da Nuova Realtà dicembre 2012 - periodico  ASS. BANCARI CARIPUGLIA - CARIME 

 


L’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA
Prof. Arcangelo Pagliarulo


Professore Ordinario di Urologia - Facoltà di Medicina e
Chirurgia dell'Università degli Studi di Bari
Direttore dell'Unità Operativa Urologia 2° dell'Ospedale
Consorziale Policlinico di Bari
 

 

 

 

 

L'ipertrofìa prostatica benigna (IPB) c una condizione comune pressoché a tutti gli uomini al di sopra dei 50 anni, e può essere considerala un normale processo di evoluzione della ghiandola nel corso della vita.
La prostata interferisce con l'apparato urinario creando un’ostruzione meccanica al transito di urina.
Essa, infatti, costituisce il primo tratto dell'uretra (l’organo che dalla vescica porta l'urina all’esterno) e. ingrandendosi. schiaccia il suo lume. Tuttavia, non è oggetto di trattamento e terapia in tutti gli uomini.

 

 

Quando si tratta l'IPB? Si tratta in tutti quei casi in cui essa provoca dei disturbi urinari o quando si riscontrano delle condizioni di sofferenza della vescica c/o dell'apparato urinario che consigliano di intervenire.


I disturbi dell’IPB
La vescica ha una funzione di serbatoio quando accumula urine e di pompa quando le espelle.
Distinguiamo pertanto disturbi del riempimento, che cioè interferiscono con la funzione di serbatoio, e disturbi dello svuotamento, che interferiscono con la funzione di pompa.
È fondamentale quantificare l'entita dei sintomi mediante degli appositi questionari di valutazione.
Questi sintomi sono aspecifici, e quindi non necessariamente attribuibili all’IPB. Per esempio, un indebolimento della vescica può rendere difficoltoso Io svuotamento al pari dell'ostruzione provocata dal'IPB. ma i sintomi per il paziente sono gli stessi.


Come capire l'origine dei disturbi?
L'urologo deve eseguire un'accurata raccolta della storia clinica del paziente, atta a capire come sono comparsi i sintomi, se predominano quelli del riempimento o dello svuotamento o se ci sono altre malattie che possono dare gli stessi sintomi dell'lPB.
E‘ necessaria, inoltre, una visita accurata, al fine di avere un'idea del volume prostatico.
L'ecografia dei reni e della vescica, condotta prima e dopo aver urinato, e utile per valutare i potenziali danni dell'IPB a carico dell’apparato urinario. Può capitare, infatti, che, a causa dell'ostruzione, vi sia un ristagno di urina in vescica (ritenzione cronica urinaria) e si formino dei diverticoli, indice di sbancamento.
Un parametro molto importante da valutare è lo spessore della parete vescicale. Un eventuale ispessimento (ipertrofia) è un segno dell’eccesso di lavoro che la vescica e costretta a compiere per svuotarsi.
Nelle condizioni più gravi si assiste anche a una dilatazione renale (idronefrosi).
Inoltre, per avere una valutazione oggettiva dell'alterazione del flusso urinario, si esegue la uroflussometria. Questo esame consiste nell’urinare in un apposito contenitore collegato ad un computer, che ci dà informazioni sulla velocità del flusso.

 

 

 

Quale terapia scegliere?
I disturbi dell'lPB oggi possono essere trattati con la terapia medica o con la terapia chirurgica.
II primo approccio è sempre con la terapia medica.
Esistono fondamentalmente due tipi «di farmaci: gli a-litici, che riducono effìcientemente i sintomi, ma non riescono a modificare il volume prostatico, e i 5ari, che hanno un'azione sui sintomi molto più blanda e lenta nel tempo, ma riescono a produrre una certa riduzione del volume prostatico.
Presi in associazione, questi due farmaci ottengono di solito risultati migliori che se presi singolarmente, con un effetto sinergico.
Dai dati oggi disponibili possiamo affermare che la terapia di associazione è in grado di ritardare la necessità di intervento. Tuttavia bisogna rammentare che i farmaci sono efficienti sui sintomi, ma verosimilmente incidono in maniera decisamente inferiore sull'effetto ostruente dell’ipertrofia prostatica. Pertanto, nel tempo, si possono verificare delle condizioni che pongono una indicazione assoluta al trattamento chirurgico: la ritenzione cronica di urine, due o più episodi di ritenzione urinaria (improvvisa incapacità ad urinare che può essere risolta temporaneamente solo con il posizionamento di un catetere), infezioni ripetute delle vie urinarie soprattutto se associate a febbre, segni di sofferenza renale, calcolosi vescica le.
Una indicazione relativa al trattamento chirurgico. invece, è l’insoddisfazione del paziente dalle terapie mediche.


Quale trattamento chirurgico scegliere?
La scelta del tipo di intervento dipende da molteplici fattori, primo fra tutti il volume prostatico: all'aumentare del volume prostatico si riduce il numero di interventi che si possono utilizzare.
Il rischio di complicanze in rapporto all'efficacia del trattamento è un altro importante parametro da considerare nella scelta della terapia. In genere le terapie più disostruenti sono anche quelle con il più alto rischio di complicanze. Questo assunto e stato recentemente messo in discussione dall'introduzione del laser per il trattamento dell’ipertrofia prostatica: è aumentata l'efficienza a parità di rischio di complicanze o addirittura con la riduzione delle stesse rispetto alle chirurgie tradizionali per l’ipertrofia prostatica.
L’età del paziente, in relazione al grado dell'ostruzione. è un altro importante criterio di valutazione. L'ostruzione da IPB, infatti, può recidivare in misura tanto maggiore quanto meno invasiva è la terapia adottata. Allora, per esempio, in un paziente anziano si può scegliere una terapia meno invasiva perche meno rischiosa, mentre in un paziente più giovane si potrebbe essere orientati a un trattamento più radicale per minimizzare il rischio di un nuovo intervento nel corso della sua vita.
In sintesi, oggi è importante personalizzare la terapia dell'ostruzione della ipertrofia prostatica, paziente per paziente, in base alle sue esigenze e aspettative, alle sue condizioni generali, alla gravità della malattia e alle dimensioni della prostata.


Chirurgie tradizionali
Tradizionalmente due sono gli interventi per l'IPB: l'adenomectomia prostatica e la resezione endoscopia della prostata (TURP).
• L’Adenomectomia prostatica e un intervento a cielo aperto che consiste nella rimozione dell'adenoma (parte centrale della prostata) attraverso l’incisione o della vescica o della capsula prostatica.
In entrambi i casi si tratta di una procedura estremamente efficace nel rimuovere l'ostruzione, con un rischio di recidiva della stessa quasi nullo.

 

 

Tuttavia è l’intervento con il più alto rischio di sanguinamento e conseguente necessità di trasfusione, nonché di incontinenza e disfunzione erettile. Per queste ragioni i! suo utilizzo è limitato a prostate particolarmente voluminose e in presenza di un'indicazione assoluta al trattamento chirurgico.
• La TURP (Resezione Transuretrale della Prostata)  un intervento endoscopico. cioè si interviene attraverso l’uretra (canale dell'urina).

 

 

Con un apposito strumento, e con un’irrigazione continua di fluido che lava la zona dell’intervento, si asporta la prostata dal suo interno. L'intervento à efficace soprattutto per prostate di dimensioni contenute. che per gli operatori meno esponi sono 40 ml. per i più esperti 60-80 ml. Al di sopra di questi volumi la resezione è ancora possibile, ma si riduce progressivamente la percentuale di tessuto rimosso, rispetto al volume complessivo della ghiandola, e di conseguenza l'effetto disostruente dell'intervento.
Il rischio di recidiva dopo TURP è calcolato intorno al 5-25% nell'arco di dieci anni dopo l’intervento.
Il rischio di sanguinamento che necessiti di trasfusione è intorno al 5%, quello di disfunzione erettile intorno al 2,5%, il rischio di incontinenza intorno allo 0,2%.
Una complicanza peculiare della TURP c la TUR-syndrome, dovuta all'assorbimento dei liquidi di irrigazione. che aumenta con la durata dell'intervento (che per questa ragione non dovrebbe superare mai i 60 minuti). Tutte le nuove procedure mininvasive, di seguito descritte, hanno annullato il rischio di TUR-syndrome.
Oggi la TURP è ancora l'intervento per IPB più diffuso nel mondo.


Nuovi trattamenti minivasivi
I trattamenti qui di seguito descritti hanno mostrato tutti un profilo di sicurezza migliore della TURP e dell'adenomectomia, e un’efficacia paragonabile alla TURP o superiore ad essa.
■ La TURP bipolare: questo intervento è in tutto simile alla TURP, ma con un'unica quanto fondamentale differenza, che è l’uso della corrente bipolare.
Questa fonte di energia prevede per l'intervento una normale soluzione fisiologica come fluido d'irrigazione. con annullamento della TUR-syndrome. Ciò significa che non vi sono più limiti di tempo e il chirurgo può con maggior disinvoltura affrontare anche volumi di prostata un po' più grandi.
La minor penetrazione della corrente bipolare nello spessore della prostata, inoltre, potrebbe anche ridurre il rischio di disfunzione erettile. Anche il rischio di sanguinamento risulta ridotto, sebbene vi possa essere talvolta ancora la necessità di ricorrere a trasfusioni.
■ L'Enucleazione laser consiste nella rimozione dell'adenoma prostatico dalla sua capsula mediante l’uso del raggio laser.
L’adenoma ipertrofico viene fatto cadere in vescica e poi "morcellato" (cioè frammentato e aspirato) alla fine del l'intervento (sequenza a lato). Il laser a olmio è stato per primo impiegato per questa procedura, ma per essa oggi alcuni centri hanno iniziato ad usare anche il laser luce verde (greenlight).
L’efficienza disostruttiva dell'enucleazione laser é superiore alla TURP e paragonabile all'adenomectomia, ma senza l’incidenza di complicanze di quest'ultimo tipo di intervento.
Infatti, l’incontinenza dopo l'intervento è meno frequente e di solito temporanea, il rischio di sanguinamento che necessiti di trasfusione pressoché nullo e limitato probabilmente alle prostate più voluminose. Inoltre. per il basso potere di penetrazione del raggio laser, anche la disfunzione erettile e pressoché annullata come rischio.
La durata degli effetti benefici dell’intervento è paragonabile a quella della adenomectomia prostatica.
■  La Vaporizzazione laser è fra quelli finora descritti l’intervento più sicuro, con un rischio di incontinenza e impotenza quasi nullo. Il rischio di sanguinamento c solo sporadico, al punto che. specie se si impiega il laser a luce verde (greenlight). l’efficienza emostatica è cosi alta che l'intervento si può condurre anche con le terapie anticoagulanti e antiaggreganti in corso, quando ne è vietata la sospensione per ragioni di sicurezza del paziente.
I volumi prostatici che si possono trattare con la vaporizzazione sono sovrapponibili a quelli della TURP. Invero, nel caso del laser greenlight, l’avanzamento tecnologico dell’apparecchio di ultima generazione ha spostato il limite verso i 100 mi.
Alla vaporizzazione laser manca ancora un’osservazione nel lungo tempo dei risultati, come per le altre chirurgie sopra citate, ma almeno a 5 anni il rischio di recidiva è paragonabile alla TURP.
La vaporizzazione prostatica non consente l’esame istologico.

 

Cosa succede dopo l’intervento?
In genere sono comuni dei disturbi irritativi (bruciore ad urinare e aumento del numero di minzioni nella giornata) che diventano tollerabili dopo 3-5 giorni dall’intervento e scompaiono del tutto nell’arco di 30-60 giorni.
Le urine possono essere ematiche all’inizio o alla fine della minzione per 2-3 settimane dopo l’intervento.
L’attività sessuale può essere dolorosa nelle prime 2-3 settimane, per cui è preferibile aspettare la quarta settimana dall’intervento.
In genere è possibile riprendere la propria attività lavorativa dopo le prime 2 settimane; l’attività fisica dopo 3-4 settimane dall’intervento, mentre è preferibile evitare l’uso di bici e moto per 4-6 settimane.

 

 

 


 

 

 

 

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