamento in base al reddito scatta solo se il reddito presunto si discosta per  almeno il 25% da quello dichiarato e lo scostamento si verifichi per due anni consecutivi. Se, ad esempio, il redditometro presume 110mila euro l’anno e il contribuente ha dichiarato un reddito di 92mila euro, l’accertamento non scatta.  La differenza tra i due redditi, pari al 18mila euro, è inferiore al 25% del reddito dichiarato (92.000 x 25% = 23.000). Semplificando la formula si può calcolare direttamente l’80% del reddito presunto e verificare se quanto dichiarato è congruo.  Ad esempio l’80% di 110mila euro è 88mila che rappresenta il reddito minimo.   

L’indiscrezione
Per sconfiggere l’evasione fiscale necessita una fattiva “collaborazione” dei cittadini.  Basterebbe ad esempio consentire a tutti i contribuenti di detrarre l’Iva, o parte di essa, pagata per l’acquisto di beni e per l’utilizzo di servizi. E’ evidente che il lavoratore dipendente quando deve pagare l’Iva, se può, la evita, sapendo che non la può scaricare dalle imposte.  Quante volte sente dire che se vuole la fattura dovrà pagare mille euro, altrimenti ottocento.  Un comportamento innegabilmente scorretto che alimenta sempre di più il diffusissimo fenomeno dell’evasione.  E’ vero che il costo della detrazione dell’Iva per le casse dello Stato sarebbe pesantissimo ma quanto denaro in più arriverebbe da emersione dei redditi fin qui sconosciuti allo Stato? 
Il Fisco ci guadagnerà, e così tutti quanti noi, perché verseremo meno imposte.

 

Fonte:
il Quotidiano, Domenica 15 novembre 2009 – Consulenza Fiscale a cura di Pasqualino Pontesi, Dottore commercialista